Nel corso della polemica tra Italia e Francia sulla questione dei migranti, da parte della maggioranza del governo sono state strumentalizzate anche le parole di Papa Francesco sull’aereo di ritorno dal suo ultimo viaggio in Bahrein. Prendiamo in esame i fatti: La Germania ospita 10,6 milioni di immigrati; la Francia 5,2 e l’Italia 5,1. È vero la Germania ha più di 80 milioni di abitanti e la Francia 65 milioni, mentre l’Italia si ferma a 60 milioni, ma anche l’incidenza delle persone immigrate sulla popolazione in Germania è di gran lunga superiore, 12,7 per cento contro l’8,7 italiano. Come si può ben vedere, tra i paesi maggiori dell’Unione siamo quello con meno immigrati. È necessario un soccorso in mare europeo per poi richiedere la ripartizione delle persone accolte sulle nostre coste tra i vari paesi europei, essendo coscienti che se si procedesse a una ripartizione equa l’Italia dovrebbe ospitarne molti di più, in base al rapporto alla popolazione. Quindi non ci conviene tanto alzare questo polverone. Ma purtroppo quello che conta è la propaganda, quella che a Salvini fece guadagnare il 20 per cento di voti in più nel 2019.
Veniamo alle parole del Papa: «Ma la maggior parte dei migranti viene dal mare. La vita va salvata! Oggi, tu lo sai, il Mediterraneo è un cimitero, forse il cimitero più grande del mondo. La politica dei migranti va concordata fra tutti i Paesi: non si può fare una politica senza consenso, e l’Unione Europea su questo deve prendere in mano una politica di collaborazione e di aiuto, non può lasciare a Cipro, alla Grecia, all’Italia, alla Spagna la responsabilità di tutti i migranti che arrivano alle spiagge. La politica dei Governi fino a questo momento è stata di salvare le vite, questo è vero. […] E poi, vorrei citare una cosa, un’altra responsabilità europea: l’Africa. Credo che questo l’ha detto una delle grandi donne statiste che abbiamo avuto e abbiamo, la Merkel: ha detto che il problema dei migranti va risolto in Africa. Ma se pensiamo all’Africa con il motto “l’Africa va sfruttata”, è logico che i migranti, la gente scappi da quello sfruttamento. L’Europa deve cercare di fare dei piani di sviluppo per l’Africa. Pensare che alcuni Paesi in Africa non sono padroni del proprio sottosuolo, che ancora dipende dalle potenze colonialiste! È un’ipocrisia risolvere il problema dei migranti in Europa, no, andiamo a risolverli anche a casa loro. Lo sfruttamento della gente in Africa è terribile a causa di questa concezione. Il primo novembre, il giorno dei Santi, ho avuto un incontro con studenti universitari dell’Africa, lo stesso che ho avuto con gli studenti della Loyola University degli Stati Uniti. Quegli studenti hanno una capacità, un’intelligenza, una criticità, una voglia di portare avanti! Ma a volte non possono per la forza colonialista che ha l’Europa verso i loro Governi. Se vogliamo risolvere il problema dei migranti definitivamente, risolviamo l’Africa. I migranti che vengono da altre parti sono di meno; andiamo all’Africa, aiutiamo l’Africa, andiamo avanti».
Queste parole sono state strumentalizzate dagli esponenti della destra, tanto è vero che il cardinale Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana, ha sentito il bisogno di intervenire per rimettere le cose a posto. Alla domanda su come abbia vissuto personalmente gli ultimi sbarchi, ha risposto: «Che muoia un bambino e una donna di freddo mi fa star molto male».
Questo utilizzo strumentale del Papa e dei simboli religiosi da parte della destra è qualcosa di inqualificabile, quando i modi di fare e gli indirizzi di politici di questa parte politica sono agli antipodi del messaggio evangelico. E ci sono le parole di autorevoli esponenti del mondo cattolico a dimostrarlo. Già a novembre del 2019 il cardinale di Bologna Matteo Maria Zuppi pubblicò insieme a Lorenzo Fazzini un libro dal titolo “Odierai il prossimo tuo” in cui scriveva: «Ciascuno di noi ha il dovere di aiutare a costruire un futuro migliore. Siamo chiamati a lasciare il nostro segno nella Storia, “un’impronta” chiedeva Papa Francesco ai giovani della Giornata Mondiale a Cracovia, chiedendo a loro e a noi tutti di alzarci dal “divano” delle nostre comodità. […] Giovanni XXIII parlava dei “segni dei tempi”: eventi e situazioni che ci interrogano e ci chiedono di vivere la vocazione evangelica e compiere i “prodigi della prima generazione”. Senza la Storia, il Vangelo è come seme gettato fuori dalla terra buona che lo farebbe germogliare, e il Vangelo, incarnazione di Dio che si è fatto uomo, chiede proprio di incarnarci nella nostra vita e nel nostro oggi. Ci chiede di non perderci, ma di tenere in alto la luce che è stata accesa nel mondo anche per riconoscere i più piccoli fratelli di Gesù. L’immigrazione è uno di questi “segni dei tempi”. […] Sulla base di queste convinzioni, nacque a Roma un servizio della Comunità, la scuola di italiano per stranieri, rivolto anzitutto a molte donne: le prime collaboratrici domestiche e badanti (da Capoverde e dai paesi dell’est). L’altra grande opportunità di fare qualcosa di concreto fu la mensa per i poveri, che permetteva e permette alla Comunità non solo di rispondere all’imperativo evangelico di dar da mangiare a chi non ha il pane, ma anche di offrire un porto dove i tanti naufraghi della vita possano trovare accoglienza e comprensione, sentirsi ospiti e cercare di spiegarsi, luogo di amicizia che è sempre una premessa fondamentale per poter ritrovare se stessi e aiutare davvero”.
Dice don Luigi Ciotti nella sua “Lettera ad un razzista del terzo millennio”: «Perché di fronte al disumano non si può restare inerti. L’ingiustizia è di chi la commette ma anche di chi assiste e non fa nulla e non fa abbastanza per fermarla. Queste parole sono rivolte anche a te, soprattutto se sei giovane e non ancora del tutto travolto dalla rabbia e dall’insano orgoglio di essere superiore a qualcuno».