L’invito è arrivato a sette formazioni riconducibili al campo del centrosinistra: Pd, M5S, Sinistra italiana, Partito socialista, Italia viva, Azione e Civici X. A recapitarlo è stata l’associazione Gramsci Umbria, che già nello scorso mese di febbraio aveva organizzato come prima uscita pubblica un incontro con tre docenti universitari per discutere sul senso oggi di una politica di sinistra. L’iniziativa è stata denominata “Umbria futura”, e sarà declinata in due incontri, che si terranno a Perugia il 29 settembre e il 13 ottobre a partire dalle 17 presso la Sala Partecipazione di Palazzo Cesaroni. L’idea che la sorregge è quella di sollecitare un confronto tra le forze progressiste per tentare di uscire dalle secche del giorno per giorno e della cronaca imperniata sui nomi dei candidati per impostare un progetto credibile per l’Umbria del futuro a partire dalle (tante) criticità e dalle (ormai poche) eccellenze dell’oggi. Quello che proponiamo di seguito è il documento che accompagna l’invito, con in coda le domande che saranno poste ai rappresentanti delle forze politiche che parteciperanno agli incontri.
L’ultimo rapporto Aur dello scorso mese di luglio evidenzia la fotografia dell’Umbria in un contesto globale incerto. Segnali congiunturali positivi emergono dal turismo e dal lavoro in questa prima parte dell’anno (rispettivamente + 9 per cento e + 5,3 per cento sul primo trimestre 2019) anche se risulta in crescita la disoccupazione e la precarietà per le donne. La ricchezza misurata in Pil continua ad essere distaccata di dieci punti dal dato nazionale pari a 100. Se misurata in Bes (Benessere equo e sostenibile) la metà degli indicatori sono in miglioramento ma più di un terzo sono in forte peggioramento: trattasi delle relazioni sociali, dell’istruzione e formazione, della qualità dei servizi e del benessere economico percepito in peggioramento nel 100% dei casi. La povertà relativa continua a crescere: siamo a oltre 80.000 persone, un bimbo su dieci. Siamo la prima regione per quota di disoccupati laureati e al contempo quella che registra i più bassi tassi di natalità: siamo prevalentemente anziani.
Questa crisi dell’Umbria non nasce negli ultimi anni: le sue origini si collocano a cavallo fra gli anni novanta e i primi anni del nuovo secolo e il gap con il Pil nazionale si accentua in modo marcato alla fine del primo decennio del 2000. Se dunque la situazione non è rosea da tempo è anche vero che l’attuale maggioranza di governo non fa che aumentare i livelli di decadenza sia della programmazione che della gestione dei servizi, a partire da quelli socio−sanitari e assistenziali. Si percepisce fra i cittadini una domanda di classe dirigente capace, una domanda che non ha risposta. È certo questo un fenomeno diffuso in tutte le democrazie rappresentative ma forse in Umbria è ancora più profondo: in ogni caso se il malessere è diffuso non lo si può ignorare. Forse occorre guardare alla metà degli elettori che non vanno più a votare. Forse occorre ridare dignità alla politica come il più sano degli impegni che tende a costruire il bene comune. Forse occorre formare e far crescere nuove classi dirigenti. Del resto in poco più di un decennio tutto è cambiato nel mondo: gli equilibri intercontinentali, il modo di intessere le relazioni fra le persone grazie alla rivoluzione telematica che cambia il tempo e lo spazio, la scienza che sperimenta nuove forme di vita e la tecnologia che riconquista gli spazi interplanetari.
Il confronto
1. Da dove si parte per poter costruire un’Umbria del domani che esca dalle proprie secche intercettando gli orizzonti di sviluppo della contemporaneità; orizzonti di sviluppo ma anche ruoli protagonisti nello scenario europeo e nazionale, a partire dalla lunga e proficua tradizione di terra della pace? Si gradirebbe, nello svolgersi del confronto, ascoltare proposte concrete, progetti realizzabili. Anche se di medio/lungo periodo, ma idee−guida per essere operative e stimolanti l’impegno.
2. Il Pnrr potrebbe svolgere la funzione di volano per un’Umbria più dinamica e più giovane: questi del resto sono gli obiettivi sanciti. Quale è il giudizio sulla impostazione e sulla relativa (molto relativa) concretizzazione? Mancano informazioni fondamentali e il vivere questo volano come una faticosa applicazione burocratica sta allontanando ancora di più i cittadini dalle istituzioni: a volte si ha la sensazione di un tesoretto aggredito dalle numerosissime richieste particolari più che di una risorsa per una regione meno isolata e più efficiente.Siamo all’approccio più deleterio del policentrismo, cioè alla radicalizzazione dei particolarismi? Si può costruire una visione dell’Umbria dai campanili? La storia nega questa possibilità. Quale dunque la strada per costruire una identità umbra che abbia la sua coesione e il suo centro?
3. Del malessere legato alla sanità e ai servizi abbiamo già detto: il piano sanitario regionale non vede la luce e presumibilmente non la vedrà prossimamente. Nel frattempo va avanti un piano di destrutturazione e ristrutturazione che nella realtà aumenta il malessere e la rabbia dei cittadini, ignari delle reali volontà di chi governa. Se le forze di opposizione vincessero la prossima tornata amministrativa quali i cardini su cui imposterebbero un concreto e razionale piano sanitario regionale? Quanti ospedali e quanti servizi specializzati e dove? Quale il futuro della assistenza territoriale?