Umbertide, piazza Matteotti
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Il moto inerziale di Umbertide

 

«Ma qui funziona tutto! Non capisco proprio perché questo Comune sia stato sciolto». Approssimativamente queste le parole pronunciate a Umbertide dal commissario prefettizio Castrese De Rosa al suo insediamento nel 2018. Battute che spiegano come le vicende amministrative dell’antica Fratta (il nome della città usato fino al 1863) derivino dai guasti profondi che hanno ridotto al lumicino le rappresentanze politiche e istituzionali espresse da quello che è stato il più forte movimento di trasformazione politica e sociale in Italia.

E così la macchina amministrativa comunale ha continuato a funzionare senza grandi scossoni, prima con il commissario, poi con la sindacatura Carizia. Ciò che interessa è proprio la storia di questi cinque anni. A cercare le dinamiche di profondità che hanno guidato l’attività comunale si può intuire la prevalenza di un moto inerziale. Le cose sono andate avanti senza grandi scossoni per il “senso dello Stato” espresso dagli apparati tecnici e burocratici di cui il Comune era già dotato: hanno svolto un ruolo di “scuola guida” per una maggioranza completamente digiuna di esperienza amministrativa. Un sospetto rinforzato dall’insolito comportamento che si è registrato nei Consigli comunali: le delibere da approvare (scritte dai vari uffici) non venivano spiegate e motivate politicamente dai vari assessori, ma semplicemente lette.

Covid e Pnrr

In un quadro del genere la paralisi totale imposta dal Covid-19 ha, paradossalmente, alleggerito le responsabilità di governo locale, confuse con il gran guazzabuglio di regole e norme arrivate dall’alto per arginare la pandemia. Quella che ha fatto scattare anche il Piano nazionale di ripresa e resilienza vale, per Umbertide, 5 milioni di euro, quelli con cui sono stati annunciati interventi come: una passerella sul Tevere, il restauro del centro San Francesco e della Santa Croce, la realizzazione del nuovo asilo-nido, la sistemazione di piazza Mazzini, una pista ciclabile fino all’abbazia di Monte Corona.

Il centrodestra al governo con i progetti del centrosinistra

Nei cinque anni trascorsi il centrodestra si è trovato, invece, ad attuare scelte derivanti dalla precedente amministrazione. Qualche esempio: la realizzazione della scuola materna “Marcella Monini”, struttura pensata con criteri al passo con i tempi, architettura innovativa e attenta alla funzione educativa degli spazi e dei luoghi; la sistemazione della serra “Orti felici”, uno spazio di integrazione per decine di persone adulte con disabilità che, tra l’altro, si impegnano nella coltivazione con metodi biologici; il recupero e messa in regola degli edifici realizzati nell’area della ex-fornace. Meno una cosa: la costruzione della moschea. E non sarebbe stato possibile altrimenti con un sindaco espresso dalla Lega. Il resto è andato avanti per abbrivio, per di più con il freno a mano tirato: il Centro San Francesco senza consiglio di amministrazione, il teatro dei Riuniti al minimo dei finanziamenti, il centro espositivo della Rocca con attività a costo zero, la “Festa garibaldina” con sostegno pubblico minimo. Ma non è solo il settore culturale che non ha più trovato sponda nell’amministrazione comunale per mantenere la vivacità minima indispensabile dei poli produttivi del nuovo welfare: agli Istituti riuniti di beneficenza (Azienda pubblica di servizi alla persona, Apsp) le proposte innovative avanzate dalla presidente del consiglio di amministrazione nominata da Carizia l’11 settembre 2018 poco dopo l’elezione a sindaco, hanno trovato un muro nella Giunta municipale inducendo la suddetta alle dimissioni volontarie, il 24 agosto 2020. Altra “perla” la totale indifferenza nei confronti delle proposte emerse, con un dettagliato documento, dal Centro di aggregazione giovanile alla ripresa post Covid.

I guasti dei personalismi

Un quadro poco incoraggiante la cui origine va ricercata ben prima del 2018, quando dilagavano i personalismi non più “arginati” dall’ideologia: questa ha avuto l’innegabile merito di essersi trasformata in cultura dell’interesse e del bene comunitario. Era questa la forza profonda che portò quello italiano a essere il più votato partito comunista dell’Occidente: non si spiega altrimenti come la “piccola Russia” (così veniva considerata Umbertide fino 10 anni fa), abituata a votare a sinistra con le famose percentuali bulgare, abbia deciso di mettersi nelle mani di una compagine guidata da un sindaco leghista nella cui maggioranza figurano anche persone elette con una lista di sinistra. La confusione è (tuttora) grande, ma la situazione non sembra eccellente, soprattutto se chi vive a Umbertide riesce ancora a ricordare la propensione al futuro di una comunità innovativa e poco timorosa delle trasformazioni, anche quelle geo-demografiche: 2.447 persone, il 15 per cento della popolazione, hanno origine fuori d’Italia. Peraltro anche con una tendenza al calo: erano 2.723 nel 2016.

Un crocevia di culture

Qualche riflessione sugli anni in cui Umbertide guardava al futuro: vogliamo parlare della rete territoriale di cooperative di cui il Molino popolare umbertidese era uno dei motori? Sarà il caso di ricordare l’intuizione che innestò nelle fiere di settembre una delle prime rassegne dedicate all’agricoltura biologica? E che dire del movimento educativo che (per fortuna) continua a pervadere il sistema scolastico locale, dalla materna alle superiori? C’è qualcuno che ha rimosso l’esperienza di Rockin Umbria? O del “New English Cinema Film Festival”, direttore artistico il londinese Ed Lewis? Progetti culturali che avevano fatto di Umbertide un polo di attrazione per il mondo giovanile (e non solo), grazie a programmi perfettamente all’altezza di qualsiasi rassegna di rango europeo. È rimasta nella memoria degli ora non più giovani una mitica serata in piazza Matteotti, alla presenza dell’allora presidente della Regione, con Donald Sutherland e Werner Herzog sul palco di Umbertide per presentare “Schrei aus Stein” (Grido di pietra), film girato da quest’ultimo sul Cerro Torre in Patagonia. Un’atmosfera emozionante, in grado di incoraggiare le giovani generazioni a pensare qui il proprio futuro, magari dopo un’esperienza di studi e apprendimento lontano da casa: esattamente quello che servirebbe al tessuto industriale locale. Qui ancora forte in un settore d’avanguardia come l’automotive e che, nella vicinissima Montone, si sta affacciando sul vasto mondo dell’Information technology. Quella appena proposta è solo una lettura parziale della realtà umbertidese degli ultimi anni: è su questa che dovrebbero riflettere le persone chiamate a votare il 14 e il 15 maggio prossimi. aTutto senza dimenticare le vicende (ben poco edificanti) che hanno mandato in frantumi il blocco di sinistra egemone per settant’anni consecutivi. Di certo la tentazione di non recarsi alle urne sarà molto diffusa.

In copertina, Piazza Matteotti (foto da wikimedia commons)

 

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