L’epilogo non poteva che ripagare la tracotanza di tutti e la lettura indistinta di alcuni con la vittoria del più tracotante, che ha almeno la virtù di rimarcare questa sua caratteristica senza mistificarla. Una vittoria sancita da chi ha preteso di vedere differenze laddove i lungimiranti condottieri del progresso che non c’è si sperticavano a dimostrare, tramite la metafora abusata e fuori luogo delle due facce di una sola medaglia, che il male minore non c’era perché così avevano deciso di fronte alla manifesta incapacità di elaborare il lutto della sconfitta. Dopo aver scavato con tenacia la buca hanno deciso di infilarcisi dentro e sotterrarsi in attesa di un domani che tutto cambierà, in cui niente sarà uguale e in cui tutti potranno coabitare felicemente con le reciproche differenze. Un domani che come ogni primavera che si rispetti, farà uscire dal rigido e uggioso dell’inverno.
Già, domani. Perché oggi è inverno pieno, oggi infuria la bufera e fischietta la sinistra allargata, anche quella di chi di sinistra non si sente ma progressista si certifica, con la testa rotta e le pantofole calde a proteggere gli statici piedi. A contare i numeri emersi dal ballottaggio, che altro non sono che l’essenza delle democrazie rappresentative, a confrontarli con quelli usciti dal primo turno, ci sono almeno quattromila cittadini non certo di destra che non si sono arresi al pensiero, succube più che debole, di non giocare la partita degli altri; degli altri solo perché si era usciti umiliati alla fine del primo tempo di quella che fino a quel punto era stata in realtà la madre di tutte le partite. In quattromila insomma, hanno messo una croce, a occhi chiusi e naso turato, sul male minore semplicemente perché caratterizzato da un punto interrogativo a differenza del punto esclamativo della filiera della destra centro incarnato da Masselli.
Il fare amministrativo di Bandecchi non è oggi misurabile – se non con proiettivo vaticinare dissertando sulle roboanti modalità di propaganda, sui modi spigolosi di annunciazione, sullo storico retaggio di provenienza – in quanto mai è stato affaccendato direttamente in tali faccende. La logica di potere della filiera della destra centro invece, non solo è misurabile, ma è l’avversario di ogni cuore che pulsa e di ogni testa che si riconosca nella genericità della sinistra e/o del progresso. Il punto esclamativo della destra centro sancisce perentorietà, il punto interrogativo del neo sindaco propone dubbio. Per renderli indistinti il buon Kenny (e non Spinelli) e l’indomito De Luca (e non Fiorelli) hanno trasformato i dubbi in certezze e le certezze in dubbio.
Quindici giorni passati a tentare di dimostrare l’indimostrabile, cioè l’equivalenza farmacologica tra Masselli e Bandecchi; tra la formazione del Consiglio comunale con Masselli sindaco (Lega presente, Forza Italia con i quattro moschettieri e Pd e M5S con un consigliere in più rispetto all’altra alternativa), e il Consiglio comunale con Bandecchi sindaco (Lega zero consiglieri, Forza Italia con il solo D’Artagnan, e Pd e M5S con un consigliere in meno); tra il programma di Bandecchi, accusato più volte di plagio in particolare dai 5 stelle (riequilibrio territoriale e canoni idroelettrici su tutti), e quello della filiera degli amici del ragionier Masselli, che mai nessuno da quest’altra parte della barricata ha visto come collimante con il proprio, neanche su singoli punti.
E si potrebbe andare avanti fino a quel domani bene rifugio al pari dell’oro per lo sconclusionato e fantomatico campo largo, ma la realtà delle cose ci impone di partire dall’oggi senza cui quel domani finisce con l’identificarsi con l’orizzonte di Galeano il cui unico fine è camminare tanto per camminare, senza mai raggiungere nulla. Ci impone di partire, tornando alla virulenza acritica e interpretabile dei voti visti come numeri, dall’evidenza dei seimila voti in più presi da Bandecchi nel secondo turno rispetto al primo. Dando per scontato, (s)ragionando a spanne, che il neo sindaco abbia mantenuto inalterati i suoi, preso i mille voti mancanti di Masselli e i mille presi da Cianfoni e Fiorini nel primo turno, mancano all’appello quattromila voti che non possono non venire che dalla galassia della non destra e del non centro. Parte di quell’elettorato, insensibile ai richiami dei partiti ha deciso di decidere, invece che far decidere gli altri; non si è limitato a prendere atto dell’incapacità manifesta dei propri rappresentanti, ma ha lanciato loro un messaggio inequivocabile: nulla è indistinto, tutto si regge sulle differenze, seppur piccole. La partecipazione, che non demonizza l’astensionismo, va praticata fino in fondo.
Certo il punto interrogativo di oggi (il fenomeno Bandecchi) può trasformarsi nel peggior punto esclamativo di domani, ma l’unica cosa certa oggi è il punto esclamativo della filiera della destra, che vince in ogni dove tranne a Terni; filiera a cui in conca non rimane che ammettere, parafrasando la forma espositiva propria del candidato sindaco e uscendo dal tunnel della supponenza che li ha portati a considerare una città piegata su sé stessa come proprietà privata: è stato perso.
Non ha perso la politica cari Masselli, De Luca e Kenny, è stato perso da voi, come classe dirigente trasversale, tutti voi così intenti a difendere il vostro orticello preteso come bene comune avete lasciato la città in balia delle “promesse dell’altro”, che per quanto irreali sono sempre più commestibili della miseria dei vostri risultati. Siete stati travolti facendo travolgere l’intera città non dall’antipolitica, ma da chi è stato capace di evidenziare limiti e difetti della politica, facendo politica in altro modo, richiamando la Dc come modello di gestione. Altro che antipolitica, Bandecchi è stato l’unico, certo con un riassumere tipico del Bignami, a parlare un po’ di politica richiamando a un modello di ieri da trasporre nel domani partendo da oggi. Lui ha vinto, voi (e noi con voi) perso, la politica non perde mai, a perdere sono i suoi maldestri interpreti e i cittadini mal rappresentati.
Uscendo dalla conca, lo schiaffo preso in ogni dove rischia di ridare il fiato alla “reazione progressista” anti/Schlein, visti i falchi che non vedono l’ora di tornare a volare come avvoltoi sulla sua carcassa. Non servivano queste elezioni a dimostrare tanto l’insufficienza del partito nato come maggioritario e a sé stante nella testa di Veltroni e della sua classe dirigente quanto l’inconsistenza della non prospettiva grillina. A sinistra, o meglio nel campo largo, si potrà tornare a coltivare certezze piantando speranze solo superando una volta per tutte gli attuali contenitori, creando un un nuovo soggetto che non sia semplice sommatoria di realtà inconciliabili, ma prodotto di istanze politiche (dal reddito alla sanità universale passando per la scuola pubblica e il salario minimo con la transizione ecologica come punto fermo e la libertà di movimento dei migranti come fondamenta), di bisogni da soddisfare e di desideri da amplificare. Un processo di rigenerazione urbana che prevede scomposizione, se non deflagrazione dell’esistente, un processo non rinviabile che non può che essere sostenuto, indotto, sollecitato, provocato dalla partecipazione di tutte quelle singolarità molteplici organizzate in gruppi più o meno informali che vedono lo spazio pubblico e il bene comune come terreno di lotta e di politica al di fuori dei palazzi. Un agire collettivo di strada, di mare e di piazza in grado di – tanto per non lasciare Galeano in pasto ai politici e metterlo in buona compagnia zapatista – camminare domandando, inseguendo quell’orizzonte chiamato utopia. Fino a quando così non sarà, tutto sarà indistinto per nostra miopia, tutto non sarà differente per vostro endogeno limite.
Report del 5 giugno ha dedicato un cospicuo spazio a Stefano Bandecchi.
Mi piacerebbe conoscere una valutazione sul personaggio da parte di Simone Gobbi Sabini di cui ho attentamente letto i due articoli pubblicati da Cronache Umbre.
Lo dico senza alcun “retropensiero” perché, al di là della distanza che sento per chi ha costruito le sue fortune sul “gioco affaristico delle tre carte” , Bandecchi risulta pericolosamente “accattivante”, almeno nella sua resa televisiva.
Andrea Chioini
Ciao Andrea, provo ad andare per punti:
Quando scrivo un ballottaggio più vicino alla distopia che alla realtà virtuale lo faccio non per enfatizzare ma per dare senso alla realtà delle cose. Di Bandecchi ho un pessimo giudizio da tempi non sospetti, credo che il primo articolo scritto su Ternana e Bandecchi sia uscito su Ribalta, prima che l’intero consiglio comunale gli rendesse l”onore della cittadinanza. Per tre ragioni fondamentali : 1)il suo essere er mejo der mazzo solo perchè milionario con il postulato assiomatico che ogni suo volere deve essere legge ogni suo sottoposto (tutti tranne Berlusconi e pochi altri a sentirlo su report) soldatino obbediente e ogni suo dire ordine
2) la innata capacità/volontà che ha di barbarizzare ogni tipo di discussione di trivializzare il trivializzabile di umiliare ogni dialogicità (figurarsi la dialettica) in nome della teocrazia del fare che non può prevedere il lusso del dire e soprattutto del ridire a uso e consumo di una platea con la bava alla bocca lasciata abbandonata a sé stessa che proprio per questo tende senza più nord nella propria bussola a dare merito a tale inqualificabile atteggiamento soprattutto perchè paragonato al manierismo perbenista di facciata di tutti gli altri (vizi privati pubbliche virtù)
3) Il suo essere un centrista di convenienza e un “fascista” di fatto o se ci si vuole girare intorno uno a cui stanno sul cazzo i comunisti, tanto che durante un dibattito elettorale dopo essersi dichiarato il più comunista di tutti, si è stato immediatamente sul cazzo da solo (ndr).
Detto questo ha tagliato la politica ternana a fette sfruttando ogni debolezza e ciascuna protervia altrui. Ha guidato un camper e girato i quartieri popolari quelli in cui la sinistra tutta non riesce più nè a parlare nè tanto meno a farsi ascoltare magari distribuendo illusioni vestite da promesse come gran parte degli altri d’altronde, Continuo a non capire perchè si sia candidato sovraesponendosi e uscendo da quel rifugio dorato dell’elargitore di denari trasversali verso la politica e non solo che lo ha reso benefattore universale e cittadino onorario, una posizione perfetta che garantiva potere e anonimato, fama benevola e potenza di indirizzo notevole. Qui mi fermo perchè si entrerebbe in un ginepraio dietrologico infinito. Due ultime considerazioni: la sua discesa in politica lo ha trasformato da angelo in demone ; il suo successo è la dimostrazione più lampante della crisi irreversibile della sinistra a livello europeo e della protervia da bottegai accecati da sé stessi della destra ternana. Il vero dramma in tutto ciò uscendo dai ristretti orizzonti di conca è la sconfitta della Colau a Barcellona, altro che le mancate alleanze del campo largo la crisi ha radici profondissime quindi o si inizia a scavare e soffrire o ci troveremo non di fronte a un distopico ballottaggio tra due destre ma immersi in una distopica società che non ammette alternativa