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No al tampone per gli asintomatici. L’errore clamoroso della Giunta regionale

 

A oggi la situazione in Umbria è questa. Poniamo che si riscontri un caso di positività al coronavirus in una classe. All’esito del tampone alunni e docenti vengono messi in quarantena.

Prima questione: il risultato del tampone della persona risultata positiva arriva a diversi giorni di distanza dall’ultimo contatto con la classe. Quindi per diversi giorni gli alunni che avrebbero potuto contrarre il virus pur senza presentare sintomi, restano liberi di relazionarsi rischiando di infettare a loro volta.

Seconda questione: gli alunni e i docenti entrati in contatto con la persona positiva non vengono sottoposti a tampone. A meno che non presentino sintomi, sono soltanto tenuti alla quarantena in casa. Cosicché, sempre nel caso in cui fossero positivi asintomatici, ciò non si saprebbe, con la conseguenza che nel frattempo, entrando in contatto con loro, potrebbero infettarsi anche i congiunti, i quali, si badi, non sono tenuti alla quarantena, e andando in giro e lavorando potrebbero a loro volta infettare innestando la catena esponenziale di contagi che ci viene sciorinata ogni volta che accendiamo radio, tv o computer.

Questi sono i fatti, oggi. Passiamo a vedere cosa li ha preceduti.

Nei giorni scorsi il commissario covid per l’Umbria, Antonio Onnis, attraverso la stampa locale, informava del “cambio di strategia” della Regione sull’uso dei tamponi. In qualche articolo ci si è spinti a scrivere – ricalcando fedelmente la ricostruzione del commissario – che il picco dei positivi in Umbria al covid «costringeva» (testualmente) a rivedere le procedure, laddove la revisione delle procedure è consistita appunto nello scegliere di non sottoporre a tampone gli asintomatici. È un elemento da sottolineare perché la stampa, quando si limita a riportare le fonti ufficiali, non assolve al suo ruolo ma a quello di megafono, e questo è parte del problema. Perché anche i semafori hanno capito ormai che è fondamentale in questa fase l’esatto contrario del “cambio di strategia” trionfalmente divulgato da chi sta gestendo l’emergenza in Umbria. Ciò che è da fare è proprio scovare gli asintomatici, che sono diventati il veicolo principale del contagio e quindi la causa del nuovo affollamento degli ospedali e delle terapie intensive e della risalita dei decessi. Invece l’Umbria sceglie di non fare i tamponi agli asintomatici, perché sostanzialmente, dice il commissario a mezzo stampa, sarebbero in numero eccessivo.

Insisto sul verbo “scegliere” perché di scelta si tratta. Ma siccome è sbagliata, antipatica, incomprensibile, e pure dannosa, viene presentata alla stampa, che a sua volta la presenta all’opinione pubblica, come una ineluttabilità. Il commissario Covid per l’Umbria, nel presentare il “cambio di strategia”, l’ha giustificato dicendo che al ritmo di 400 contagi al giorno, considerando circa venti contatti a contagiato, si dovrebbero fare ottomila tamponi. Ora: un tampone costa all’Umbria all’incirca 57 euro (personale incluso). Lo riportava all’inizio di settembre un giornale locale regionale rifacendosi a uno studio che rivelava come la media nazionale fosse di 59 euro e in Veneto i tamponi arrivassero a costare 89 euro. 57 euro a ottomila tamponi al giorno, significa che in un mese si spenderebbero poco meno di 13,7 milioni. Cioè meno dell’1 per cento del fondo nazionale per la sanità umbra al netto delle risorse aggiuntive che arriveranno con il programma Next generation dell’Ue. A fronte di una spesa tutto sommato affrontabile però, in quel mese si sarebbe probabilmente contribuito a un contenimento intelligente del virus. Invece si è scelto di fare il contrario di ciò che serviva, e si è riusciti a presentarlo come un “cambio di strategia” a cui si è “costretti”. Una meraviglia. Tanrto che oggi, a poco più di una settimana dal “cambio di strategia” viaggiamo a oltre 700 contagi al giorno, altro che 400.

Siamo dentro un’emergenza che sta mettendo a rischio migliaia di vite nonché l’intero sistema sanitario, se non si compiono scelte coraggiose e neanche così innovative ora, quando lo faremo mai? Il costo dell’operazione, che in situazioni di questo tipo sarebbe peraltro l’ultima cosa da considerare, non sarebbe così problematico. Se è una questione di personale, che si assuma, anche a tempo determinato. Di professionalità che sanno somministrare un tampone e processarlo ce ne saranno, o no? Invece, quella che è una scelta in fondo ragionieristica e in linea con la politica dei tagli degli anni scorsi che ci ha portato dove siamo, viene presentata come una ineluttabilità. E ciò mentre i contagi aumentano in maniera esponenziale.

Un’ultima questione: quanto costerebbero i tamponi se ci fosse una centrale nazionale, invece di tante centraline regionali, ad acquistarli? E quanto se fosse direttamente lo Stato a produrli?

Foto di Vesna Harni da Pixabay

 

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