Come da migliore e conclamata tradizione Terni riesce, attraverso le gesta del sindaco Bandecchi, a riconquistare le prime pagine dell’informazione nazionale e lo fa con il pezzo forte della teatralità bandecchiana: sua maestà lo sputo. Dopo un periodo di assenza, in vista delle elezioni regionali, supportato dall’ardore di un tribuno cittadino disposto a mettere il proprio corpo al servizio di una causa che credeva di combattere e ha finito con il supportare, il sindaco ha alzato a suo modo l’asticella della sgrammaticatura, tornando al centro delle attenzioni di una cronaca andata ben oltre i confini ristretti della conca ternana.
Ma andiamo a ricostruire il retroscena che ha portato alla disfida a senso unico tra il sindaco e un cittadino non proprio qualunque, visto che gode di visibilità mediatica da sempre per il suo accorato argomentare sul rotolare del pallone ferico più che sferico. Un cittadino che attraverso i canali social è riuscito, dopo diversi tentativi, ad attirare le attenzioni del sindaco. Un sindaco a cui rimprovera una doppia colpa: l’aver fatto della Ternana un giocattolo da poter utilizzare a proprio piacimento, l’aver “scippato” con democratico riconoscimento elettorale la poltrona di sindaco al suo schieramento politico, mai dichiarato e mai nascosto. Bandecchi ai suoi occhi ha cioè avuto il demerito di aver profanato la fede (la sacralità delle Fere) e di aver “usurpato” il potere temporale (la poltrona di Palazzo Spada) raggiunto finalmente dalla destra dopo anni di affannosa e inconcludente rincorsa. In un solo colpo cioè, l’attuale sindaco ha mandato al tappeto il credo (dal sogno della serie A all’incubo della serie C per la Ternana) e la ragione politica (la disfatta di Masselli, candidato della destra sconfitto alle elezioni da Bandecchi). Un colpo doppio difficile da digerire per chiunque, figuriamoci per chi per proprio dire, fa dell’umiltà una colpa insanabile e della megalomania medicina e non malattia.
Fatto sta che rifacendosi alla tipica trama da spaghetti western, con palazzo Spada a mo’ di saloon e piazza Ridolfi come sfondo di tipico far west, i due si sono dati appuntamento mettendo in scena la parodia de “Il buono, il brutto e il cattivo” con il nuovo titolo: lo sputato, lo sputante e il vigile urbano. Un duello risultato un monologo, vista la remissività dello sputato, l’aggressività logico/consequenziale dello sputante e l’imbarazzo totale del vigile urbano, capitato nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Lo sputato attende, come da promessa social, lo sputante sotto la “sua” temporanea casa (Palazzo Spada), lo sputante, come da giuramento social, dotato di bottiglietta, trasforma il sorso d’acqua dissetante in sputo simbolico, invitando nell’immediatezza dell’atto il vigile urbano presente a prendere le generalità di quello che etichetta come provocatore politico che ha preteso, contro la sua volontà, di farsi sputare. Lo sputato balbetta, lo sputante sbraita, il vigile urbano tentenna. Ogni promessa è debito, ricorda solenne lo sputante, reiterando il comportamento una seconda volta, ogni proclama va onorato, bisbiglia surclassato lo sputato inondato nuovamente dall’idrosalivazione altrui, vorrei entrare in una buca dove attendere tempi migliori l’esplicito non detto del vigile urbano (l’intera sequenza è apprezzabile in questo video di TeleGalileo).
In questa disfida asimmetrica di orgoglio e solennità, dove il vincitore risulta più perdente dello sconfitto e lo sconfitto impossibilitato al pari del vigile urbano, la fine registra un tentativo di passeggiata riconciliante in cui il sindaco accompagna il cittadino laddove, secondo lui, avrebbe dovuto restare invece di stazionare sotto il palazzo comunale: la sua casa. E qui il sindaco non risparmia nessuno sulla strada alberata del proprio narcisismo senza alternativa visto che tratta in malo modo, invitandolo chiaramente a non immischiarsi nella faccenda, finanche il suo vice (Riccardo Corridore), che provava a ricomporre il qui pro quo. Al provocatore politico dall’appartenenza nota e non dichiarata non rimane che andarsi a cambiare nel tepore della propria casa, al sindaco e al suo vice di recarsi in consiglio comunale per occuparsi a modo loro del bene comune, al vigile urbano di tornare a essere uomo di legge cittadina e non dipendente al “servizio” del sindaco.
Il solito irruente Bandecchi, le sempre diverse, volontarie e non, comparse a suo uso e consumo. Raggiunto l’obiettivo di esser nuovamente protagonista della cronaca nazionale, di esser tornato a far parlare di sé il sindaco, a margine della festa del suo partito, si ricorda di essere un politico e al contempo dell’imminenza delle elezioni regionali. Così pluralizzando la singolarità dei mesi estivi, utilizzando il centrosinistra per testimoniare il cambiamento avvenuto in città, riconoscendo a Draghi la capacità di aver messo per iscritto con due anni di ritardo quello che lui ha sempre sostenuto, con triplice salto mortale e atteggiamento binario, che unisce la disperazione del Guzzanti versione Rutelli che chiede di ricordarsi degli amici e con la sospensione di sfida e di avvertimento del Bandecchi che rammenta agli amici il suo peso elettorale, si lancia in un appello al ripensamento nei confronti della Tesei e dell’intero destracentro. Più chiaro di così non poteva essere, ora tocca allo schieramento del provocatore politico rispondere al mittente. Cosa farà il destracentro? Continuerà ad avversare Bandecchi per modi impropri e meriti inconsistenti come fatto a Terni in questi quindici mesi o scenderà a patti con il diavolo che oggi “sputa” acqua santa? Interrogativi che dovranno trovar risposta, se non si vorrà arrivare alle elezioni regionali con l’incertezza di un sospeso che il sistema elettorale maggioritario non contempla e non prevede.