Sette anni di governo della destra sul filo degli annunci. Fino ad arrivare, a inizio settembre, alla richiesta d’aiuto al prefetto per una situazione che non si è mai riusciti a sanare. Prima parte di una controstoria. La seconda si può leggere qui
La questione Fontivegge non è una tra le tante. È la questione. Una sorta di archetipo. Non siamo noi a pensarla così, ma il sindaco di Perugia, Andrea Romizi, che in numerosissime occasioni ha ribadito la crucialità della «battaglia», come egli stesso l’ha definita, per il risanamento di quel pezzo di città con l’ombelico nella stazione ferroviaria e che in lungo parte da via Martiri dei Lager, assorbe il Bellocchio e arriva a via Mario Angeloni, e in largo prende l’ultimo tratto di via Campo di Marte per arrivare a lambire Case Bruciate. La destra, di Fontivegge aveva fatto una bandiera quando ancora era all’opposizione in Consiglio comunale, assumendo la zona come la metafora del malgoverno della sinistra. Oggi il sindaco alla guida della coalizione Lega-Fratelli d’Italia-Forza Italia e civici, dopo sette anni al timone della città, è costretto a chiedere al prefetto «un ulteriore coinvolgimento sul fronte dei controlli». Segno evidente che al di là degli slogan propagandistici la matassa della sicurezza si è ingarbugliata anche nelle mani dei fautori di “legge e ordine” e “tolleranza zero”.
Di come la destra d’opposizione ha usato Fontivegge per farne una delle leve per arrivare al governo della città, e di come la sinistra all’epoca al governo abbia risposto in maniera frastagliata, parleremo in una seconda puntata. In questo viaggio asincrono che si basa sui lavori e sulla documentazione ufficiale di Consiglio e Giunta municipali partiremo dal post 8 giugno 2014, il giorno in cui a Perugia si è materializzato il sogno della destra arrivata finalmente al governo della città per la prima volta dopo la guerra.
Le prime uscite del nuovo sindaco
La prima delle innumerevoli volte in cui Romizi interverrà su Fontivegge è il 28 agosto di quell’anno, quando a poco più di due mesi dalla sua elezione descrive la sicurezza come una «lotta che bisogna condurre ad ogni livello» per lodare poi l’iniziativa che si era tenuta pochi giorni prima nella zona, «dove tanti ragazzi e famiglie hanno ballato con i dj». Il 7 novembre, in occasione di controlli nell’area da parte di polizia, carabinieri e polizia municipale, il sindaco dice che «l’area di Fontivegge resta al centro dell’attenzione dell’amministrazione comunale». Un concetto che verrà ribadito infinite volte nel corso delle due sindacature. In quel 7 novembre si annuncia anche «un piano articolato per recuperare pienamente, mettere in condizioni di sicurezza e rilanciare quella che consideriamo tutti un’area nevralgica della città». Le misure vengono illustrate esattamente una settimana dopo nel corso di una conferenza stampa. Con Romizi, recita la nota di palazzo dei Priori come a esaltare la solennità del momento, «praticamente tutto l’esecutivo». La cosa viene annunciata come «un intervento complessivo e articolato in cui si incrociano provvedimenti e progetti di tipo diverso, tesi non soltanto al rafforzamento del controllo del territorio ai fini della sicurezza e della legalità, ma anche a incentivare commercio e attività economiche, creare occasioni di aggregazione e favorire la socialità, riordinare la mobilità dell’area anche con soluzioni innovative». Il sindaco statuisce in quell’occasione che «non riuscire a riqualificare Fontivegge significa il fallimento di questa amministrazione». Nello specifico di quella che viene definita «una sorta di delibera quadro», si annunciano più telecamere, risistemazione generale, rapporto con le associazioni, più controlli, misure per il commercio, e si annuncia che si chiuderà lo spazio in quel momento aperto e meta di una umanità dolente al di sotto dell’ex Upim, in corrispondenza delle fermate dei bus. È quello che verrà definito il “Patto per Fontivegge”. I consiglieri di Fratelli d’Italia, Clara Pastorelli e Stefano Mignini si tuffano a pesce sull’iniziativa della Giunta definendola da subito «una vittoria di tutta la città».
Il «progetto Fontivegge» come modello
Il primo dei tredici punti del “Patto” viene presentato due settimane dopo, il 3 dicembre: si tratta del progetto esecutivo per il potenziamento dell’illuminazione pubblica e della videosorveglianza. Quasi 157 mila euro. Al di là del progetto, è interessante l’accento che Romizi pone ancora una volta sull’area: «Il progetto Fontivegge, nella sua complessità – dice il sindaco – deve rappresentare un modello da applicare anche in altre zone della città». Nello stesso giorno, è il consigliere di Forza Italia Massimo Perari a elogiare Romizi sottolineando come «i primi atti della nuova amministrazione perugina siano già significativi a soli cinque mesi dal suo insediamento» e sono la dimostrazione di un governo orientato alla lungimiranza». Lo segue il giorno successivo Otello Numerini, consigliere comunale di una delle liste civiche che hanno contribuito al successo di Romizi, “Progetto Perugia”. Anche se siamo appena agli annunci, Numerini asserisce di ritenere «opportuno sottolineare che il progetto di Fontivegge è la palese dimostrazione di efficacia ed efficienza politica al servizio dei cittadini residenti in zone difficili». Il Pd, da parte sua, non riesce a fare di meglio che presentare un ordine del giorno, attraverso i suoi consiglieri Erika Borghesi e Leonardo Miccioni, per lamentare che le telecamere vanno installate in tutta la città invece di privilegiare solo Fontivegge. L’assoluta mancanza di miglioramenti sostanziali per l’area intorno alla stazione negli anni che verranno, nonostante decine di telecamere, s’incaricherà di dimostrare come anche questa sia stata una posizione quanto meno discutibile.
I buoni e i cattivi
A poco più di un anno dalla vittoria della destra, siamo arrivati al settembre 2015, comincia a emergere una figura che ricorrerà diverse volte in questa puntata e nella prossima di questo viaggio intorno a Fontivegge. Si tratta di Emanuele Prisco, Fratelli d’Italia. Nominato da Romizi assessore all’Urbanistica all’Edilizia privata e allo Sport, rimarrà in carica fino al marzo 2018, quando compirà il grande balzo verso il seggio a Montecitorio conquistato alle elezioni del 23 marzo di quell’anno. In qualità di parlamentare, Prisco sederà anche al tavolo al termine del quale dopo tanti anni – siamo all’oggi, settembre 2021 – verrà sollecitato il prefetto di Perugia a «maggiori controlli su Fontivegge». Il linguaggio di Prisco è diverso da quello da “bravo ragazzo” utilizzato da Romizi. Nella sua prima uscita su Fontivegge da uomo del governo cittadino sottolinea che si devono «riempire i contenitori vuoti di Fontivegge, così da ripopolarla di cittadini perbene. Questa è la base per realizzare il rilancio del quartiere liberandolo dalle presenze negative». I buoni e i cattivi, altro che i piani articolati del sindaco.
“La” battaglia
La Giunta non perde occasione di sfoggiare interesse per l’area di Fontivegge. Il 9 novembre si inaugura l’autorimessa “Parking Bellocchio”, una struttura che tutto sommato con la sicurezza ha poco a che vedere. Il sindaco partecipa e coglie la palla al balzo per ristabilire che «questa di Fontivegge resta per noi “la” battaglia tra tutte e sono certo che la vinceremo perché le criticità sono serie ma limitate ad un’area ristretta del quartiere. Dobbiamo togliere ai delinquenti le tane dove si riparano con iniziative come questa e riempire i luoghi di contenuti sani». C’è un cambio di toni, che paiono contaminati dal collega di Giunta Prisco. Il 16 dicembre ancora una inaugurazione. Sindaco, assessore all’Urbanistica, nonché il consigliere comunale allora all’opposizione e oggi in maggioranza, Nilo Arcudi, partecipano al taglio del nastro della sede dell’associazione “Fontivegge insieme”.
Il 2015 si era aperto con una morte per overdose in via Campo di Marte, era proseguito tra accoltellamenti e incursioni di ladri alla stazione. Ma la «battaglia» di Romizi era appena cominciata. Il 27 luglio 2016 viene data notizia dell’approvazione, da parte della Giunta, di un protocollo d’intesa tra Comune e dipartimento di ingegneria civile ed ambientale dell’Università di Perugia per attività di studio e ricerca nel progetto di riqualificazione urbana dell’area di Fontivegge. Al di là del fatto che a distanza di anni non si sa bene quali frutti abbia dato l’intesa, l’occasione è interessante perché, a due anni dal suo insediamento al governo cittadino, la destra parla di «un ulteriore passo nell’ambito della sfida avviata da tempo dalla giunta volta al recupero dell’area». Il problema però è che le cose a Fontivegge non migliorano se è vero che l’8 agosto Sergio De Vincenzi, consigliere del Gruppo misto, deposita un ordine del giorno in cui si denuncia il degrado in una palazzina di via Oddi Sforza originariamente interessata da un intervento di recupero che è diventata «teatro di un’occupazione abusiva e del conseguente degrado delle vie limitrofe, dove cittadini e commercianti sono stati più volte derubati». Che Fontivegge stenti a trasformarsi in oasi lo conferma il fatto che dopo poco più di un mese, il 30 settembre, il consigliere Michelangelo Felicioni, eletto a Palazzo dei Priori nelle file del Nuovo centrodestra e poi passato alla Lega (successivamente trasmigrerà pure in Fratelli d’Italia, ma questo è un altro discorso), presenta un ordine del giorno per chiedere «l’utilizzo dell’esercito per l’attività di presidio e pattugliamento nel quartiere di Fontivegge». L’esercito a Fontivecce ci arriverà. Quattro anni dopo, nel settembre 2020. L’evento sarà salutato con giubilo dagli ex compagni di partito di Felicioni; il senatore della Lega Simone Pillon, si scattò per l’occasione anche un selfie trionfale davanti alla facciata della stazione con i mezzi dell’esercito sullo sfondo. Anche questa misura però, alla luce della situazione attuale, è un sintomo della palese inadeguatezza delle misure perseguite dalla destra al governo cittadino nei sei anni precedenti.
Le prime ammissioni di difficoltà
Eppure la politica degli annunci proseguiva: l’11 agosto si era dato conto di «quattro nuovi progetti per la riqualificazione e la sicurezza di Fontivegge approvati dalla giunta». Tra essi spiccava «un innovativo spazio coworking presso l’Ex Upim» e la riqualificazione dell’ex scalo merci «per allocarci la Biblioteca delle Nuvole». Quattro anni dopo, il 7 settembre 2020, il Comune annunciava che la Biblioteca delle Nuvole si sarebbe trasferita presso i locali del coworking mai decollato e per il quale vennero spesi 440 mila euro. Il 26 agosto veniva approvato dalla Giunta l’ennesimo «progetto generale per la riqualificazione dell’area di Fontivegge». E anche quella era stata l’occasione per ribadire che «quella di Fontivegge è una sfida che questa amministrazione ha deciso di accettare fin dall’inizio del mandato». Anche se, tra le righe, cominciava a trasparire l’ammissione di qualche difficoltà: «Non sarà certamente un percorso facile, né, tantomeno, breve, ma è ferma intenzione di questa Giunta portarlo a termine».
Ma le cose non vanno come s’immaginavano i fautori dell’ordine e del pugno duro quando erano all’opposizione. Al meglio si può dire che la sfida – un termine che ricorre incessantemente nella narrazione della destra governativa quando si parla di Fontivegge – è in corso, ma lungi dall’essere vinta. Eppure il 10 novembre l’amministrazione comunale partecipa a un convegno a Milano sugli «approcci per riqualificare le periferie d’Italia» presentando proprio la sua strategia per Fontivegge, che dopo quasi cinque anni si può dire che mostri diverse falle. «Si torna a parlare di Perugia in chiave di innovazione e rinascita e non più per fatti negativi», fu il commento dato alle stampe per l’occasione dall’allora assessore Prisco.
L’anno delle inaugurazioni
Dopo più di due anni di governo Romizi, Fontivegge non ha affatto cambiato volto. E il 2017 si appresta a diventare l’anno delle inaugurazioni. Il 27 aprile c’è il taglio del nastro di un parcheggio, l’autorimessa “Fonti di Veggio”. Il sindaco partecipa anche stavolta e sottolinea che «quanto si è riusciti a fare qui rappresenta l’esempio lampante di come dobbiamo operare». Eppure l’aria non è cambiata, se subito dopo Romizi è costretto a ribadire che «il recupero di Fontivegge è una nostra priorità». A tre anni dal suo insediamento quindi, il capo della prima giunta di destra di Perugia, che sulla sicurezza aveva vinto le elezioni, è costretto a parlare del «recupero di Fontivegge» come di una «priorità», e non come una acquisizione. Il 24 maggio, il sindaco, l’assessore all’Urbanistica e quello con la delega al marketing territoriale vanno a inaugurare la palestra che ha preso il posto dei locali un tempo occupati dall’Upim, sopra alla Coop. «È solo l’inizio di un percorso che ci eravamo prefissati dal momento del nostro insediamento», dice Romizi tra tapis roulant e manubri. «Solo l’inizio» dopo tre anni di governo. Attraverso questo investimento – dirà l’assessore all’Urbanistica – si riaccende la luce su Piazza del Bacio e Fontivegge». E viene dato di nuovo l’annuncio del coworking che, come vedremo a breve, durerà meno di due anni. La sera del 20 giugno Romizi inaugurerà pure la ripresa dello zampillìo d’acqua della fontana di piazza Vittorio Veneto, davanti alla stazione, e lo saluterà come «un altro di quei piccoli passi che stiamo facendo per la riqualificazione dell’area di Fontivegge».
Il 28 agosto 2017 il consiglio comunale approva quattro progetti preliminari: la riqualificazione del parco di via Martiri delle Foibe, quella del sottopasso che dà l’accesso alla stazione da via del Macello, e quello per la creazione di percorsi ciclo-pedolali. L’ultimo prevede la pista da skate in piazza del Bacio, terminata di recente. A questo proposito c’è da segnalare una curiosità: Leonardo Varasano in quel momento è un esponente di spicco della maggioranza, che l’ha pure eletto presidente del Consiglio comunale. Solo quattro anni prima, nell’agosto 2013, dai banchi dell’opposizione, aveva lanciato strali contro quel progetto, sostenendo come il Comune, a fronte di una sicurezza fuori controllo e casse esangui non trovasse di meglio che «proporre la realizzazione di uno skatepark cofinanziato dal Comune e da altre istituzioni locali o dal Comune e da privati, ma comunque con un esborso non ancora quantificabile di fondi comunali. Sono queste – chiedeva retoricamente l’allora oppositore Varasano – le priorità che il centrosinistra individua per una città in gravissima difficoltà?». Ma ciò che non andava bene quando si era all’opposizione può essere votato una volta al governo.
Arriva il presidente del Consiglio (con i soldi)
Il 7 dicembre 2017 è un giorno importante. A Perugia arriva il presidente del consiglio, Paolo Gentiloni, per firmare la convenzione con i comuni di Perugia e Terni «per l’erogazione delle risorse previste per il programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie». A Perugia sono stati destinati 16 milioni. La convenzione viene siglata nella sala d’attesa della prima classe della stazione di Fontivegge, a sottolineare che in quell’area sarà il cuore dell’intervento. Davanti al capo del governo, Romizi stavolta parla del recupero di Fontivegge come di un risultato acquisito. Le difficoltà che avevano fatto capolino in alcune delle recenti dichiarazioni paiono alle spalle. L’area, dice il sindaco, «oggi, dopo un lungo periodo di declino, si appresta a diventare il cuore intelligente della città che si prepara ad affrontare da protagonista i nuovi scenari. Avevamo di fronte un problema complesso, che ha richiesto delle soluzioni complesse». Insomma, Fontivegge non solo rivive, ma diventa il «cuore intelligente» di Perugia. Nel discorso non mancano gli inglesismi per illustrare cosa si andrà a fare: «Le parole chiave – dice Romizi – sono: intermodalità nei trasporti, innovazione con il centro della grafica avanzata e del coworking, rigeneration center e la casa degli artisti per valorizzare energie e talenti del territorio». Il gruppo consiliare di Fratelli d’Italia quel giorno esce con un comunicato stampa in cui si parla di «un’operazione che rivoluzionerà una delle zone più importanti e cruciali della città, luogo fino a qualche tempo fa lasciato in balìa di criminalità, degrado e insicurezza ma che ora grazie all’azione sinergica della Giunta Romizi trova finalmente una sua concreta progettualità di rinascita». Oggi, di tutto quello che si annunciò, a quattro anni da quella fatidica firma, l’unica cosa che ha visto la luce è stato il coworking, chiuso dopo una breve vita che non si può dire sia stata gloriosa.
Cinque mesi dopo, siamo a maggio 2018, in occasione dell’ennesimo annuncio dato alla stampa di progetti approvati, il «progetto per la riqualificazione dell’area di Fontivegge e Bellocchio» viene indicato come ancora una «assoluta priorità di mandato» dell’amministrazione Romizi anche se sono già passati diversi anni dal suo insediamento. Nell’estate di quell’anno, a giugno, agosto e settembre, si susseguono altri tre roboanti annunci di progetti; sempre quelli, di cui però da Palazzo dei Priori si dà conto anche del minimo passaggio burocratico: casa degli artisti, centro di grafica avanzata e riqualificazione del parcheggio di fianco alla stazione. Il 13 settembre, anche il «risanamento conservativo e l’adeguamento funzionale dell’edificio sede della scuola Pestalozzi», cioè ordinaria amministrazione, viene ascritto nel capitolo “sicurezza e sviluppo per Fontivegge e Bellocchio”. (Per la cronaca, i lavori alla scuola Pestalozzi, a tre anni dall’annuncio, sono in corso).
La colpa alla burocrazia
Ma la morsa della criminalità su Fontivegge non si attenua. Nella notte tra il 22 e il 23 settembre, Mohamed Wertani, 33 anni, viene accoltellato a morte in via Angeloni. Romizi capisce che la salita è dura, abbandona l’enfasi e fa un punto della situazione. Rispuntano le ammissioni di difficoltà che il sindaco aveva dismesso davanti al capo del governo qualche mese prima: «In questi quattro anni abbiamo pianificato interventi strutturali capaci di riqualificare e rifunzionalizzare l’intera area. Stiamo parlando di interventi che per la loro natura eccezionale richiederanno tempi non brevissimi di realizzazione, ce ne rendiamo conto». Il 24 settembre si riunisce il consiglio comunale. L’eco dell’omicidio riverbera ancora. La consigliera del Pd Sarah Bistocchi chiede in una mozione che il sindaco riferisca in aula su quello che definisce «un fatto inedito per Perugia». Quando arriva in aula, Romizi dirà all’assemblea che «su Fontivegge ci abbiamo messo passione e impegno fin da subito. Quattro anni possono sembrare tanti ma con i tempi della burocrazia non lo sono». La sicurezza è una questione complessa, sistemica, è materia sulla quale è tanto facile fare propaganda quanto scivolare rovinosamente. È la prima volta che il primo sindaco di destra della città di Perugia fa i conti pubblicamente con la dura realtà su cui la sua parte politica aveva fatto leva durante le utime sindacature di sinistra. Il riferimento è alla burocrazia, utile capro espiatorio, ma in filigrana si legge che l’enfasi sulla «battaglia di Fontivegge» sta venendo smorzata dalla presa di coscienza di questioni complicatissime, che si fanno beffe della propaganda. Il 2 ottobre anche i consiglieri comunali di Forza Italia, Claudia Luciani e Carlo Castori ammettono che «la situazione di Fontivegge è complessa».
Il gran giorno del coworking
Passano pochi mesi, siamo a dicembre 2018, e una nota di Palazzo dei Priori divulga che «una grande folla oggi è intervenuta all’evento che il Comune di Perugia ha organizzato per l’inaugurazione del coworking di Fontivegge. Una scommessa partita da lontano – si legge – su cui l’amministrazione ha tanto creduto fino a farlo diventare uno dei progetti simbolo di questa legislatura». Si tratta di Binario 5, un’opera costata 440 mila euro e realizzata con la chiusura dell’area al di sotto dell’ex Upim, in corrispondenza della fermata degli autobus. «Un ambiente unico nel centro Italia – si legge ancora nel comunicato dell’amministrazione – ispirato ai più moderni hub presenti nelle maggiori capitali europee». Andrea Fora oggi è consigliere regionale e siede sui banchi dell’opposizione. All’epoca era presidente di Fondamenti, la società che gestì lo spazio. Per l’occasione dichiara: «Oltre a spazi di lavoro e condivisione, svilupperemo tutti i supporti necessari per sviluppare progetti di successo affiancandoci alle imprese con progetti strategici e servizi per l’innovazione». Anche qui non mancano gli inglesismi: «Offriamo percorsi di incubazione personalizzati alle startup che crediamo siano sostenibili ed abbiano un impatto innovativo nell’economia territoriale. Accompagniamo, con il supporto di mentor altamente qualificati, i team in tutte le fasi di crescita del progetto, dal concept dell’idea al lancio sul mercato». L’assessore comunale allo Sviluppo economico, Michele Fioroni, che di lì a poco sarà promosso in Regione, viene descritto quel giorno come «fiducioso», e dice sicuro che Perugia «riacquisirà anche grazie a Binario 5, il ruolo di baricentro dell’innovazione digitale e della new economy, grazie alle esperienze più innovative di incubazione e accelerazione di impresa che arriveranno per costruire con noi un futuro carico di speranza e sogni». Non manca il sindaco, che sottolinea che «oggi Perugia si connette ancora di più con il mondo». Binario 5 apre i battenti il 7 gennaio 2019. Esattamente un anno e otto mesi dopo, il 7 settembre 2020, una nota del Comune mette fine ai sogni di gloria annunciando che in quei locali si trasferirà la Biblioteca delle Nuvole – che avrebbe dovuto andare all’ex scalo merci riqualificato, secondo uno dei tanti annunci di progetto – e che «il gestore di Binario 5 ha chiesto al Comune la sospensione temporanea delle attività a causa della riduzione del servizio determinata dall’emergenza sanitaria Covid 19», anche se il Covid è arrivato tredici mesi dopo l’apertura. Niente coworking e niente riqualificazione dell’ex scalo merci. Praticamente un fallimento doppio. E dire che era uno dei «progetti simbolo».
Fuoco alle auto e nuove elezioni
A un mese dalla sfavillante inaugurazione del coworking, tra la fine di gennaio e il mese di febbraio, si susseguono nell’area incendi di cassonetti e auto. Il 19 febbraio 2019 Romizi è costretto a prendere la parola: «La nostra attenzione in questi giorni è massima. Non possiamo accettare che accadano simili episodi, meno che mai a Fontivegge, luogo che ha sofferto sin troppo una condizione di generale abbandono e in cui abbiamo avviato un percorso di riqualificazione pluriennale». Il sindaco governa da cinque anni ormai, Fontivegge rimane in uno stato niente affatto invidiabile. A maggio il Romizi che su Fontivegge si era «giocato la faccia in prima persona» viene riconfermato al primo turno col 60 per cento dei voti. Stavolta in maggioranza entra pure la Lega, partito al quale viene affidato l’assessorato alla Sicurezza. Il titolare della delega, Luca Merli, a poche settimane dalla nomina compie un sopralluogo nel sottopasso che collega via del Macello alla stazione. Il sopralluogo è stato sollecitato da alcune segnalazioni della presenza, «anche durante le ore diurne, di persone dedite allo spaccio e al consumo di sostanze stupefacenti», lo dice la nota del Comune. Ma Merli rassicura: «La situazione è in costante miglioramento rispetto al passato, ma certamente non abbiamo alcuna intenzione di abbassare la guardia». La prefettura conferma: i reati compiuti nel 2019 – anno quinto dell’era Romizi – nell’area di Fontivegge sono stati 373, uno al giorno. Nel 2018, che era l’anno quarto dell’era Romizi, erano stati 895. Bene, ma non benissimo.
Un anno dopo, tra il 27 e il 28 luglio 2020, a Fontivegge la notte è ancora movimentata da risse e bottigliate. L’assessore Merli emette una tonante nota congiunta insieme al capogruppo del suo partito in consiglio comunale: «Questo fatto ci dimostra che è assolutamente necessario intensificare i controlli affinché l’azione dell’ente nella prevenzione di simili episodi possa essere efficace». Fratelli d’Italia, un paio di mesi prima aveva diramato un comunicato stampa in cui descriveva Fontivegge come un quartiere «dipinto negativamente dalla cronaca e che da qualche anno sta invece rialzando la testa». Merli governa già da un anno, Romizi da sei. Siamo al corto circuito. L’assessore dirà in agosto che Fontivegge è destinato a «diventare un modello». Eppure a settembre «l’amministrazione» esprimerà «grande apprezzamento» per la decisione del Prefetto di destinare l’esercito «per servizi di vigilanza e controllo» nel quartiere che evidentemente tanto bene non deve stare.
L’appello di oggi
Nel novembre 2020 arrivano altre telecamere. Romizi nel presentarle dice di voler «custodire e valorizzare questa zona della città attraendo in essa una nuova vitalità, sana». A dicembre si presenta una nuova collaborazione con l’Università, e nel comunicato di lancio dell’iniziativa si legge che «la riqualificazione e valorizzazione dei quartieri di Fontivegge, Bellocchio e Madonna Alta restano costantemente al centro dell’azione politica dell’amministrazione Romizi». Nel gennaio 2021 l’assessore a Lavori Pubblici e Ambiente, Otello Numerini, presenta un video, «La città che cambia», e tra i successi annota anche «la riqualificazione dell’ex Upim e la realizzazione del coworking» che è già chiuso da mesi.
È così che, di annuncio in annuncio, di sfida in sfida, il sindaco e la sua maggioranza arrivano, dopo sette anni di governo, a un doppio vertice sui «problemi di Fontivegge» e chiedono al prefetto «un ulteriore coinvolgimento sul fronte dei controlli». Al tavolo da cui è scaturita la richiesta c’è lo stato maggiore di Fratelli d’Italia e pezzi da novanta della Lega. E c’era pure Emanuele Prisco, oggi parlamentare, prima assessore e in un passato quasi remoto oppositore di Locchi e Boccali, ai quali non aveva risparmiato critiche veementi sulla gestione di Fontivegge.
Perché “dopo 7 anni di governo “e non 10?
L’articolo è del 2021