Ha fatto molto parlare l’intenzione del Comune di Perugia di trasformare la Sala dei Notari in spogliatoio per i protagonisti della trasmissione della Rai in occasione della notte di San Silvestro. Oltre all’affronto simbolico-identitario, c’era il problema artistico-culturale legato all’enorme valore degli affreschi che abbelliscono la sala. La città, attraverso le sue varie articolazioni, si è mobilitata. Si è costituito un nucleo di diverse associazioni cittadine che hanno posto con forza il problema, e hanno anche ottenuto che l’opposizione di Palazzo dei Priori presentasse un’interrogazione in Consiglio comunale per chiarire la vicenda. Come avvenne in occasione dei fasci al mercato coperto, Perugia, che ha articolazioni e sensibilità che vanno ben oltre il Palazzo del potere, ha dimostrato di essere attenta e rispettosa della propria storia. Anche in questa occasione il sindaco sembra aver fiutato l’aria e prontamente si è attivato per mettere una pezza all’entusiasmo e alla voglia di protagonismo di una coalizione più attenta al dinamismo consumista che al rispetto dei beni comuni e alla coesione sociale.
Le vicende della Sala dei Notari non fanno che confermare quella che è una visione di destra che tende a valorizzare gli eventi di carattere commerciale in cui anche il patrimonio storico, artistico e culturale viene piegato alle logiche del consumismo. La festa medievale di rievocazione del 1416, Eurochocolate, gli sbaracchi non fanno che confermare la svolta consumista agevolata e intensificata dalle giunte di destra, a cui si può aggiungere la vocazione privatizzatrice di pezzi del servizio pubblico, a cominciare dalla sanità, e la visione liberista del mercato, quale regolatore assoluto delle vicende umane.
Revisionismo, sovranismo, mercato e consumismo, rimangono, con l’intolleranza, i capisaldi della svolta a destra delle amministrazioni locali umbre e incidono sulla questione culturale; segnali evidenti del modo in cui le forze al governo della Regione cercano di imporre la propria egemonia conservatrice per sostituire il sentiment liberal-progressista, solidale di cui si era nutrito il governo regionale di centrosinistra. La destra prova a costruire un clima nuovo ispirato alla triade “dio, patria, famiglia”, uno slogan che disegna l’orizzonte politico, identitario e sovranista entro cui intende muoversi per trasformare la società.
Altro aspetto da non sottovalutare è la deriva della città-capoluogo e, in forma meno evidente di tutto il territorio regionale, trasformato da luogo abitato a spazio di divertimento, una città e una regione Disneyland, ludicìhe più che vissute. L’esplosione del fenomeno dei bed and breakfast in alcune zone di pregio e nel centro storico del capoluogo e in alcuni centri più piccoli dell’Umbria, ormai venduti (spesso impropriamente) come “borghi bellissimi e vivibili”, contribuisce ad alimentare una visione commerciale ed edulcorata del turismo mordi e fuggi.
La difficoltà degli studenti a trovare alloggi adeguati a un prezzo abbordabile è una delle conseguenze più evidenti di questa trasformazione cultural-commerciale, che sta stravolgendo il territorio regionale di maggior pregio, i centri storici e le aree a vocazione turistica.
Anche l’Umbria sta cedendo al fenomeno della gentrificazione, che sta lentamente sostituendo le comunità storiche con il turismo a breve termine, un fenomeno che si è già insinuato nelle grandi città d’arte italiane. Questa trasformazione di città e territori di pregio, segue solo logiche mercantili e la diffusione degli affitti a breve termine, che garantiscono per i proprietari di immobili maggiori guadagni e meno preoccupazioni rispetto agli affitti normali, stanno aggravando il problema della casa e dell’abitare, dando luogo a un enorme patrimonio immobiliare vuoto cui fa da contraltare la carenza evidente di case popolari, con giovani e famiglie che non trovano un alloggio adeguato per vivere e studiare.
La gentrificazione sembra essere la vera responsabile della grande sostituzione, non di certo quella dei migranti, bensì un’azione che colpisce i ceti popolari e quelli più deboli, espellendoli dai centri storici e da alcuni quartieri che l’affarismo immobiliare trasforma da popolari a cool e alla moda. Questa politica contribuisce a segnare, anche attraverso la progettazione urbanistica e l’armatura urbana, la trasformazione-separazione delle comunità a favore della speculazione edilizia e la sostituzione dei residenti a favore dei ceti abbienti. Un agire che costringe i vecchi residenti ai margini o fuori dalle nuove aree del benessere e del divertimento, contribuendo a determinare le condizioni delle periferie.
La destra fa la destra, e anche cambiare i nomi ai ministeri è un segnale preciso che sottolinea una svolta culturale: sottrarre la delega del Turismo dal ministero della Cultura per affidarla alla ministra-commerciante Santanchè è la conferma, “il simbolo” di una visione commerciale, consumista e classista, a cui è strettamente collegata la trasformazione urbana e quella immobiliare.
La gentrificazione e le città e i territori trasformati in enormi “Disneyland”, dedicati al consum, al lusso e al divertimento, rientrano nella differenza tra destra e sinistra, contribuendo ad alimentare le diseguaglianze, quelle che Bobbio indicava come il grande spartiacqua tra libertà e giustizia sociale, tra l’essere di destra o di sinistra.
Egemonia culturale, svolta iperconsumista, scempio del territorio e della comunità, separazione classista, sono tra i mali striscianti e pericolosi con cui misurarsi e intorno ai quali ricreare e coinvolgere una comunità pensante e reattiva, capace di proporre dal basso, dal territorio, una politica alternativa, a partire dalla ricomposizione di una comunità aperta, inclusiva e solidale.
Poi di che meravigliarsi!? La destra fa cose di destra, come annunciato, semmai il problema è cosa fa la sinistra, l’opposizione e, aggiungerei, gli intellettuali, in Umbria drammaticamente assenti.