A dieci anni dalla scomparsa di Alberto Provantini, il Partito democratico di Terni, la Fondazione Gramsci e la Provincia di Terni hanno voluto ricordarne la figura e l’eredità politica, umana e civile con un convegno che si è svolto nella Sala del Consiglio provinciale, l’istituzione che Provantini presiedette negli anni ’90 del secolo scorso, nel travagliato periodo a cavallo tra la prima e la seconda repubblica, facendone il laboratorio di un incontro tra diverse culture politiche che fu, per molti versi, anticipatore delle posteriori esperienze dell’Ulivo, del centrosinistra dei decenni successivi e dello stesso Partito democratico. Al convegno, coordinato da Franco Giustinelli che, da senatore, fu inseparabile compagno di esperienza parlamentare di Provantini, allora deputato, ha visto la partecipazione – tra gli altri – di Marina Sereni, in rappresentanza della segreteria nazionale del Pd, di Giuseppe Vacca e Silvio Pons, rispettivamente presidente e direttore della Fondazione Gramsci, degli ex presidenti della Regione Maria Rita Lorenzetti e Claudio Carnieri, del deputato di Forza Italia Raffaele Nevi e di molti altri relatori e partecipanti.
Il percorso politico di Alberto Provantini (1941-2014) è idealmente rappresentativo – si è detto – di una lunga stagione della vita nazionale che vide il Partito comunista italiano protagonista e difensore delle conquiste della democrazia repubblicana e della Costituzione nata dalla Resistenza, negli anni difficili della ricostruzione e della guerra fredda e poi in quelli ancor più duri delle trame nere, della strategia della tensione e del terrorismo, a cui corrisposero tuttavia importanti successi del movimento democratico e del lavoro sul versante dei diritti e delle riforme, in una stagione di avanzamento e di maturazione della democrazia italiana. Dalla Federazione giovanile comunista alla redazione dell’Unità, dall’amministrazione comunale ternana a quella della Regione, dalla Provincia al Parlamento, fino alla vicepresidenza dell’Istituto Gramsci, Alberto Provantini è stato un infaticabile costruttore pratico di iniziativa politica, amministrativa e culturale: giornalista, scrittore, amministratore pubblico, politico di razza, organizzatore culturale, uomo delle istituzioni per tutta la vita, ma con un solido e permanente radicamento popolare, ha lasciato un segno profondo in tutta la vicenda politica ternana, umbra e nazionale e in tutta l’evoluzione della sinistra, dal Pci al Partito democratico, attraverso le esperienze di passaggio del Pds, e dei Democratici di sinistra.
Nel corso del convegno sono stati richiamati, da più voci, alcuni dei lasciti permanenti della sua esperienza politica e amministrativa: la visione di uno sviluppo industriale ed economico territoriale che richiede dialogo tra le parti sociali ma anche protagonismo attivo delle istituzioni, linea di condotta che ispirò tutto il suo percorso amministrativo e di dirigente politico, dall’assessorato comunale a quello regionale, negli anni della nascita del regionalismo umbro; dalla lunga e incisiva esperienza parlamentare a quella alla guida della Provincia. Tutte fasi caratterizzate da una straordinaria capacità inventiva e visionaria: suo lo slogan, turistico ma di grande forza identitaria, dell’Umbria cuore verde d’Italia, sua l’intuizione di una Umbria Jazz che fosse al tempo stesso grande evento culturale cosmopolita e richiamo turistico itinerante attraverso la regione; sua l’idea e l’iniziativa per la realizzazione del centro nautico di Piediluco, della Federazione nazionale di canottaggio e del grande evento remiero periodico del Memorial D’Aloja.
La spinta propositiva, l’idea della città, della regione e del paese come beni comuni lo spingeva a cercare gli elementi di convergenza e unione anche tra diversi e talvolta perfino tra contrapposti: la dialettica politica come riconoscimento dell’altro e anche collaborazione con l’altro, quando questo è utile, appunto, al bene comune. Così l’esperienza di apertura della sua giunta provinciale, anticipatrice dei tempi, come già sottolineato, nata dal confronto con i leader locali della Dc, Filippo Micheli e Carlo Liviantoni, in una visione non estemporanea né improvvisata delle alleanze politiche ma anzi in un’ottica strategica, lungimirante, precorritrice dei tempi; così anche il confronto franco e aperto, ancora da presidente della Provincia, con il professor Gianfranco Ciaurro, primo sindaco di centrodestra di Terni, che Provantini aveva già conosciuto e stimato come segretario generale della Camera dei Deputati: differenza di appartenenza e di schieramento ma confronto istituzionale, e anche personale, intriso di reciproco apprezzamento, continuo su tutti i temi di comune interesse, in nome del bene della città e del territorio.
Più volte ricordato, anche, il suo rapporto stretto, di amicizia, con un grande vescovo di Terni, molto legato al mondo del lavoro, come monsignor Santo Quadri, una sintonia che dalla sfera pubblica, nella stagione del compromesso storico, del primo confronto ravvicinato tra comunisti e cattolici, si spingeva fino al campetto da calcio della parrocchia. Nella rievocazione di chi lo ha conosciuto colpisce in modo particolare la straordinaria capacità di Provantini di fare tutto e tutto insieme, senza perdere il filo di una visione unitaria dell’interesse cittadino, regionale e nazionale. Unica la sua capacità di riempire la scena politica, ma di fatti, di contenuti, di proposte, non di chiacchiere vuote e di demagogia; una personalità magnetica, carismatica, nella sua irruenza popolare e spontanea e, al tempo stesso, una spugna nella capacità di assorbire, e restituire rielaborati, gli input, gli stimoli, le suggestioni, gli apprendimenti, in una miscela di passione, ideologia e prassi che pare davvero appartenere – sono parole di Rita Lorenzetti – «a un altro tempo della politica».