Il Comitato promotore della Marcia Perugia Assisi ha diffuso un documento che è importantissimo divulgare perché esce dal coro di chi vuole continuare ad armare senza fine l’Ucraina. Vale la pena citarne alcuni passi: «Ottenere il “cessate-il-fuoco” vuol dire fermare i combattimenti e promuovere la de-escalation militare. Sappiamo che è difficile ma necessario. Per questo dobbiamo fare ogni sforzo per ottenerlo. Per ottenere il “cessate-il-fuoco” servono autorità, visione, proposta (capace di offrire un domani migliore di ieri per tutte le parti in conflitto), volontà di collaborare e potere persuasivo. Sarà necessaria la pressione di molti. Nessun paese può fare da solo ma ciascuno può e deve fare il massimo sforzo. L’Italia può essere il primo paese che promuove apertamente le proposte di Papa Francesco». Nel documento si riassumono anche alcuni dei punti dirimenti di una proposta possibile, che riguardano le azioni che governo, Parlamento e presidenza della Repubblica possono mettere in atto, eccoli: «1) promuovere, favorire, accettare trattative ad ogni livello e in ogni tempo; 2) promuovere un’iniziativa politica dell’Unione Europea; 3) promuovere un’iniziativa politica dell’Osce (investire sul dialogo e il negoziato multilaterale,…); 4) promuovere un’iniziativa politica dell’Onu (tornare a investire sull’Onu, ricostruire credibilità e capacità di intervento per la pacificazione in tutti i drammatici conflitti che si susseguono nel mondo, Conferenza mondiale della pace..) e, a tal fine, promuovere un serio dialogo con la Cina; 5) avviare un serio confronto con tutti i paesi alleati; 6) costruire una coalizione internazionale di “Costruttori di Pace” con i paesi che intendono ottenere il cessate-il-fuoco; 7) “mettere al lavoro” statisti, premi Nobel, esperti, possibili mediatori internazionali… per ricercare, con creatività, soluzioni; 8) promuovere un’informazione che si prenda cura del vero e alimenti il dialogo anzichè l’odio. Nel frattempo – si legge ancora nel documento – continuiamo ad inviare armi? Aiutare l’Ucraina è giusto. Ma siamo sicuri che lo stiamo facendo nel modo giusto? Il continuo invio di armi occidentali (insieme ad una vasta assistenza militare) all’Ucraina ha contribuito a contenere l’avanzata dell’esercito russo, ma è un’illusione pensare che basterà a respingerlo oltre i confini. Le armi che inviamo non bastano mai. Ora siamo arrivati ai carri armati. Ma gli ucraini già chiedono i cacciabombardieri, i missili a lungo raggio. Quali altre armi siamo disponibili a inviare? Per quanto tempo ancora? Quale strategia politica e militare sta guidando i nostri invii di armi? Quanti soldi siamo pronti a spendere ancora? Quanti ne abbiamo spesi sino ad oggi? A quali servizi pubblici abbiamo sottratto questi fondi? A quali urgenze locali, nazionali o mondiali?».
Fin qui il documento. C’è un punto dove non concordo con l’appello ed è il ritiro della Russia dalle regioni occupate. In quelle c’è un consenso delle popolazioni russofone fino a qualche mese fa perseguitate dai nazisti ucraini e tutto questo è documentato e fatto passare da tutti i media occidentali nel dimenticatoio. Perché? in questi giorni ho avuto modi di sentire una mia amica che vive in Italia ed è tornata in Ucraina, e per precisione a Melitopol, nella regione di Zaporizzhia, dove vive la mamma. Le ho chiesto di sentire le persone e mi ha risposto: «La gente non vuole parlare, ha paura che gli ucraini tornino. La società è spaccata in due. È guerra civile. Un mio compagno di classe che aveva già partecipato nel 2014 alle manifestazioni filorusse poi ha dovuto tacere perché era troppo pericoloso esprimere la propria opinione».
Questa è la situazione, si vive nel terrore. Molti analisti politici infatti, fanno risalire alla progressiva penetrazione della Nato verso le frontiere russe la percezione di insicurezza strategico-militare che avrebbe spinto Putin all’invasione del vicino; una scelta estrema decisa al propagarsi di voci circa una possibile candidatura anche del Governo di Kiev ad entrare nell’Alleanza atlantica. C’è sicuramente del vero in tale analisi, come reali sono le responsabilità di entrambe le parti nell’affossamento degli accordi di pace e sicurezza di Minsk, seguiti alla crisi dell’annessione della Crimea da parte russa nel 2014. Nella proposta di Cessate il fuoco dei promotori della marcia della pace questo punto è ben specificato, e vi si sottolinea che occorrono «un impegno di neutralità e rinuncia all’arma (o a una protezione) nucleare da parte dell’Ucraina in cambio di una garanzia internazionale della sua integrità territoriale; un impegno da parte del governo ucraino di ristrutturare il paese sulla base di uno Stato federale rispettoso delle culture locali in applicazione del principio di sussidiarietà sul modello svizzero; l’istituzione di una Commissione per la Verità e la Riconciliazione sotto l’egida delle Nazioni Unite (guerra 2014-2023); la ricostruzione di un sistema di sicurezza in Europa (il dialogo multilaterale dovrà portare ad una “Helsinki 2” come proposto dal presidente Mattarella nel discorso pronunciato all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa il 27 aprile 2022); l’allestimento del sistema di sicurezza collettiva previsto dal capitolo VII dalla Carta delle Nazioni Unite».
Come abbiamo visto ci sono le possibilità per imboccare la strada della Pace. L’Italia e il nuovo Pd quando ci sarà, dovrebbero cogliere l’occasione e distinguersi in Europa per perseguire questa via con decisione e determinazione fino ad ottenere qualche risultato, ciò ci darebbe una nuova credibilità internazionale come quando di fronte alla Nato stavamo a schiena dritta.
Del resto, «il tempo sta per scadere mentre il mondo si avvicina al collasso e i Paesi devono cambiare rotta prima che sia troppo tardi», come ha detto António Guterres, segretario generale dell’Onu, lo scorso 6 febbraio.