Perugia e Terni
C’è una prima differenza, macroscopica. È quella tra il clima che accompagnò l’edizione dello scorso anno dell’Anno che verrà ospitata a Terni e quello di quest’anno, quando la trasmissione Rai si è svolta a Perugia. A Terni gli unici screzi furono sulla gestione dei biglietti di ingresso per poter assistere all’evento. A Perugia invece l’opinione pubblica si è divisa prima sull’opportunità di trasformare la Sala dei Notari in camerini; poi su quella del montaggio di un palco così imponente in piazza IV Novembre; infine sulla qualità dello spettacolo andato in onda la sera del 31 dicembre. Ciò è dovuto principalmente a due fattori. A Terni l’evento venne ospitato in uno spazio privato, i capannoni dell’Ast. Le lunghe operazioni di montaggio del grande palco non coinvolsero cioè la città come bene comune e si svolsero al riparo da uno sguardo pubblico. La pubblicità della dimensione assunta dall’evento di quest’anno, contrapposta alla privatezza di quello del 2021 è stata all’origine della presa di parola di numerosi soggetti, e questo è un segno di vitalità. Se lo spettacolo presentato da Amadeus fosse stato ospitato nello stabilimento della Perugina di San Sisto, molte delle polemiche – non tutte – non avrebbero avuto ragion d’essere.
Il secondo fattore che pesa sul differente impatto dell’evento nelle opinioni pubbliche delle due città attiene alla natura dei due capoluoghi. Terni non è la cornice di un Festival internazionale del giornalismo, e da decenni ormai non vi si tiene più neanche un’appendice di Umbria jazz; non ospita neanche due Università, né è stata la patria del Perugino. Ed è una città in cui oltre a mancare una serie di eventi e strutture, per quanto riguarda il turismo sta all’anno zero. È un centro intriso e marchiato dalla grande storia del Novecento, con l’industria nel suo Dna, ma è evidentemente un’altra cosa. Un evento come L’Anno che verrà, per Terni ha (può avere) delle ragioni che si smarriscono nel momento in cui viene trasferito a Perugia. Questa è una prima mancanza di visione da parte del governo regionale, che ha invece trattato le due città come se fossero la stessa cosa, e ciò è più in generale una spia della mancanza di visione complessiva che determina l’azione della maggioranza.
Soggettivo e oggettivo
Benché la presa di parola da parte dell’opinione pubblica sia in linea di massima da salutare come segno di vitalità, a Perugia si è però assistito a una polarizzazione centrata su pulsioni personali, o comunque di parte, che non giovano alla qualità e alla salute di una democrazia. I favorevoli all’evento sono generalmente schierati con la maggioranza di destra che governa Regione e Comune; i contrari sono collocati nella maggior parte dei casi all’opposizione. Gli uni hanno cantato le lodi di una trasmissione che avrebbe proiettato la città in non si sa bene quale empireo; gli altri sono parsi voler polemizzare un po’ su tutto. Si è così arrivati a dividersi sulla qualità dell’evento trasmesso il 31 dicembre, ma la qualità è un terreno di assai difficile contesa. Io per esempio, quando ho sentito il cantante dei Modà urlare i versi «Arriverà la mia pelle a curar le tue voglie» ho provato sincero imbarazzo e subito dopo, come per un senso di difesa, mi è tornato in mente il verso «Voglio un pensiero superficiale che renda la pelle splendida», lirica degli Afterhours che considero mirabile. Se la line up fosse stata una responsabilità mia avrei sostituito i Ricchi e Poveri con i Fontaines DC, avrei invitato Nick Cave e lasciato a casa Sandy Marton, Nek e Renga avrebbero lasciato spazio ai Marlene Kuntz. Ma siamo ai gusti personali, nonostante Fontaines, Marlene e Cave rappresentano un orizzonte culturale di un certo tipo laddove Ricchi e Poveri, Nek, Renga e Sandy Marton ne incarnano uno completamente diverso. Però è evidente che non può essere questo il punto. Così come è fuori discussione che Amadeus è un professionista come ce ne sono pochi in giro.
La questione del turismo
Quello che si è perso completamente di vista sono state invece le premesse che hanno portato L’Anno che verrà a Terni ieri e a Perugia oggi. Cioè la scelta politica che le ha ispirate, che è l’unico fattore in qualche modo misurabile e in grado di fornire un criterio oggettivo per poter giudicare la bontà o meno di un investimento complessivamente di poco meno di 2 milioni in due anni, tra Regione e Comuni di Perugia e Terni. Si è parlato (e si parla tuttora) di un evento in grado di promuovere il territorio, sicché quei soldi sono stati definiti un investimento. Un esame dei dati storici che abbiamo svolto sia sul lungo periodo, sia su quello più breve confuta recisamente questa ricostruzione. Il fallimento dell’operazione sta qui: nell’aver «investito» su un asset che si sapeva (si poteva sapere) già infruttuoso. E si tratta di un investimento assai ingente. Per capirne l’entità basta ricordare che, in base agli ultimi dati di cui siamo riusciti a disporre, nel 2015 il Festival internazionale del giornalismo ha avuto 150 mila euro dalla Regione, mentre nel 2017 il Comune di Perugia ha erogato a quella manifestazione 15 mila euro. Spiccioli, in confronto a quanto si è confidato di investire sull’Anno che verrà. Siamo insomma in presenza di un governo regionale e di amministrazioni comunali che privilegiano il “grande evento” che è del tutto infruttuoso secondo la logica da essi stessi seguita. Almeno questo dicono i dati storici sull’impatto dell’Anno che verrà, che si rivela essere così un’operazione propagandistica tutta rivolta all’interno, verso il proprio elettorato, cui si è offerta l’occasione di specchiarsi in tv, potendo per di più di sbandierare la cosa come un’operazione di chissà quale portata strategica. E siamo di fronte a un personale politico che tratta alla stessa stregua territori diversissimi. Questo è il fallimento vero. Misurabile. Di cui è il caso di parlare.
La polarizzazione
Invece la polemica si è dispersa in tutt’altri rivoli, e i pasdaran della maggioranza hanno buon gioco a rintuzzare fin quando si parla di gusti personali o di scelte non misurabili. Alcuni di loro hanno condiviso trionfanti il post su facebook del sindaco Romizi con i dati Auditel, che sono stati gli stessi di sempre e che non hanno nulla a che vedere con l’arrivo successivo di turisti. Molto è dovuto al giogo dei social media, su cui si è sviluppata molta parte della polemica e su cui sono venute configurandosi le varie opinioni. Gli ecosistemi creati dai social media enfatizzano i contenuti polarizzanti poiché suscitando emozioni forti spingono gli utenti a rimanervi dentro, e questo è il vero obiettivo delle piattaforme. In quegli ecosistemi, che stanno via via plasmando anche tutto il resto del dibattito pubblico, succede quindi che si finisca per dividersi come allo stadio, in una maniera cioè del tutto irrazionale. E l’irrazionalità è la migliore alleata di chi compie scelte sbagliate fondate su idee sbagliate. Occorrerebbe, di qui a un anno, misurare se e quanti turisti in più saranno arrivati a Perugia e in Umbria. Ma non lo si farà. E se lo si farà, non si tenterà di stabilire quale sarà stata la connessione del fenomeno con i soldi che sono stati buttati oggi su un evento di assai dubbia portata. Saremo presi, a quel tempo, da un’altra polemica da social che durerà qualche settimana e destinata a essere dimenticata in poco tempo, mentre i danni delle scelte sbagliate di un governo te li porti dietro per chissà quanto tempo.
Concordo in tutto! Aggiungo: tutto questo, mentre le strade a Perugia continuano a riempirsi di buche! È scandaloso! Cosa diranno i famigerati turisti quando spaccheranno le loro auto?
Non sarebbe mica difficile raccogliere dati da esibire a fine anno; basterebbe un questionario breve distribuito agli ospiti delle strutture ricettive nel 2023, due domande:
– Sa dove si è svolto “L’anno che verrà” nel 2022?
(Almeno 5 scelte, Perugia, Terni, Matera, Genova e un altro distrattore)
– Cosa l’ha spinta a venire in Umbria
(pure qui varie scelte, inclusa l’opzione “la visione degli spot pubblicitari in tv”)
Poi basta contare.
La descrizione tranchant sulla differenza tra Terni e Perugia è dimentica del fatto che Perugino era di Città della Pieve come Pier Matteo d’Amelia era appunto di Amelia. La fama è sempre evento casuale rispetto al merito. A cui aggiungo che i Plenaristi dipingono, uno per tutti Corot, la valle incantata cioè del Nera.
Il punto non è che I perugini, e qui restringerei la lente d’ingrandimento all’urbe storica, si siano divisi sul bene comune, valore che sarebbe indifferente ai ternani (un razzismo provincialotto) il punto è perché chi ha il potere sceglie cosa fare o non fare. Che chi ha il potere è legittimato da un voto popolare consacrato alla sinistra per oltre mezzo secolo e che in una manciata di anni si è rivoltato . E giudicherà. Forse senza aspettare tanto, ma giudicherà. Alla domanda del perché un voto cambi direzione come un punto di flesso si ha ancora paura di rispondere.
Stella Carnevali, grazie per l’attenzione, rispondo schmaticamente per punti:
1) Nel tempo, Pietro Vannucci è stato così intrecciato con la città di Perugia da essere conosciuto ormai da secoli come “Il Perugino”. La fama, essendo composta di quella percentuale di casualità cui lei stessa fa riferimento, resta indifferente al fatto che egli sia nato a Città della Pieve, e su questo non possiamo farci nulla né io, né lei, né chiunque altro. E comunque non è certo questo il “cuore” dell’articolo.
2) Non ho scritto che i ternani sono indifferenti al bene comune, e mi pareva di essere stato chiaro, comunque lo dico qui con altre parole nel tentativo di farmi capire. Ho scritto che essendosi l’evento di Terni svolto all’interno di uno spazio privato, ciò gli ha tolto gran parte di quella “pubblicità” che ha acquisito invece a Perugia, dove montaggio del palco, divieti, e diretta Rai hanno avuto come cornice il cuore del centro storico e si sono svolti sotto gli occhi dei numerosi frequentatori, residenti e commercianti del centro storico, come se a Terni fosse stata coinvolta piazza Tacito, per capirci. Ciò ha determinato il differente impatto sulle opinioni pubbliche, secondo me, oltre alla natura diversa delle due città.
3) Se lei trovasse il modo di leggere Cronache umbre con maggiore cura si imbatterebbe in numerosi contenuti non teneri col potere passato, e forse anche nell’articolo “Cosa è successo all’Unbria”, e noterebbe che né a Cronache umbre né al sottoscritto è mancato il “coraggio” di tentare una risposta alla domanda del perché il voto ha cambiato direzione in questa regione.
Buona giornata
Ottimo
Analisi seria del tutto condivisibile
Due giorni fa postai su Facebook questo commento e il suo scritto mi conferma di aver avuto un idem sentire, come diceva Bossi: “Molti concittadini, non saprei se sono maggioranza o minoranza, sono rimasti molto contenti della serata, sono contento per loro! Li inviterei però a qualche considerazione. La prima: ci sono molti concittadini, non saprei se maggioranza o minoranza, che non sono stati contenti e i loro commenti andrebbero, credo un po’ più rispettati, nel senso che non si può rispondere con frasi tipo: andava fatto oppure e allora le altre volte? Servono argomentazioni e mentre mi sembra che nessuno, tra i fautori del concertone, abbia mai spiegato perché non si è fatto al Santa Giuliana, le argomentazioni contrarie sono state ampiamente illustrate. Anche se sono convintamente contrario all’evento come si dice “cosa fatta capo ha” e spero che porti beneficio alla nostra città. Gli eventi sono sempre un bilancio tra costi e benefici. In questo caso i costi sono certi (e molto alti) i benefici incerti. Saprà veramente portare più turismo a Perugia? Ne dubito e comunque gli alberghi pieni di questi giorni non ne sono la prova perchè gli alberghi erano pieni da ben prima dell’annuncio dell’evento. Oggi vedo sbandierare i dati dello share: 36,9 e mi chiedo: che c’entra lo share per definire il successo di un evento? Lo share 36,9 signifca che su 100 telespettatori un pò meno di 37 era sintonizzato sul RAIuno, ovvero 5.032.000 persone, l’anno precedente era 33,3 e pesava 6.453.000 spettatori (perchè lo share era inferiore e i telespettatori di più? semplicemente perchè l’anno scorso c’erano più persone a guardare la tivu). Siamo sicuri che questi dati porteranno successo? Lo spero per la mia Perugia ma non illudiamoci. Spero infine che non ci siano danni alla Fontana; poverina in televisione sembrava un posacenere tipo carillon. Durante la trasmissione mi ha telefonato un amico da Piacenze per chiedermi se era davvero Perugia, non la riconosceva.”
Non conosco l’evento ternano, ma quello di Perugia mi è sembrato un evento “commerciale” e basta.