Non si può dire che quella di Perugia sia stata una campagna elettorale ordinaria. Al di là del rumore di fondo che l’ha spesso circondata, al di là di alcune analisi che ne sono state fatte, inadeguate perché impegnate più a misurare i presunti e fumosi posizionamenti di geografia politica delle due candidate principali che a badare ai contenuti reali delle loro proposte, è emersa con nettezza la differenza di approccio delle due aspiranti che si giocheranno la carica di sindaca. Tentare di mettere a fuoco le differenze reali è utile innanzitutto perché aiuta a innalzare il livello di consapevolezza pubblica, che è poi l’indice di robustezza di una democrazia. In questo caso l’utilità è doppia perché la campagna perugina ha costituito un inveramento della democrazia, che sarebbe la regolazione del conflitto tra visioni e interessi diversi, anche se sta diventando sempre più sinonimo di melassa vischiosa. E l’inveramento non si coglie se non si isolano alcuni degli elementi che l’hanno caratterizzato ma rischiano di essere sommersi dal clima da stadio e dai colpi bassi che puntano a prendersi la scena.
Il pubblico che produce
La differenza originaria tra le opzioni incarnate da Vittoria Ferdinandi e Margherita Scoccia è quella relativa all’idea del pubblico, del ruolo che viene attribuito a un’amministrazione pubblica, al governo delle cose comuni. Ciò determina anche l’espansione o il restringimento della sfera d’azione del pubblico, l’interpretazione del ruolo di governo, il rapporto con i cittadini. Nella visione di Scoccia il pubblico pare essere inteso come produttore di cose da un lato e buon regolatore dall’altro. Il nuovo stadio, un «Palatenda Perugia Forum», il metrobus, un nuovo comando della polizia municipale, il sostegno alla realizzazione della stazione Medioetruria per l’alta velocità a Creti sono opere contenute nel programma della coalizione che Scoccia rappresenta. Un’altra opera, divenuta centrale nelle esternazioni di Scoccia pur non essendo presente nel programma, è il Nodo di Perugia. Nelle 28 pagine del programma presentato da Scoccia la parola «realizzazione» compare 15 volte, in media una volta ogni due pagine, e in almeno dieci occasioni è legata alla fattura di un’opera. L’idea che sembra sorreggere l’impalcatura dell’attuale assessora all’Urbanistica e di chi la sostiene è che l’amministrazione pubblica debba fare cose tangibili e ben visibili da offrire ai cittadini, e che da queste opere discenda poi per una sorta di automatismo un innalzamento della qualità e del benessere. In questo senso si può sostenere che la visione di Scoccia privilegi il globale rispetto alle persone, nel senso che il pubblico, una volta che abbia prodotto cose dalle quali si presume che i cittadini traggano beneficio, abbia in gran parte svolto il suo compito e possa dedicarsi a una funzione regolatrice di ordine.
Il pubblico che cura
Si tratta di una visione pressoché capovolta rispetto a quella di Ferdinandi, che sorregge invece un’idea di pubblico che accompagna la città e le persone in una modalità che si potrebbe definire molecolare, con interventi spesso meno visibili all’occhio ma con l’obiettivo di avere un maggiore impatto sulle vite dei singoli e quindi della comunità in generale. Un atteggiamento di cura e di presenza che allarga la sfera di intervento pubblica e la rende costante in numerosi ambiti. Anche in questo caso un’analisi quantitativa delle parole nei programmi può aiutare a capire. La locuzione «presa in carico» di cui non c’è traccia nel programma di Scoccia compare nel programma di Ferdinandi undici volte. Viene abbinata ai pazienti, alla cura degli spazi pubblici da parte dei cittadini secondo patti di corresponsabilità stipulati col Comune, al percorso di vita di persone con fragilità da far seguire da équipe multidisciplinari secondo nuovi modelli di welfare municipale. La parola «realizzazione» ha un’incidenza pressoché omogenea nei programmi delle due candidate, ma se Scoccia la accompagna in massima parte alle opere di cui si è fatto cenno, Ferdinandi la abbina a «infrastrutture verdi per la gestione dell’acqua piovana per la gestione dei picchi di precipitazione», a un «Piano del verde urbano», a «spazi verdi intorno alle scuole», a «impianti di smontaggio selettivo dei materiali elettrici ed elettronici così da poter recuperare le materie prime presenti in tali rifiuti». Potremmo continuare con gli esempi, ma la differenza di approccio e di postura è lampante. Laddove Scoccia e la sua coalizione prediligono il grande intervento che una volta realizzato si presume risolutivo per la vita di tanti e tante, Ferdinandi e le persone che la sostengono individuano il focus dell’azione pubblica in un’azione costante e modulata sulla base dei diversi bisogni che si intercettano.
Le persone
Si tratta di visioni che restringono in qualche modo il ruolo del pubblico nel caso di Scoccia, e lo ampliano nel caso di Ferdinandi. Non è un caso che nel programma della prima la parola «pubblico» compare una sola volta, usata come aggettivo per il sostantivo «ordine». Nel programma di Ferdinandi invece la parola «pubblico» compare sessanta volte, in maniera praticamente trasversale, da quando si parla di mobilità a quando si tratta della salute.
Il bene della comunità insomma – semplificando ma neanche troppo – Scoccia pare volerlo perseguire mediante opere decise dal potere pubblico, che una volta che le abbia commissionate garantendo sviluppo si ritira nel suo ruolo di regolatore. Per Ferdinandi invece, la comunità è un fluido vivo, fragile e con bisogni di volta in volta diversi di cui farsi carico di continuo in un rapporto di accompagnamento e affiancamento. La parola «partecipazione» nel programma di Ferdinandi è una di quelle che compare di più, con una media di tre volte ogni quattro pagine. Scoccia la mette nero su bianco tre volte in ventotto pagine. La parola «persone» nel programma di Ferdinandi ha la stessa incidenza di «partecipazione», tre volte ogni quattro pagine. Scoccia la scrive nel suo programma una volta ogni quattro pagine. Si tratta di indicazioni quantitative che hanno però una loro radice di qualità. E non si tratta di menefreghismo, nel caso di Scoccia, ma di differente postura che si ha nell’approccio all’amministrazione della cosa pubblica, di radicale, differente visione di ciò che debba fare il pubblico per garantire il benessere e la qualità della vita dei cittadini. Si tratta insomma di due vie – entrambe con la loro onestà intellettuale e con le loro giustificazioni di principio – pressoché antitetiche che è utile mettere in luce.
Conclusioni
Accennate sommariamente le radicali differenze tra le visioni delle due candidate principali alla carica di sindaca però, saremmo noi a essere intellettualmente poco onesti e trasparenti se non ricordassimo che Cronache Umbre ha ritenuto Vittoria Ferdinandi fin dalla sua comparsa sulla scena politica cittadina la marziana che serviva. C’è una malintesa accezione di stampa che alberga in molti che vorrebbe relegare i giornalisti a disfarsi delle proprie idee e li condanna al ruolo di sostegni di microfoni per la dichiarazione del politico di turno che non va contraddetto pena l’accusa di parzialità. Tutto ciò priva il dibattito pubblico di attori fondamentali e lo deprime, perché il punto è la trasparenza dei media e di chi ci lavora, non l’imparzialità; e la prima è opacizzata, mentre la seconda è spesso farlocca. Siamo convinti che, come abbiamo scritto quattro mesi fa, la candidatura di Ferdinandi abbia incentivato un pezzo di società, politica e non, a «uscire dal labirinto in cui si viene trascinati quando si scambia il proprio ombelico per il centro dell’universo». Siamo convinti anche che certe letture e certi atteggiamenti datati perché imperniati su nozioni di geografia politica consunte da anni di politica ridotta a gioco di ruolo, abbiano subito uno scossone con l’emersione di una candidatura così fuori da circoli asfittici. Siamo convinti del fatto che la proposta di Ferdinandi e dell’intelligenza collettiva che la supporta sia quella più aderente ai bisogni delle città di oggi e di una città come Perugia in particolare: l’emergenza climatica, gli assetti sociali profondamente modificati a cui corrisponde un modello di welfare vecchio di cinquant’anni, la fuoriuscita da una società politica diventata penosamente autoreferenziale e la risocializzazione della politica sono esigenze che chiamano a uno sforzo pressoché inedito di innovazione e che nel programma e, oseremmo dire, nella postura di Ferdinandi, secondo noi trovano risposte più adeguate che altrove. Siamo convinti che ciò si possa dirlo e argomentarlo come tentiamo di fare da quattro anni ormai, in maniera trasparente, senza pelose finzioni di imparzialità e senza scadere nell’insulto; semmai tentando di contribuire all’innalzamento del livello del dibattito pubblico, scaduto nei più remoti gironi infernali.
Complimenti per la analisi approfondita dei due programmi.
Un articolo che evidenzia in modo preciso le differenze di programma e dunque della visione di interventi e della cura del pubblico con un obiettivo unico che è comunemente chiamato ben-essere , il quale lo si può raggiungere partendo dall’individuo per sviluppare un risultato oggettivo.
Grazie per il prezioso contributo di analisi, confronto, chiarezza e rispetto per il senso di ciascuna posizione, senza false equidistanze e con sincera partecipazione. Giornalismo obbiettivo e partigiano, insieme, difficile ma possibile!
Visione della politica e del rapporto con gli amministratori che va al di là della semplice realizzazione di opere
maxfranci
Analisi chiara e puntuale che opportunamente sottolinea il ruolo dei cittadini. La logica di un governo democratico non è certo quella del “potere su” ma dell’ amministrare insieme.Inoltre la crescita non si sostanzia con lo stile fattuale: la vita di un’opera realizzata ,muore se viene a mancare una costante manutenzione e valorizzazione. Il ruolo della cittadinanza attiva è la vita di una vera democrazia
È bene aver chiarito le due diverse visioni delle due candidate sindaco.
Mi auguro che siano in molti a leggere i rispettivi programmi elettorali e le differenze che emergono.
Stiamo assistendo solo a manciate di fango e solo ed esclusivamente sulla Ferdinandi.