in biloco tra sì e no
Editoriali

Il governo del sì a prescindere

 

C’è una creatura mitologica e fondativa di un certo modo di governare. È quella dei signori del no, cui vengono addebitati una serie di difetti: immobilismo, arretratezza, estremismo, gioco di interdizione nella risoluzione dei problemi. Capovolgendo la prospettiva, e utilizzando un linguaggio meno maschiocentrico, il problema che andrebbe messo sotto i riflettori è invece quello dei signori e delle signore del sì a prescindere. Il fenomeno è riscontrabile a livello nazionale, ed è ancora più macroscopico in Umbria, regione ormai da decenni abituata a rincorrere, dove le questioni si riverberano in ritardo e l’attualità è il passato di ciò che è avvenuto altrove.

Alla categoria dei signori del no ricorrono i favorevoli a grandi opere che vengono messe in discussione da minoranze attive, popolazioni coinvolte, comitati ed enti locali. Chiunque si opponga ad esse, viene incasellato in quella definizione.

Si tratta di una pratica che inquina il dibattito pubblico. Dirottare l’attenzione sui signori del no, è un modo al tempo stesso sofisticato e rozzo di agire. Sofisticato perché con un artificio trasla l’attenzione dall’opera di cui si discute all’essere mitologico, i signori del no, appunto. Rozzo poiché evita di argomentare razionalmente la bontà dell’opera di volta in volta sotto esame e induce a uno schieramento di tifoserie che è l’esatto contrario del ragionamento pubblico su questioni pubbliche. All’interno di questa costruzione retorica, l’opera diventa buona in sé, la sua utilità è autoevidente poiché si specchia nell’autoevidenza del male intrinseco di cui sono ontologicamente portatori i signori del no, categoria che incarna negatività. Si tratta dello stesso manicheismo primitivo tipico delle persone xenofobe, che addebitano a una intera categoria – gli stranieri o gli africani, o gli islamici e via generalizzando – il male, e così facendo recidono ogni possibilità di dialogo razionale. Se il problema non è come la si pensa e come si argomenta o si agisce, bensì la categoria nella quale si rientra, cioè come si è, il focus della discussione diventa quest’ultima, e la discussione razionale, nel merito, va a farsi benedire.

Perché allora, capovolgendo la prospettiva, ricorriamo a una categorizzazione uguale e contraria, quella dei signori e delle signore del sì a prescindere, rischiando di reiterare proprio l’operazione che stiamo contestando? Perché quella del sì a prescindere è una delle qualità distintive del governo regionale attuale. Le opere da realizzare sono buone in sé, e laddove ci siano persone che ne mettono in discussione l’effettiva utilità con studi e dati, si tenta di metterle a tacere recintandole nella categoria dei signori del no.

In una cornice del genere, la stessa azione di governo va a coincidere con la realizzazione di opere, quanto più grandi e costose sono, tanto migliore è l’azione di governo stessa. Così, in maniera ancora una volta rozza, la misurazione avviene sul costruito, non su ciò che si è manutenuto, rigenerato, rimodulato, recuperato, curato. Nella distopia di questo governo del sì a prescindere, ciò che non si vede, non esiste. Ne consegue un’altra traslazione tossica: il focus si sposta dai Piani per raggiungere obiettivi, cioè da una serie di azioni, studi, tessiture, messe in relazione di saperi diversi, attività magari faticose, ma in prospettiva più efficaci ed economiche per le comunità, al semplicistico, one shot dell’opera. Anche laddove essa fosse inutilmente dispendiosa, e addirittura dannosa, come spesso accade.

È in base a questa attitudine distorta che la mobilità sostenibile viene confusa con la realizzazione di nuove arterie stradali, l’economia circolare col bruciare i rifiuti e il potenziamento del trasporto ferroviario con la realizzazione ex novo di nuove, faraoniche stazioni da costruire in mezzo al nulla. Ci sono tre esempi qualificanti di questo modo di (s)governare la regione che a Cronache umbre abbiamo ampiamente messo sotto i riflettori e per i quali rimandiamo chi volesse approfondire ai relativi articoli: l’inceneritore previsto dal nuovo piano dei rifiuti, la volontà indefessa a realizzare il Nodo di Perugia, e quella più o meno analoga, volta alla costruzione della stazione per treni ad alta velocità Medioetruria.

Come è possibile che il sì a prescidere si sia impossessato del Governo della regione fino a diventarne faro dell’azione? Ci sono almeno tre fattori che vi hanno contribuito. In primo luogo, l’attitudine non è nuova. Almeno da un quindicennio prima che l’attuale coalizione strappasse la maggioranza a chi l’aveva detenuta per decenni, quello delle grandi opere era diventato una sorta di ombelico delle politiche pubbliche. Lo dimostra il fatto che sugli inceneritori le passate Giunte non hanno dato il meglio di sé, si veda la situazione di Terni, con due impianti autorizzati e livelli di inquinamento che sono diventati un caso di studio; e il Nodo di Perugia e la stazione Medioetruria sono entrambi progetti che affondano le radici nel passato, quando Tesei era solo la sindaca di Montefalco. In secondo luogo, c’è un assetto mediatico generale che privilegia il lancio o il varo della grande opera rispetto alle azioni di cura cui abbiamo fatto riferimento, e ciò si riverbera in un pezzo consistente di opinione pubblica distorto a sua volta da un certo tipo di musica di fondo. Infine, ma anche se la mettiamo in fondo si tratta della ragione principale, ci sono soggetti economici potenti, che avevano accesso alle stanze del potere tanto prima quanto oggi, e che sono in grado di far prevalere i loro interessi di profitto rispetto a quelli delle comunità, e determinano finanche il paesaggio che ci si para davanti agli occhi. Tutto questo, impastato insieme, produce una egemonia che occorre costantemente mettere sotto attacco con dati, studi e ragioni fondate affinché la rozzezza del grandeoperismo del governo del sì a prescindere venga intaccata dal ragionamento sul merito e dal conseguente privilegio dei piani, delle tessiture, della fatica delle rigenerazioni rispetto alla pratica tossica del one shot diseconomica, inefficace, e che esclude gli interessi della maggioranza delle persone, ancorché oggi egemone.

Immagine da pxhere.com

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