Il parco dei mostri a Bomarzo
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Terni, il sonno, la ragione e i mostri

 

La cosa che state per leggere è scaturita da una serie di insulti che sono stati scritti in calce all’ultimo articolo che abbiamo pubblicato, sia nel sito, sia sulla nostra pagina facebook. Si potrebbe quindi pensare che si tratti di una questione privata, ma non è così. Se abbiamo deciso di esplicitarla è perché riteniamo che si tratti di una questione squisitamente pubblica, sulla quale ci siamo peraltro già soffermati in passato.

Questa non è ovviamente una risposta a chi insulta, che eleveremmo così al rango di possibile interlocutore e che invece si qualifica con ciò che ha scritto e che potete leggere liberamente, per farvi un’idea. Non è neanche una generica lamentazione sulla gente o su una presunta maggioranza; siamo convinti che gli odiatori-insultatori (tutti maschi) siano una minoranza che però è al tempo stesso frutto dei tempi e sufficientemente rumorosa da poter fare da testa d’ariete per torcere il dibattito. E questo è il punto.

Nell’articolo in questione abbiamo espresso una posizione che non è nuova, che avevamo esposto già più di un anno fa, quando la questione stadio-clinica aveva cominciato ad affacciarsi a Terni, denunciando come la leva del tifo e della passione diffusa per la Ternana fosse stata già sfruttata in passato per affari prettamente privati da parte di altri presidenti del club.

Siamo altresì per una sanità pubblica, universalistica e gratuita per tutte e tutti. E riteniamo che l’idea del profitto debba essere espunta quando è in gioco la salute delle persone. Anche questo è un concetto che abbiamo esposto e argomentato più volte: valga per tutte l’analisi dell’efficacia delle cliniche private in Umbria e del suo impatto sulla salute delle persone che abbiamo pubblicato nell’aprile dello scorso anno. Abbiamo anche denunciato come l’allungarsi a dismisura delle liste d’attesa per gli esami diagnostici rappresenti di fatto una privatizzazione strisciante della sanità a livello regionale.

Siamo in presenza quindi di una notevole quantità di argomenti che nel tempo abbiamo articolato con il nostro lavoro a supporto della posizione appena espressa. Lo stesso articolo preso di mira, espone dettagliatamente un punto di vista che, intendiamoci, può non essere condiviso. Il fatto è che gli insulti non sono né preceduti da una premessa né seguiti da una chiosa, cosa che renderebbe i commenti, ancorché fastidiosi, dotati di un minimo senso. No. Il commento vive e si esaurisce nell’insulto. E qui entriamo nell’aspetto propriamente pubblico della questione.

L’insulto è in sé una regressione nel cammino dell’evoluzione umana; è un’abdicazione all’argomentazione razionale che può essere invece tentata con l’articolazione del linguaggio, lo strumento grazie al quale, appunto, ci siamo emancipati dai gesti e dai latrati che utilizzavamo quando vivevamo nelle caverne e che ci ha consentito di comunicare in maniera più efficace, e così di raggiungere conquiste cruciali. Si può comprendere l’insulto che fuoriesce in un momento di rabbia improvvisa, mentre quello che viene vergato in fondo a uno scritto è il frutto di un’inciviltà più profonda. Con esso si dà per scontata la bontà della propria opinione evitando accuratamente di metterla alla prova dei dati e dei fatti. Non solo. Con l’insulto si punta a cancellare l’altro/a portatori di interessi diversi e, nel nostro caso, assai ben argomentati.

L’insulto è insomma l’anticamera dell’assunzione di decisioni sbagliate, prese con l’istinto della pancia che espelle la meditazione della ragione. Si tratta di un fenomeno che va molto al di là della questione stadio-clinica di Terni, e di cui vediamo gli effetti nefasti in una grande quantità di temi su cui il dibattito pubblico nel suo complesso prescinde dai dati di fatto e dalle cognizioni di causa e procede per opinioni che si costruiscono a prescindere.

L’insulto, qui sta il punto più delicato, è la manifestazione più limpida e comprensibile di quanto e come il dibattito pubblico sia pericolosamente infestato a tutti i livelli. Detto per inciso, lo stesso dare per scontato, come fanno alcuni degli insultatori, che un mezzo di informazione regionale non possa prendere posizione è il sintomo di quanto ci si sia assuefatti a una malintesa idea di neutralità della stampa, che neutrale non lo è mai, già fin dal momento della scelta di cosa occuparsi. Qui invece siamo all’idea puerile, sbagliata, e quindi pressoché impresentabile in un consesso adulto, che un giornale (stampato o elettronico che sia) debba funzionare come una bacheca in cui tizio o caio espongono la propria posizione.

Certo, l’insulto consente di tagliare corto, di scansare la fatica di capire e argomentare, di trasformare in clava un’opinione costruita chissà come. E qui stanno sia l’attrazione fatale che esercita, sia l’effetto mefitico che sortisce.

C’è un’osmosi in questo tra società e classi dirigenti. L’insulto è una sorta di metafora di tempi disgraziatissimi fondati sulla performance, sulla fretta che porta a decisioni non meditate e quindi incuranti dell’interesse pubblico. E anche quando esso non viene esplicitamente utilizzato, la filosofia dell’insulto a ben vedere innerva i dibattiti nei talk show, che sono la musica di sottofondo che sottende alla formazione di opinioni che a loro volta, poggiando su basi fragilissime, vengono esplicitate insultando, in un circolo vizioso che si autoalimenta. La stessa apoditticità di concetti tipo non disturbare chi vuole fare, a prescindere dal cosa si vuole fare e dalle ricadute sull’interesse pubblico, o meglio dando per scontato che esse siano positive, si ispira a una semplificazione che ha una parentela stretta con l’insulto.

Sottrarsi all’insulto, argomentare, invitare a farlo, evitare la lotta nel fango in cui ci vorrebbero trascinare odiatori e insultatori, oltre che un atto per l’igiene pubblica, è quindi anche un modo per rimettere al centro l’interesse pubblico e per tentare di riportare a un ordine razionale ciò che l’insulto punta a trascinare nell’irrazionale. Un modo per riscuotersi dal sonno della ragione, che come si sa, genera mostri.

In copertina, il Parco dei mostri a Bomarzo, foto di Livioandronico2013 tratta da wikimedia commons

Un commento su “Terni, il sonno, la ragione e i mostri

  1. Condivido assolutamente. Non a caso avevo molto apprezzato l’articolo bersaglio della polemica. Aggiungerei che gli insulti farebbero bene a riservarli a chi li rende strumenti e mostri inconsapevoli.

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