Una fermata della metropolitana di Oporto
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Prossima stazione: Regione Umbria

 

Nel viaggiare metropolitano nelle terre portoghesi di Oporto anni fa scoprii la melodia sonora dell’annuncio della prossima fermata, in particolare, data la sistematicità randomica del percorso vacanziero, di quella dello stadio cittadino. Una melodia che mi sono trascinato dietro nel tempo e che spesso utilizzo ancor oggi per parlare o scrivere dell’immediatezza del futuro. Proxima paragem estadio do dragao, questo diceva la voce suadente e metallica, questo ho ripetuto fino alla necessità della disintossicazione, non riuscita evidentemente, per diverso tempo con cadenza spoletino/portoghese.

La politica, così come la vita, altro non è che un susseguirsi di prossime fermate, alcune certe e declamabili, altre tutte da scoprire. Con gli occhi ancora pieni dell’entusiasmo travolgente con cui la moltitudine (ebbene sì), che capo non vuole ma carisma riconosce, guidata da Vittoria Ferdinandi, ha ridato un’anima e restituito il dovuto corpo non alla sola Perugia, ma alla politica tutta, provo ad analizzare, con uno sforzo di razionalità depuratrice, ciò che potrà accadere con le prossime elezioni regionali, che a questo punto diventano un vero spartiacque, non tra il regno del bene e l’impero del male ma tra ciò che è stato e ciò che potrà essere. Un’analisi partigiana rivolta solo ed esclusivamente al campo del Patto Avanti, senza interessarmi minimamente di ciò che potrà accadere dall’altra parte della barricata (ebbene sì).

Il metodo partecipato di Perugia (e non solo) infatti ha avuto il grande merito di parlare positivamente, di rivendicare le proprie istanze attraverso il proprio linguaggio, senza cedere di un millimetro di fronte al tambureggiare allarmista della destra/centro e al reiterare “derivista” delle forze moderate all’eterna ricerca di un centro in grado di non spaventare e far perdere con sistematicità tafazzista. L’ascolto e la restituzione, che a Perugia (e non solo) si sono tradotti in programma di governo credibile perché attuabile e sentito poiché in grado di declinare il soddisfacimento dei bisogni senza dimenticare di alimentare i desideri, ci hanno aperto gli occhi su una realtà che negli ultimi anni si è sempre più mistificata attraverso il gioco perverso della vana rincorsa al falso mito della moderazione. Ci hanno dimostrato cioè che se si è in grado di interloquire con le parti vive e benestanti senza disgiungerle da quelle disagiate e marginali che fanno una società, non si deve avere paura di rivendicare un percorso di radicale cambiamento. Non sono cioè le parole e i programmi massimalisti a spaventare la cittadinanza, ma sono le scelte calate dall’alto e i giochi di palazzo fatti secondo la logica matematica dell’autoreferenzialità ad allontanarla dalla politica.

La cittadinanza fa sue le parole indotte e le ricette preconfezionate della peggior politica, quella che alimenta fobie da sanare con il rigore dell’intolleranza, quando viene esclusa dalla politica stessa, mentre riesce a comprendere e a far propri, partecipando, gli sforzi fatti da chi vive la politica come gioia, come momento di condivisione e non di mera divisione manichea. Il merito più grande che hanno avuto Tommaso Bori e Thomas De Luca – cito loro perché giovani e perché si sono dovuti confrontare con forze di resistenza diffuse all’interno del movimento/partito di appartenenza – è stato quello di spezzare senza reticenza alcuna le catene della sottomissione imposta dalla presunta egemonia altrui. È stato quello di dismettere la logica del candidiamo un civico di centro/destra per contrastare la destra/centro, pratica che oltre alla sconfitta portava con sé la rinuncia alla propria identità e l’utilizzo di un vocabolario e con esso di una grammatica altrui. Tutto il resto lo hanno fatto i candidati civici, tanto a Perugia che a Foligno, in particolare, che hanno rivendicato il diritto a una società più giusta e meno divisa parlando con tutti della necessità non rinviabile di non lasciare indietro nessuno, per avanzare così tutti insieme.

Riscoprire le proprie istanze attraverso il proprio lessico, senza dover per forza scimmiottare il verso degli altri mutuandone i comportamenti è stata la chiave di volta di questa tornata elettorale. Dismesse le paure dell’autorappresentazione troppo spesso sconfinanti nella vergogna indotta dal ruggire avversario, recuperata la piena coscienza delle proprie potenzialità e l’attualità, che nulla ha di anacronistico, delle rivendicazioni la cui unica radicalità sta nella volontà di perseguire una società con meno diseguaglianze, più condivisione e nessuna ingiustificata paura, si è potuto toccare con mano come nulla sia impossibile e tutto trasformabile, finanche la realtà e i suoi rapporti di potere.

Non resta, qui e ora, visto che il tempo nelle lunghe giornate estive scorre ancor più veloce e ozioso, che seguire lo stesso metodo indicato dal Patto Avanti nei comuni per affrontare le elezioni regionali: individuazione di una candidatura forte che sia in grado di non farsi irretire dalle schermaglie politiche e che sia in grado di interloquire, alternando l’attenzione e la proposta, con i cittadini; definizione di una coalizione ampia sì, ma con basi programmatiche condivise nei principi da mettere in discussione attraverso i tavoli programmatici aperti; iniziare sin da subito a fare squadra cercando di mettere a valore le differenze piuttosto che rivendicarle come diversità identitarie; battere i territori con l’intento di armonizzare le specificità e le conseguenti diverse necessità grazie a un ascolto attento sfociante in una capillarità reticolare sempre tesa a unire quello che un campanilismo mai domo tende a dividere; far emergere la volontà di una chiara inversione di tendenza, soprattutto (e non solo) nel campo della sanità e del diritto di cura per tutti, rispetto alle politiche della giunta uscente ristabilendo tanto in termini di prestazioni garantite, quanto nella garanzia di alta qualità delle stesse, un sano rapporto pubblico/privato.

La sussidiarietà rovesciata del centrodestra, che invece di far intervenire il privato laddove il pubblico non arriva, ha lasciato al pubblico ciò che al privato non conviene in termini di profitti, deve essere messa al bando una volta per sempre. Parlare un linguaggio comprensibile che sappia non cedere all’illusorio andante della promessa elettorale, non banalizzando mai la complessità e non ricorrendo allo sloganismo accattivante come scorciatoia comunicativa. Uscire dalla teocrazia della comunicazione, del marketing della parola e dei sorrisi plastici, tornare a sporcarsi le mani con il ruvido della realtà intercettando e soddisfacendo bisogni piuttosto che continuare a diffondere rassicuranti e inattuabili illusioni.

I tempi del miracolo italiano, che in Umbria sono stati tradotti volgarmente dalla filosofia monca del prima che non prevede poi della Lega dalle felpe per ogni occasione, hanno prodotto i danni che sono sotto gli occhi di tutti e che la narrazione unilaterale senza contradditorio pretesa dal governo nazionale attuale cerca con goffa arroganza di camuffare qui come nel resto del Paese. Compito delle forze del Patto Avanti, corroborate dall’entusiasmo di un elettorato che ritrovando le proprie ragioni ha finito con il ritrovare se stesso, è imporre il senso della realtà sull’effimero dell’illusione, rivendicare la dialettica orizzontale contro un comunicare verticale a senso unico, reclamare la partecipazione dei più in luogo della delega di tanti, ritrovare un vocabolario e un agire comune in grado di rappresentare istanze di equità, ricucire con pazienza gli “strappi sociali” e riempire i “vuoti civili” prodotti dalla destra al comando.

Se a Perugia, Foligno, Bastia, Spoleto, finanche Orvieto parte del cammino è stata già tracciata, a Terni e Gubbio per ragioni diametralmente opposte bisogna cominciare da zero, o forse no dato che l’esempio altrui è un buon punto di partenza. Attardarsi nelle solite stantie quisquilie politiciste sarebbe il più grande regalo per le destre e il peggior torto da fare al proprio eterogeneo, ma mai così compatto elettorato.

Da sottolineare in ultimo come questa ritrovata voglia di partecipazione abbia fatto segnare un’affluenza alle urne decisamente più alta che nel resto d’Italia, disperdere tutto ciò sarebbe decisamente inaccettabile tanto per le forze del Patto Avanti quanto per la stessa democrazia. Proxima paragem Regione Umbria.

Nella foto, tratta dal profilo Flickr di Javier Lastras, una fermata della metropolitana di Oporto

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