la festa in piazza dopo la vittoria al ballottaggio di Vittoria Ferdinandi
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Una questione di credibilità

 

Magari sbagliamo, ma non ci risulta nella storia delle campagne elettorali perugine e umbre un libro fotografico che ne abbia immortalato il cammino, se non, forse, in chiave storica; non ce ne dovrebbero essere tanti neanche a livello nazionale. “La memoria del futuro” di Astolfo Lupia (Francesco Tozzuolo editore), per il suo essere un instant book fotografico, cioè un volume che ha in sé una chiave cronachistica, imperniato sul racconto per immagini del qui e ora, ci rimanda indirettamente, per il solo fatto di essere stato pubblicato a quattro mesi dalle Comunali, alla straordinarietà degli accadimenti che hanno portato all’elezione di Vittoria Ferdinandi a sindaca di Perugia: semplicemente perché senza quell’ingrediente di straordinarietà non ci sarebbe stata la pubblicazione, così come non c’è stata per le elezioni precedenti e così come non ci sarà, c’è da temere, per quelle di un futuro più o meno immediato. “La memoria del futuro” però, incarnando questa fuoriuscita dall’ordinario, assume al tempo stesso una valenza di testimonianza storica che lo eleva dallo status di instant book. Nelle rughe, nelle espressioni di incredulità, nella cattura di primi piani e piazze piene, di attimi di gioia, stanchezza, preoccupazione, comunanza che stanno in quella sequenza di bianchi e neri incastonata in una pubblicazione di pregio c’è l’evento storico di cui quello stesso libro fa parte.

In questa rivista così schierata ma così radicalmente ostile alle apologie e così ontologicamente avversa alla partigianeria ottusa, si è percepito fin dall’inizio della campagna elettorale che stava succedendo qualcosa di mai visto. Proprio perché allergici alla formula del partito preso, ci siamo interrogati a fondo e abbiamo cercato di dare a noi stessi e ai lettori che le cercassero delle risposte razionali a quelle vibrazioni positive che avvertivamo. Qui c’è la galleria di quanto e come abbiamo cercato di spiegare a noi stessi prima che a chi ci avesse letto la straordinarietà di ciò che ci pareva stesse srotolandosi sotto i nostri occhi. L’abbiamo fatto sempre covando un senso di inadeguatezza, consci che le parole non riusciranno mai a racchiudere l’esistenza ma che lo sforzo di chi scrive resta comunque quello di avvicinarsi a quell’obiettivo irraggiungibile.

Poi c’è stata la presentazione de “La memoria del futuro”, e il combinato disposto delle parole di Astolfo Lupia, di Vittoria Ferdinandi e di Andrea Ferroni – una delle anime del comitato che è stato a sua volta l’anima della straordinarietà – ci hanno avvicinato all’essenza di quello che abbiamo cercato di descrivere nei mesi che sono andati da febbraio a giugno scorsi. Più che altro c’è stata una parola, risuonata nella serata di venerdì 18 ottobre, quando il libro è stato presentato in una sala gremita del Decò hotel. E la parola veniva pronunciata nel momento in cui la magistratura bocciava la deportazione dei migranti in Albania ordita dal governo Meloni e si apriva la ridda delle reazioni politiche. Il combinato disposto della parola e delle reazioni ci hanno dato la misura di quello che purtroppo, almeno nell’immediato futuro, è destinato a rimanere un evento straordinario, la vittoria di Ferdinandi, appunto.

La parola è stata «credibilità». Un termine però non declinato come sinonimo di «serietà», bensì nella versione ben più pregnante di «trasparenza», o se si vuole di «autenticità». Significati che rimandano al rifiuto reciso dell’infingimento, categoria che permea il politico e non di rado esonda da quell’argine. La credibilità, Vittoria Ferdinandi e il suo comitato, l’hanno conquistata perché hanno rifiutato le maschere, le liturgie, il politichese, termine che non a caso si usa in senso dispregiativo. La «credibilità» è stato il frutto del presentarsi come si è e per quello che realmente si pensa e si vuol fare, senza nascondigli puerili e senza autocensure che diventano amputazioni del proprio essere. Questa autenticità costruttiva (perché attenzione, l’autenticità non è un valore in sé: anche il Bandecchi che sputa è autentico, nella sua primordialità) è stata ampiamente percepita da un popolo che l’ha sottoscritta e sospinta a sua volta. È questo che ha reso gigantesca la figura della candidata sindaca al confronto non tanto e non solo dei suoi avversari, ma del panorama politico in generale.

Stava diventando tutto più chiaro, con l’emersione della parola «credibilità» così declinata. Ma doveva succedere di più. Perché mentre durante la presentazione de “La memoria del futuro” le liturgie del politichese si facevano minuscole di fronte alla sua straordinarietà, fuori dalla sala del Decò si apriva la ridda delle reazioni alla decisione della magistratura sui centri per migranti realizzati in Albania dal governo Meloni, si diceva. E il cuore delle argomentazioni delle opposizioni diventava lo sperpero di denaro per strutture inutili. Cioè: l’autenticità di una posizione fieramente contraria alla deportazione di persone in stato di bisogno; l’autenticità della denuncia dell’inflizione di sofferenze a sofferenti; l’autenticità dell’additamento al pubblico ludibrio dell’idea di scarti umani che è l’humus su cui è maturata l’idea dell’accordo con l’Albania, veniva sostituita da una denuncia contabile nel timore che la difesa dei migranti diseredati sia controproducente.

Ecco, è questa accettazione del gioco di ruolo che è diventata la politica, questa anestetizzante partecipazione al teatrino degli infingimenti, questa mancanza di coraggio nel presentarsi per come si è, o forse l’ormai irreversibile mutazione genetica prodottasi in decenni passati a inseguire gli avversari pensando che loro interpretassero lo spirito del tempo, che rende l’autenticità incarnata da Vittoria Ferdinandi un evento straordinario. Purtroppo. Ma la risposta alla deriva che ha reso la politica un indigeribile gioco delle parti, sta solo lì, nel recupero di credibilità. Che non è solo apparente serietà, ma trasparenza e coraggio. La trasparenza e il coraggio che Lupia riesce a fare emergere dai suoi bianchi e neri incastonati nella pregevole pubblicazione di Tozzuolo.

In copertina, la festa in piazza IV Novembre dopo la vittoria al ballottaggio di Vittoria Ferdinandi (foto di Astolfo Lupia)

Un commento su “Una questione di credibilità

  1. L’autenticità, l’essere coerenti con l’apparato valoriale che si esibisce e si propone all’elettore. Questa è una delle chiavi, non la sola, che ha portato a un successo tanto inopinato quanto impeccabile. Io aggiungerei la capacità di connettere settori sconnessi di società civile. Di offrire una prospettiva credibile a quelli che nelle brevissime introduzioni alle sezioni definivo “fiochi per lungo silenzio” e “ancora incerti, esitanti”. Il vecchio e il nuovo, per ricordare un film memorabile e antico. Faccio fatica a scrivere su uno schermo di cellulare, voglio però ringraziare l’autore dell’articolo, sempre capace di cogliere l’etimo profondo dei fenomeni di superficie. Per quel che concerne le foto dirò che alcune sono prescindibili, prosa a supporto; altre, mi si perdoni l’ardire, le reputo memorabili. Queste ultime sono riuscite, a me pare, a cogliere icasticamente, quel che accadeva fuori di me. Quel che il mio occhio sentiva. Mi scuso per l’ineleganza di queste note, voci da sen fuggite. Grazie a Fabrizio Marcucci

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