Mostro urlante
Temi

La deterrenza come cardine

 

Se c’è una cosa in cui la presidente del Consiglio eccelle è la capacità di straparlare nel tentativo di colpire più o meno direttamente l’avversario di turno, sistematicamente assente e impossibilitato nel poter rispondere e quindi nel potersi difendere. Un debordare volontario messo in scena di fronte a una platea di giornalisti, alla cui “disciplina” l’attuale governo ha lavorato mani e piedi, predisposta al sorriso compiacente, che come per incanto nello stampare dell’inchiostro e nello scorrere dei filmati si traduce in elogio sperticato al limite dell’apologia. Il teatrino pietoso di Cagliari, in cui la consumata attrice nipote di attrice ha fatto precedere il gesto alla parola e posporre la smorfia al periodo, è stato forse il punto più alto, l’apice di un’abitudine becera che la tambureggiante propaganda pretende di trasformare in nobile virtù. Ogni occasione è buona non per limitarsi semplicemente a sostenere una tesi o a rispondere a una mai scomoda domanda, ma per attaccare chi nell’opposizione tenta di criticare il governativo e mirabolante fare. Così, durante la visita ufficiale in Libano ha pensato bene di ridicolizzare quelli che: si riempiono la bocca seduti comodamente dal divano di casa loro. Perché la pace non si costruisce con i sentimenti e le buone parole, la pace è soprattutto deterrenza e impegno, sacrificio.

L’attacco frontale, ovviamente protetto dall’uniteralità del verbo amplificato dalle casse di risonanza amiche, era rivolto al leader dei 5 stelle in particolare e a tutti coloro che pretendono di rivendicare il pacifismo non come conseguenza del riarmo, ma come negazione del riarmo stesso. Cosa pretendere d’altronde da chi proprio non riesce a definire la Costituzione antifascista e gli eccidi perpetrati nel ventennio come nazifascisti? Cosa aspettarsi da chi discende, senza andare troppo indietro o meglio senza mettere il dito nella piaga, dal Movimento sociale italiano, da chi si rivendica figlio e nipote di Almirante? Cosa, venendo ai giorni nostri, esigere da chi vede in Orban non un semplice amico, ma un punto di riferimento, un vero e proprio baluardo contro il degradare dei costumi e degli usi europei?

Soffermiamoci per un attimo sulla definizione di deterrenza prima di andare ad analizzare, prendendo a spunto tre questioni tanto distanti per tematica e tanto vicine per approccio culturale, il perché lo straparlare di Meloni in questo caso evidenzi il limite degli orizzonti e con esso la sterilità dell’idea sovranista, ieri rivendicata urlando, oggi perseguita mistificando. Deterrente, secondo la definizione che ne dà il vocabolario Treccani significa che ha il potere, o lo scopo, di trattenere o distogliere dal compiere un’azione illecita o dannosa: in senso più astratto, la forza di dissuasione rappresentata sia dall’armamento sia dal complesso delle forze militari di cui dispone un paese; ogni mezzo, anche non materiale, di cui un paese, una parte politica, un gruppo può valersi per dissuadere i proprî avversarî dal tentare mosse, imprese, azioni non gradite o dannose. Passiamo ora alle tre questioni sopra enunciate: la corsa al riarmo; il nuovo codice della strada; la vicenda di Ilaria Salis.

1) L’idea folle che percorre il sistema mondo oggi, che la presidente italiana sintetizza con l’abusata teoria pratica della deterrenza, il credere e l’obbedire (l’impegno) e il combattere (il sacrificio), è che per vivere in pace bisogna ricorrere a un riarmo generalizzato, per non volere le guerre bisogna produrre le armi. Non un’idea innovativa visto che è stata l’idea portante della guerra fredda, il realismo indotto dai bottoni rossi in grado di distruggere l’intero mondo ha impedito non per scelta, ma per costrizione, ai legittimi proprietari (Usa e Urss) il loro utilizzo. Un’idea superata dalla storia sia in termini teorici, l’euforia con cui si sono accolti i trattati bilaterali che prevedevano la distruzione di quanto posseduto in termini nucleari e i limiti alla nuova costruzione di armi distruttive – l’idea cioè che per avere la pace vanno distrutte le armi – sia in termini pratici visto che la guerra tra Ucraina (Nato) e Russia sta lì a dimostrare come quell’idea di deterrenza non regga più e come innalzare esponenzialmente i dispositivi armati altro non fa che trasformare in apocalisse una sempre meno improbabile terza guerra mondiale. Mi dispiace per la presidente con l’elmetto, ma sono proprio i confortanti divani, le belle parole e i nobili sentimenti che da quel comfort derivano a determinare le condizioni per una pace strutturale, mentre sono i continui proclami di guerra coniugati impropriamente con tempi di pace a riempire la bocca di guerrafondai con il paravento sempre verde della realpolitik. La pace è figlia del dialogo e della comprensione delle altrui ragioni, non della minaccia continua e della contrapposizione sistemica tra valori che si autorappresentano come superiori. La pace e con essa la libertà non è pistola puntata alla tempia altrui, ma sforzo comune per la messa al bando delle pistole che minacciano le tempie. La deterrenza è colonna portante della guerra non architrave della pace, cara presidente.

2) Nel nuovo codice della strada il concetto di deterrenza, come minaccia continua che nulla ha a che vedere con la cogenza dei problemi e con l’istituzione di contromisure ragionate in grado di risolverli – della deterrenza cioè intesa a mo’ di dispositivo ideologico distante dalla realtà e che la realtà vuole condizionare – è dato in particolare dalle sanzioni derivanti dai test sulle droghe. La sicurezza (stradale, sul lavoro, etc) viene misurata da una matrice che incrocia il danno (la gravità prodotta), con la probabilità (la percentuale di accadimento dell’evento che produce danno). Quindi nel caso degli incidenti stradali la statistica, presa con barbara approssimazione, ci dice che gli elementi che concorrono al numero dei morti sono in particolare l’alta velocità, la distrazione, le condizioni delle strade e in misura minore le condizioni psicofisiche dei guidatori. Il ministro del butto via la chiave, del difenderemo i confini negando i porti e impedendo di fatto i salvataggi, dei subappalti selvaggi e dei cantieri moltiplicati, del ponte sullo stretto, dell’italianità delle classi, del la droga (le droghe) è male i drogati (i consumatori differenziati) dei coglioni, ha pensato bene di stigmatizzare i comportamenti piuttosto che ridurre le probabilità e mitigare i danni. Non gli interessa prevenire, gli interessa la deterrenza che altro non è che minaccia fuoriluogo del punire a prescindere dalle colpe. L’introduzione della sospensione della patente non a chi guida sotto l’effetto degli stupefacenti (sacrosanto diritto e altrettanto dovuto dovere), come succede con certezza a chi guida sotto l’effetto dell’alcol, ma a chi risulta positivo al test delle droghe a prescindere dalle condizioni reali di quando sta guidando è una barbarie che limita le libertà personali senza incidere minimamente sul contrasto degli incidenti. Anche in questo caso la deterrenza è un mostro agitato e propagandato, basta a tal proposito attenersi all’altra faccia della medaglia, alle parti del codice relative agli autovelox e ai mezzi guidabili dai neopatentati, che risulta essere l’esatto contrario di un approccio razionale volto alla riduzione del danno, se non alla soluzione del problema.

3) L’Ungheria del fraterno amico Orban è la deterrenza in carne e in ossa rispetto a un mondo che si vuole aperto, multiculturale, eterogeneo, accogliente verso le diversità e intransigente nei confronti delle vessazioni. Il suo essere parte dell’Europa, pur essendo palesemente in antitesi con i pilastri del convivere europeo in termini di diritti, discende esclusivamente dalla logica di militarismo difensivista della Nato. Per essere ancor più chiari cioè l’Europa succube della Nato a trazione Usa ha rinunciato ai propri principi aprendo le porte a chi non rispetta i prerequisiti della propria convivenza. L’Ungheria di Orban rappresenta quell’autocrazia, definita attraverso elezioni, che si stratifica tramite una pratica di potere assoluto insofferente verso la logica dei contrappesi tipica delle democrazie. La vicenda di Ilaria Salis – non tanto i ceppi, le manette e le catene che sono simbolo di rimando, ma il suo essere processo politico, il suo fungere da deterrente verso chi con spirito antifascista decide di fronteggiare nelle piazze i rigurgiti neonazisti, che Orban e la sua Ungheria celebrano con la giornata dell’onore – sta a dimostraci cosa sia in termini reali la deterrenza e cosa animi in fondo in fondo i seguaci sostenitori del suo dispiegarsi. I richiami del ministro Tajani che continua a chiedere di non trasformare in politico un processo che politico lo è di fatto per precisa volontà ungherese, sta a dimostrare, al netto delle buone intenzioni del titolare del dicastero degli Esteri nella tutela fisica del corpo di Ilaria, tutta l’impotenza dei “liberali” di centrodestra di fronte all’ondata di sovranismo che li sta di fatto travolgendo. Il governo italiano nulla ha fatto finora. E l’opposizione si è mossa con colpevole ritardo, anche se oggi sembra voler finalmente battere un colpo. Il governo europeo, atterrito dal potere di veto ungherese e stretto tra le cause di forza maggiore della Nato, si è colpevolmente disinteressato. Orban li sfida tutti senza indietreggiare di un passo nella rivendicazione di un’idea di mondo che richiama i tempi più bui dell’intera civiltà contemporanea.

Le parole in libertà della presidente del Consiglio, che in solitaria sede aggredisce e in solitaria sede pontifica, disvelano di fatto come il nostro governo (e non solo) veda nella deterrenza un cardine imprescindibile della politica, e mostrano, a scanso di equivoci, come il credere in se stessi, l’obbedire a se stessi e il combattere chiunque diverso da sé non siano un nostalgico retaggio, ma rappresentino un aberrante e contemporaneo modello culturale. Non ci resta che difendere il divano, il pacifismo, i sentimenti umani, la politica partecipata e la democrazia dei mille contrappesi dall’aggressione continua di chi, insofferente alla politica partecipata e avverso all’autonomia dei poteri finanche contrapposti, pretende che la deterrenza sia assoluta regolatrice di modi e imperituro metronomo di tempi.

Foto da rawpixel.com

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *