La legge elettorale per il Consiglio regionale dell’Umbria è un meccanismo per cui, pur facendo parte della stessa squadra vincente, un 30 per cento di voti si trasforma nel 45 per cento dei seggi, un 2,43 per cento di voti si trasforma in 0 seggi. Premio di maggioranza potenzialmente abnorme a parte, c’è un meccanismo per cui i grandi partiti si mangiano anche i loro piccoli alleati.
Il riparto dei seggi all’interno della coalizione vincitrice, che già si vede sovrarappresentata in virtù del premio di maggioranza, non avviene con metodo proporzionale, cioè prendi seggi in base ai voti ottenuti, ma con un metodo di calcolo (quello del quoziente e dei resti più alti) con aggiunta di correzione e soglia di sbarramento sempre in favore dei più grandi, che fa sì che il Pd prende 9 seggi anziché i 7 che gli sarebbero spettati in base alla volontà popolare. Tutto ciò a danno di “Umbria per la Sanità Pubblica” e “Umbria Futura”, che avrebbero avuto i voti per maturare un seggio ma che sono rimasti a secco a causa dello sbarramento al 2,5 per cento.
Alla base di tutto c’è il concetto prima introdotto da Berlusconi e fatto proprio da Renzi che i piccoli partiti hanno potere ricattatorio per cui vanno penalizzati. Curioso però: i piccoli partiti fanno comodo quando i loro voti si sommano a quelli della coalizione consentendo spesso di poter vincere, quando però si tratta di spartirsi il “bottino” della vittoria diventano un fastidio di cui sbarazzarsi.
In questa tornata elettorale, il 6,3 per cento dei voti della coalizione vincente, cioè il 12,5 per cento sul totale di coalizione, è servito solo per far eleggere la Proietti presidente, mentre per l’attribuzione dei seggi è andato al macero.