Terni, i giardini della Passeggiata
Temi

Non ci sono scorciatoie per Terni

 

Le pattuglie di “ricercatori sociali“ in divisa di vigilantes che percorrono la città, risultato di un accordo tra società Unicusano (di cui Stefano Bandecchi è proprietario e di cui tornerà ad essere, secondo i suoi annunci, a breve, presidente e legale rappresentante) e Comune di Terni (di cui Stefano Bandecchi è sindaco pro tempore e legale rappresentante) ripropongono il tema del conflitto di interessi e della incompatibilità acclarata e certificata dalla Segreteria generale comunale (epurata in men che non si dica) e dal ministero degli Interni. Il tema era già squadernato dinanzi a tutti al momento della presentazione delle candidature e della campagna elettorale della scorsa primavera. Ma, singolarmente, non è stato mai centrale nel confronto preelettorale. Parlarne durante la campagna elettorale, è stato considerato dagli altri contendenti sconveniente, quasi inopportuno. Non si è trattato di sola sottovalutazione. È che gli altri contendenti, o meglio tutte le principali forze politiche cittadine, ovunque fossero collocate, in maggioranza o in minoranza , negli anni passati, hanno accettato senza mai obiettare il progetto stadio-clinica come Il Progetto per Terni, la panacea di tutti i mali, la soluzione salvifica. La maggioranza di centrodestra in omaggio alla ideologia del lasciar fare al mercato, qualunque cosa esso proponga, la minoranza per ragioni di consenso. La minoranza ha addirittura presentato interpellanze in consiglio comunale, accusando la maggioranza di centrodestra di andare troppo lentamente per il progetto stadio clinica. Il voto del consiglio comunale sul progetto, che ha costituito anche dichiarazione di pubblico interesse, ha visto tutti i gruppi consiliari favorevoli, in prima istanza. Quando alla fine della scorso anno, appena dopo le elezioni politiche, la Conferenza dei servizi indetta dalla Regione ha approvato il progetto con l’esclusione della clinica, il capo politico regionale del M5S ha detto che si trattava di una decisione che negava il riequilibrio regionale e che Terni avrebbe fatto bene ad uscire dall’Umbria. Dunque, il successo elettorale di Bandecchi è stato costruito, in un percorso lungo diversi anni, e ha goduto di un forte trasversalismo.

È uno dei non pochi rimossi in quel che resta del discorso pubblico della città di Terni dopo le elezioni amministrative del maggio scorso. Sarà l’accavallarsi degli eventi, o forse peggio, la “dittatura del presente”, ma l’analisi di quello che è accaduto alle elezioni amministrative a Terni è stata, nel migliore dei casi, oggetto di dibattiti rigorosamente interni ai partiti e assai limitatamente oggetto di pubblica riflessione. Vale la pena invece tornarci sopra.

  1. Al primo turno, il 14 e 15 maggio, il centrodestra ha perso più di 8 mila voti, tra Comunali 2018 e Comunali 2023. Un elettore su tre. E questo nonostante il vento in poppa del governo nazionale, la sfilata di ministri, il dispiegamento di risorse economiche ingenti. È una bocciatura netta e inequivocabile della Giunta di centrodestra, del suo operato, e un segnale netto anche per la Giunta Tesei, di cui i ternani hanno potuto particolarmente “apprezzare” le politiche sanitarie. Tanti erano stati i segnali che il clima per la Giunta Latini-Masselli era molto cambiato. Il centrodestra, già alle Politiche di settembre 2022 registrava la perdita di duemila voti rispetto alle Comunali del 2018 e addirittura, rispetto al punto più alto raggiunto dal centrodestra a Terni in tempi recenti, cioè alle Regionali nel 2019, perdeva seimila voti. Se si confronta questo punto più alto, pari a circa 29 mila e 500 voti del 2019 e queste Comunali, in cui Masselli ottiene 17 mila 300 voti, il centro destra perde oltre 12 mila voti. Se ne erano resi conto anche loro, tant’è vero che il sindaco uscente Latini non è stato ripresentato.

  2. Il 65 per cento dei votanti al primo turno ha bocciato il centrodestra. Corrisponde a circa 29 mila 500 elettori. La metà, quasi, (più di 13 mila circa contro meno di 16 mila circa ) di coloro che hanno espresso questa valutazione critica verso la Giunta di centrodestra, non ha preso in considerazione quelli che hanno condotto per cinque anni l’opposizione. Hanno preferito un “nuovo venuto”, che ha annunciato la sua candidatura solo qualche mese prima e in qualche mese ha messo su quattro liste. Questo nuovo venuto è stato anzi quello preferito dagli elettori, tanto da ottenere un risultato migliore di ciascuno di quelli che rappresentavano l’opposizione degli ultimi cinque anni.

  3. Dunque il primo turno ha bocciato chi ha governato ma anche l’opposizione presente in Consiglio comunale negli ultimi cinque anni, in un sol colpo. Il Pd ha preso 400 voti in più del 2018, che era stato il punto più basso degli ultimi anni, ma ne ha persi 3.700 rispetto alle Politiche di settembre 2022. Il M5S ha perduto oltre 9.300 voti rispetto alle precedenti comunali, da 12.300 a 2.900 voti. Quindi è stato lasciato da tre elettori su quattro. Ma ha perduto anche 4.800 voti rispetto alle Politiche 2022. L’area a sinistra del Pd – circa tremila elettori in tutto – ha tenuto un po’ meglio sia in alleanza con il Pd sia in alleanza con il M5S. Ma nulla di esaltante. Con uno sguardo d’insieme, un terremoto elettorale.

  4. Il secondo turno, il 28 e 29 maggio, ha registrato un vistoso calo di partecipazione. In tutto ha votato il 43 per cento degli aventi diritto, il 13 per cento in meno della percentuale (già ridotta rispetto a tutti gli ultimi turni elettorali dal 2018 in poi) che aveva votato al primo turno. La partecipazione più bassa e lo scarto più alto tra primo e secondo turno di tutti i capoluoghi chiamati al voto. Una differenza percentuale che, tradotta in numeri, significa circa 11 mila votanti in meno. Poi ci sono 1.800 schede tra bianche e nulle (500 in più del primo turno). Almeno i 2/3 degli elettori di Kenny e di Fiorelli si sono chiamati fuori dalla scelta tra i due sfidanti. Bandecchi ha preso 19.700 voti, oltre 6 mila in più rispetto al primo turno. Masselli ha ottenuto circa 1.000 voti in meno del primo turno. Certamente quindi Bandecchi ha raccolto una parte – sia pur minoritaria – dell’elettorato progressista, oltre ad aver pescato in altre aree, tra cui la stessa destra.

Qual è la spiegazione del risultato conseguito da Bandecchi? C’è la delusione per un cambio di direzione mai inveratosi, per un annuncio di rinascita non mantenuto, per la mancata svolta promessa. C’è l’enfasi costruita intorno al personaggio e al progetto stadio-clinica. C’è il grande dispiego di risorse economiche di cui il candidato-presidente è stato capace, con una campagna comunicativa imponente, seguita alle molte elargizioni benefiche dei mesi passati che hanno spaziato dalle manutenzioni di spazi pubblici a vacanze di minori in difficoltà. C’è l’abilità di aver fatto passare per operazioni di salvataggio l’acquisto di rami di impresa come quello del produzione di pane di Interpan, che era il ramo profittevole di una società ben più ampia ed articolata che è rimasta in stato di fallimento. C’è stato un sostegno di forze economiche, anche perchè la Ternana Calcio ha un sistema di fornitori locali. Quello che ha più di tutto convinto una parte di elettorato cittadino, anche di quello progressista, è, a mio avviso, è la polemica antiperugina. «Mai più schiavi di Perugia» recitava il claim della campagna elettorale di Bandecchi. A Terni è molto diffusa e trasversale la convinzione che il declino della città sia responsabilità del capoluogo di regione e che Perugia abbia utilizzato proditoriamente a suo vantaggio le risorse destinate all’Umbria, a scapito del secondo capoluogo di provincia. Che questa tesi non sia mai stata suffragata da analisi oggettive poco importa. Essa però è stata proclamata ai quattro venti, per un lungo periodo di tempo, e ha dato luogo a un vittimismo campanilista che non ha trovato convincenti ostacoli. La destra se ne è ampiamente alimentata, fino al 2019, la sinistra l’ha, più o meno controvoglia, fatta propria. Della fine della società industriale, della globalizzazione e della rivoluzione tecnologica, cioè delle vere cause per cui il modello economico e sociale di Terni è entrato in crisi, a partire dall’inizio degli anni ottanta del secolo scorso, Perugia non porta alcuna specifica responsabilità. Ma una nuova forma di campanilismo, la competizione tra territori contigui, è l’altra faccia della globalizzazione, corrisponde alla percezione dell’allontanamento, fisico e politico, dei centri decisionali che sempre più hanno influenza sulla nostra vita e costituisce una delle forme di reazione a questo allontanamento. Siamo al centro di quello che gli studiosi chiamano la crisi della democrazia. Bandecchi si è collocato dentro questo sentimento, avendo intuito la forza trascinante di questo tema. Ed è stato preferito alla destra perché proprio la coincidenza della coalizione di governo a livello locale e regionale è motivo di impedimento per affermare con la necessaria forza le ragioni di Terni ai tavoli regionali. La caduta verticale- pur iniziata prima del 2018 – della sanità ternana in questi cinque anni, ne è, peraltro, l’incontrovertibile prova.

Il negativo risultato dell’area progressista ha in questo aspetto una parte della spiegazione. Ma vi è di più. Il centrosinistra porta lo stigma del buco finanziario che ha provocato la dichiarazione di dissesto del Comune, nel 2018. I numeri sono ballati, prima e durante la campagna elettorale, arrivando a cifre ben superiori a quelle contenute nella stessa dichiarazione di dissesto di cinque anni fa. Perché? Nessuno del centrosinistra ha saputo darne spiegazione. Per la verità, il balletto dei numeri si protraeva da anni, ma nessuno del centrosinistra ha ritenuto di dover intervenire in merito. Una implicita presa di distanze dalle ultime amministrazioni di sinistra, rispetto a cui tutti hanno preferito mostrarsi “nuovi”. È molto più semplice e comodo. Questa presa di distanze ha incluso un intero periodo storico, che è stato buttato via con l’acqua sporca.

Non più efficace è stata la lettura della fase che la città attraversa. Una città in cerca di prospettiva non può accontentarsi di un elenco di “no” . L’impostazione sostenuta dall’alleanza Movimento 5 Stelle – lista Bella Ciao era centrata sugli impianti del trattamento rifiuti: «Terni non deve diventare il liquamificio dell’Umbria», «non vogliamo altri inceneritori». Affermazioni giuste, ma tutte derivanti da una visione più protestataria che propositiva. L’alleanza a sostegno del professor Kenny non è stata meno incerta sotto il profilo della visione, del programma e del messaggio. Si è mancato di declinare la prospettiva della transizione ecologica come asse per costruire un nuovo modello di sviluppo economico e sociale. Lo si è proclamato, ma con scarsa convinzione e con ancor minore coesione. Quindi si è ripiegato sulla raccolta fotografica dei candidati, che non ha niente di male in sé, se non fosse perché tradisce l’idea che visione e programmi nulla contano; contano invece le persone, riflesso condizionato di una stagione politica che è alle nostre spalle.

Se l’area progressista si fosse presentata unita, oggi la situazione politico-amministrativa sarebbe diversa? Forse. Una alleanza sarebbe stata probabilmente più competitiva. La sfida più difficile però era quella di avanzare una prospettiva convincente. A questo cimento, per lo più, l’area progressista è sfuggita.

Bandecchi a suo modo una prospettiva l’ha indicata. Andare oltre la città industriale, il turismo, lo sport, e poi la capacità gestionale, propria dell’imprenditore di successo. Una narrazione molto prossima ai luoghi comuni del mainstream, nazionale e locale. Una via d’uscita comoda, perché deresponsabilizzante. La richiesta di consenso, per Bandecchi, è stata una richiesta di delega: “ci penso io, voi non dovete fare nulla, vi dovete soltanto affidare“. Questo è probabilmente l’aspetto più deteriore, più diseducativo e più sconfortante culturalmente di questo successo. Peggio, persino, del suo linguaggio scurrile e delle sue ardite incursioni in campo storico e filosofico, tali da rendere altrettanto ardito sostenere che si tratti di un “antifascista“. Niente a che vedere con l’idea di una città generativa che coniuga sviluppo sociale e sviluppo economico, come ha provato a propugnare il centrosinistra, con grande timidezza. Non si sono scorciatoie per Terni, che non siano la costruzione di un tessuto endogeno generativo di moderno sviluppo, fondato proprio sulla transizione ecologica. Ma chi ci crede?

In copertina, i giardini pubblici della Passeggiata

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