La risorsa prima di una comunità, di un insieme di comunità, è il capitale sociale accumulato nel tempo in un determinato territorio i cui confini non sono certo amministrativi, ma soprattutto culturali e antropologici. Quello che l’Umbria ha fatto dalla fine della Seconda Guerra mondiale all’inizio del nuovo secolo. C’è urgenza di rimetterlo in movimento per esprimere iniziative dinamiche e creative in grado di modellare un futuro che, con il passaggio, curverà su linee impensate.
Basterebbe riflettere semplicemente sul servizio sanitario nazionale e universale: in questo momento della verità, costituito dalla pandemia Covid 19, emerge nella sua forza come uno dei pilastri della convivenza sociale. Mai come in questi giorni è stato chiaro quanto fosse giusta e motivata la difesa strenua della sua natura pubblica. Mai come in questo momento emerge soprattutto la miseria culturale di coloro che, pur potendo tagliare le unghie ai privatizzatori, per decenni hanno evitato di farlo in nome di un malinteso senso della modernità, dell’urgenza innovativa, della ra-zio-na-liz-za-zione, del “patto di stabilità” bellamente saltato proprio in questi giorni.
È anche per questo che Cronache Umbre inizia la sua navigazione nel mare del web. Il nostro compito è alimentare il senso civico, la cultura della solidarietà e dell’uguaglianza, la consapevolezza che abbiamo solo un pianeta su cui vivere: è da questi filoni che si può estrarre il capitale sociale indispensabile a progettare il futuro. Sono gli strumenti di Cronache umbre per affrontare alcune altre urgenze che nelle settimane in cui è scattato l’obbligo di autoreclusione in casa: bonificare gli oltre 8mila chilometri quadrati di superficie di questa regione dai veleni che, negli ultimi anni, sono stati irresponsabilmente sparsi a piene mani dal verbo leghista; alimentare una riflessione, tanto più schietta quanto più utile, sul vuoto culturale e l’insipienza dell’azione politica di chi ha tenuto in mano le leve del potere locale negli ultimi due decenni.
In un quadro del genere può essere portatrice di buoni frutti la decisione della Fondazione “Pietro Conti” di avviare una nuova stagione di impegno civile e culturale. Impegno che si concretizza nel mettere a disposizione della comunità regionale il patrimonio che amministra per promuovere iniziative tese a favorire il progresso economico, sociale, culturale e civile. Una realtà sviluppatasi nei decenni con le case del popolo, i circoli politici, le sedi di partito che hanno contribuito a creare una rete di rapporti, esperienze e competenze che racchiudono la lunga esperienza di impegno politico e civile della sinistra in Umbria. Una vitalità che ha cominciato a inaridirsi con il progressivo allentarsi della tensione culturale per mantenere vitali i caposaldi tipici delle culture progressiste: lavoro, stato sociale, ambiente-agricoltura-salute, decentramento amministrativo, salvaguardia dei territori, diritti umani.
La crisi ed il declino delle pratiche politiche che accompagnano le grandi difficoltà dell’Umbria come ha recentemente evidenziato il Rapporto Svimez indicando la nostra realtà regionale in veloce spostamento verso le caratteristiche dell’Italia meridionale con una specificità particolare: l’ulteriore anomalia di un forte capitale sociale che non riesce ad esprimere iniziative dinamiche e creative. Ebbene qui si colloca il nostro progetto, che fa capo all’Associazione per la sinistra umbra, teso a creare un vero e proprio laboratorio politico e culturale, un centro formativo e informativo che faccia confrontare le esperienze e le competenze migliori della sinistra nell’Italia centrale.