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Lo scivolamento verso il basso del centrodestra

 

A due mesi dalle elezioni comunali di Perugia si osserva un primo passaggio di fase della campagna elettorale del centrodestra che può non essere inutile sottolineare. Centrodestra è da intendere qui in senso lato, cioè non solo partitico ma anche di un pezzo di opinione pubblica che si riconosce in quell’orientamento. Difficile dire se si tratti di strategia elettorale o di riflesso condizionato. Potrebbe anche essere una miscela dei due elementi, cioè che in base al riflesso condizionato di definire gli avversari in un certo modo si tragga la convinzione che ciò possa portare benefici in termini di risultato elettorale. Non si tratta di un caso isolato, ma di più uscite pubbliche di persone di un certo prestigio che convergono verso un unico punto. Qui sta la rilevanza del fenomeno.

Ha cominciato Nilo Arcudi, presidente del Consiglio comunale, membro della attuale maggioranza di centrodestra e sostenitore di Margherita Scoccia. Riferendosi alla candidatura di Vittoria Ferdinandi, Arcudi l’ha definita «radicale e di estrema sinistra». Ha proseguito Braccio Fortebraccio, pseudonimo che scrive per il sito Perugiatoday, dietro al quale, come si legge nello stesso quotidiano on line, si cela «un importante ex politico e dirigente». Da Fortebraccio Ferdinandi è stata fotografata così: «Sbilanciata a sinistra con idee e slogan più adeguati ai centri sociali che ad un candidato che vorrebbe governare il Comune di Perugia». La parabola è terminata, per ora, con Margherita Scoccia, la candidata sindaca del centrodestra, che segnalando il danneggiamento di un suo manifesto elettorale l’ha definito come una «forma di attivismo rivoluzionario» che non rientra nella «definizione di democrazia». Scoccia ha anche scritto sulla sua pagina facebook che «dovremmo confrontarci sul futuro di Perugia e invece ci tocca discutere della pochezza e della violenza (corsivo nostro, ndr) di chi non ha idee ma solo rabbia e frustrazione» Cioè: si sceglie di tentare di rendere centrale nel dibattito di una città di 160 mila persone che sta andando al voto il danneggiamento di un manifesto elettorale ricorrendo alle categorie di «violenza» e «attivismo rivoluzionario» pro Ferdinandi e poi ci si duole di doverne parlare. Che è un po’ come spegnere la luce in piena notte e lamentarsi del buio.

L’elemento che accomuna le uscite pubbliche dell’opinionista Fortebraccio, del politico Arcudi, e della candidata sindaca Scoccia è il ricorso a una definizione dell’avversaria e dei suoi attivisti rivoluzionari che commettono atti di violenza contro i manifesti che è omnicomprensiva e che quindi è un tentativo di ghettizzazione. E, si badi, si tratta in un caso di affermazioni apodittiche: la definizione di Ferdinandi non arriva mai al termine di un ragionamento, ma ne è l’inizio e la conclusione; nell’altro grottesche: le categorie di attivismo rivoluzionario e di violenza mentre si parla di un manifesto danneggiato sono un evidente tentativo di buttare la palla in tribuna per poi lamentarsi che non si può giocare. Siamo lontani galassie dalla critica nel merito. Ferdinandi, questo è il salto logico, non viene contestata per ciò che dice ma per ciò che è, o meglio per ciò che i suoi detrattori e detrattrici ritengono che lei sia e/o per come intendono disegnarla agli occhi dell’elettorato. Con chi si contesta per ciò che è, tout court, non ci sono appigli per un dibattito civile, nel merito, sul punto di programma o sulla singola dichiarazione: rimane solo la possibilità dell’eliminazione, che è l’esatta negazione della politica. È per questo che le lamentazioni di Arcudi e Scoccia di non poter parlare di programmi non sono semplicemente strumentali ma rappresentano un controsenso logico, perché disconoscendo e invitando a disconoscere Ferdinandi (o chi la sostiene) per ciò che è sono loro che disegnano un orizzonte in cui si nega all’avversaria la cittadinanza, la possibilità di rappresentare e perfino di parlare. Che poi non intendano farlo con la forza e che Ferdinandi continuerà a fare liberamente la sua campagna non sposta di un millimetro la postura ademocratica di certe dichiarazioni.

Non è una questione che riguarda soltanto Ferdinandi o i suoi attivisti e simpatizzanti. È una faglia che rischia di inghiottire la qualità stessa della democrazia, è un atteggiamento che mina le basi per la composizione di un’opinione pubblica consapevole, perché il rifuggire la discussione nel merito affibbiando etichette che assecondando un atavico riflesso condizionato parlano alla pancia dell’elettorato potrà pure apparire un buon mezzo per raccattare voti, ma è la barriera più formidabile che si può erigere contro la ricerca di soluzioni all’altezza dei tempi da parte dell’opinione pubblica. Non siamo di fronte ai deliri di cosiddetti leoni da tastiera, ma a scivolamenti verso il basso del presidente del Consiglio comunale e della candidata sindaca di centrodestra, oltre che di un opinionista che viene descritto come «importante ex politico e dirigente» dal sito che lo ospita. Ecco perché tutto questo rischia di trascinare in basso l’intera città. Ed è per questo che forse non è inutile parlarne.

Il manifesto danneggiato oggetto della denuncia di Margherita Scocca

2 commenti su “Lo scivolamento verso il basso del centrodestra

  1. Fabrizio , io la /ti ringrazio veramente tantissimo. Leggere i tuoi articoli è veramente un gran piacere. Il modo composto con cui esamini i comportamenti e vai a oltre l’atteggiamento palese è veramente illuminante.Grazie

  2. Rispetto per questa città è almeno mettere nelle apposite bacheche delle fermate degli autobus gli orari ben scanditi. Lun – venerdì. Sabato e festivi. Così da organizzare chi è impossibilitato a guidare una macchina. E per chi non sa usare bene il telefono. Come anziani e bambini.

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