La presentazione del reportage contro il Nodo di Perugia
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La pubblica inutilità del Nodo di Perugia

 

Lo scorso 17 novembre 2024 abbiamo presentato e messo in mostra a “Fa la cosa giusta” “Espropriazione indebita per pubblica inutilità”, un reportage testuale e fotografico della realtà che anima l’opposizione al Nodo di Perugia a cura di Emanuela Bianconi, Pietro Floris e di chi scrive. Per chi non lo sapesse, il cosiddetto Nodo di Perugia è un progetto di nuova strada da Collestrada a Corciano, che secondo le evidenze raccolte non porterebbe miglioramenti significativi al traffico in quell’area nonostante costi economici e ambientali devastanti. Peraltro, qualora i cantieri venissero aperti, si andrebbe incontro ad anni di incremento del traffico pesante.

Il reportage mostra un tessuto sociale ed economico coeso, che ha sviluppato un rapporto virtuoso e rispettoso con l’ambiente naturale e una visione critica rispetto al modo con cui si è governata un’Umbria che da “cuore verde” sta diventando sempre più grigia di cemento. Ad animare l’opposizione all’opera c’è un’umanità varia che ha saputo analizzare il progetto e scovarne le enormi problematiche, in alcuni casi smascherando autentiche bugie, e che sta facendo politica nel senso di azione collettiva per il bene pubblico al di là delle logiche di partito, coinvolgendo sempre più persone e promuovendo una petizione che ha raccolto oltre 17 mila firme. La mostra verrà riallestita e ripresentata a Perugia presso il circolo Arci di Sant’Erminio il 5 dicembre alle 18 e nella biblioteca di San Matteo degli Armeni il 17 dicembre.

Uno dei terreni sottoposti ad esproprio - (foto Emanuela Bianconi)
Uno dei terreni sottoposti ad esproprio (foto Emanuela Bianconi)

La “pubblica inutilità” del Nodo di Perugia

Chi si sta opponendo alla realizzazione dell’opera non è contro l’esproprio in sé, in quanto quello è un istituto in molti casi essenziale per garantire l’interesse pubblico. Purtroppo, l’interesse pubblico in questo caso è evidentemente del tutto assente per il primo tratto dell’opera – il cosiddetto Nodino, che collegherebbe Collestrada a Madonna del Piano – e quantomeno vacillante anche se si riuscisse a realizzare il Nodo nella sua interezza, cioè fino allo svincolo di Corciano. Il 7 settembre 2023 lo stesso capo dipartimento dell’Anas per l’Umbria, Lamberto Nibbi, convocato dalla Terza commissione consiliare del Comune di Perugia disse che per apprezzare eventuali benefici in termini di diminuzione della mole di traffico che oggi affligge quel tratto di strada a cavallo tra E45 e Raccordo Perugia-Bettolle «bisognerebbe concludere tutto il Nodo e pensare che gli abitanti di Perugia lo percorrano, perché c’è pure questo aspetto qua». Questo dubbio diventa lampante se si fa riferimento al fatto che percorrere il Nodo da Collestrada a Corciano o viceversa vorrebbe dire guidare per circa 23 km contro i 16 attuali del raccordo; e che inoltre, un tratto significativo dell’arteria, quello che collegherebbe Madonna del Piano all’ospedale di Perugia, sarebbe una strada a una sola corsia per senso di marcia.

C’è poi un ulteriore criticità dell’opera, forse la più macroscopica, che l’urbanista Mariano Sartore, recentemente scomparso, rilevava già nel 2006 in un’intervista rilasciata al mensile Micropolis. «C’è una contraddizione insanabile – segnalava Sartore – tra la natura di “passante stradale” del Nodo e il fatto che non è destinato a intercettare in maniera significativa flussi di attraversamento. In realtà il traffico che si riversa ogni giorno sull’attuale percorso è prevalentemente locale». Venti anni dopo, il traffico che quotidianamente intasa il raccordo autostradale, con il suo collo di bottiglia principale in corrispondenza del viadotto “Volumni” di Ponte San Giovanni, è ancora principalmente di accesso ai vari quartieri e centri della conurbazione perugina, e non di attraversamento. Ciò è confermato dalle simulazioni di traffico realizzate da Anas nel 2021, ad oggi l’unica fonte di dati in merito: ipotizzando la realizzazione del Nodo completo, addirittura tutto a quattro corsie (mentre ora sappiamo che il secondo tratto sarebbe a due corsie), il traffico sul viadotto Volumni diminuirebbe di appena l’11 per cento: perché la presunta alternativa del Nodo verrebbe utilizzata da pochissime persone di quelle che quotidianamente percorrono il Raccordo Perugia-Bettolle nelle ore di punta, poiché la gran parte di esse è costituita dal cosiddetto traffico locale, che non sarebbe interessato a percorrere l’eventuale passante di attraversamento in quanto diretto in città o in uscita a fine giornata.

Sul fronte dell’impatto ambientale, c’è addirittura chi sostiene che una strada non consuma suolo perché è una linea: si tratta di una visione miope, a-scientifica, che nel 2024 non è più accettabile. Grazie all’attivismo delle tante persone che con varie competenze hanno aperto gli occhi, e nonostante l’opacità dei rappresentanti politici, il progetto è stato analizzato nel dettaglio e reso pubblico dallo stesso comitato che si batte contro la sua realizzazione: si stima che il solo Nodino provocherebbe un consumo di suolo agricolo o naturale di oltre 90 ettari. Per capire l’ordine di grandezza, si pensi che l’isola Polvese ha una superficie di 70 ettari, o che l’acciaieria di Terni ne occupa 100. L’opera, insomma, non è solo caratterizzata da pubblica inutilità, in quanto non realizzerebbe ciò che i suoi promotori vagheggiano, ma avrebbe pure un impatto ambientale devastante.

Il bosco di Collestrada, dove dovrebbe passare il Nodo di Perugia
Il bosco di Collestrada, dove dovrebbe passare il Nodo di Perugia

A chi serve veramente il Nodo di Perugia

Date le premesse, come si spiega il supporto di diverse forze politiche a un’opera non solo inutile ma anche dannosa? Nell’intervista già citata, Sartore faceva notare come in Umbria «la dimensione demografica (ridotta) abbia consentito l’affermazione di un originale modello di delega politica, che è fondato sul rapporto diretto tra individuo/famiglia e rappresentante politico, e riemerge con forza in sede elettorale», e come «in un sistema politico siffatto, conclusa la stagione dell’economia della ricostruzione post-terremoto, l’unico percorso strategico di sviluppo che si ha la capacità di delineare è quello associato alle grandi opere stradali». A quasi venti anni di distanza, superata anche l’anomalia politica della mancata alternanza, e con l’eccezione di un poco di turismo, possiamo dire che la sostanza sia ancora quella delineata nel 2006 da Sartore.

L’idea del Nodo di Perugia, come quella ormai accantonata della trasformazione della E45 in autostrada, proviene da un privato. Nodo e trasformazione della E45 in autostrada avevano un legame profondo. Stefano De Cenzo, l’autore dell’intervista a Sartore, rilevava infatti che «i sostenitori del nodo affermano che il giudizio deve tenere conto anche, e soprattutto, del fatto che il passante andrà a far parte della nuova E45 trasformata in autostrada (Civitavecchia-Mestre), in grado di intercettare flussi di traffico notevoli». Sartore rispondeva così: «È opinione diffusa che, pur di avere il Nodo, gli amministratori umbri abbiano dovuto accettare, loro malgrado, quest’altro progetto il cui impatto, nonostante le rassicurazioni, rischia di essere devastante». Un progetto quindi che nasceva da iniziative e interessi privati, e motivato da una prospettiva, pericolosa per gli umbri, che per fortuna nel tempo è venuta meno. E che tuttavia è stato portato avanti, in maniera anche esacerbata, pure dalla destra che ha raggiunto il potere finendo poi spodestata, perché non c’è stata neanche negli ultimi cinque anni alcuna idea sul futuro dell’Umbria che non fosse legata al cemento delle grandi opere. Fortunatamente, dopo l’avvicendamento politico prima nel Comune di Perugia e più di recente in Regione si scorgono segnali incoraggianti di presa di coscienza dell’inutilità del Nodo e del Nodino che fanno ben sperare.

Salviamo il paesaggio per salvare il futuro

Un risvolto positivo però il Nodo lo ha avuto. Quello di provocare la nascita del comitato “Sciogliamo il Nodo di Perugia” e di mettere insieme cittadinanza e associazioni del territorio attorno a una critica propositiva del modello di sviluppo trasportistico. Il reportage svela infatti un altro volto dell’Umbria, estraneo alle dinamiche di menefreghismo privatistico e di clientelismo politico e trasversale, essendo composto da persone di diversi orientamenti ideali ma accomunate da una visione e da un uso del territorio più sani. Le immagini, che ritraggono abitanti e imprese del territorio tra Collestrada e Madonna del Piano, restituiscono vividamente il concetto di popolazione a cui fa riferimento la Convenzione Europea del Paesaggio nell’articolo 1: «Paesaggio designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni». Questa comunità, lo ripetiamo, sta facendo politica nel senso più alto del termine, informando e informandosi e basando le proprie decisioni sugli interessi collettivi fondati su dati e considerazioni scientifiche e valoriali legate allo sviluppo sostenibile.

Il passo successivo, che speriamo di riuscire a compiere, è quello di fare in modo che questa idea di politica come azione collettiva per il bene comune penetri nelle sedi della rappresentanza istituzionale appena rinnovate. Quante opere davvero utili si potrebbero infatti realizzare con i miliardi che si volevano spendere per il Nodo, inutile, dannoso e in palese contraddizione con lo stesso obiettivo di neutralità carbonica che l’Italia si è data per il 2050, data entro la quale si prevede di ridurre il parco autoveicoli circolanti del 60 per cento? Per capire la concretezza della questione, è sufficiente fare un esempio: negli anni ‘80 del secolo scorso le Ferrovie dello Stato pubblicavano cartine ferroviarie in cui la linea Foligno-Terontola era raffigurata come un’arteria ferroviaria tutta a doppio binario e ad alta velocità. Di questo progetto, davvero virtuoso e in linea con un’idea di evoluzione sostenibile si sono perdute le tracce, tanto che l’assessore regionale ai Trasporti della Giunta di centrodestra penalizzata dagli elettori nella tornata del 17 e 18 novembre spingeva verso la costruzione di una nuova stazione dell’alta velocità posizionata a Creti, in Toscana, a quasi un’ora di automobile da Perugia e senza collegamenti ferroviari. Lo stesso presidente della regione in cui si trova Creti ha recentemente rigettato quest’ipotesi, e c’è da augurarsi che anche la nuova amministrazione umbra si orienti verso una diversa progettualità. Ecco, con la spesa preventivata per il Nodo (circa 1,5 miliardi) si potrebbe raddoppiare e velocizzare la ferrovia Foligno-Terontola, permettendo di attivare un servizio di metropolitana leggera di superficie e contemporaneamente di accogliere un adeguato servizio di Frecciarossa dall’Umbria sia verso nord che verso sud, e assorbendo una buona parte della domanda di spostamento locale.

Gli esempi non mancano

È evidente che il governo della nostra regione finora sia stato caratterizzato da una visione sviluppista del tutto anacronistica. E dire che gli esempi virtuosi da seguire non mancano. Nella regione tedesca del Brandeburgo è stato approvato lo scorso anno un piano di mobilità con una visione forte di sostenibilità: le strade statali esistenti saranno solo mantenute, e non ne verranno realizzate di nuove. Le risorse economiche saranno destinate alla mobilità sostenibile: ogni città grande e media del Brandeburgo sarà servita da autobus, treni o taxi collegati a cadenza oraria, indipendentemente dall’utilizzo effettivo e saranno costruite piste ciclabili e “super-ciclabili”. Infine, il servizio sarà modulato affinché le città più importanti – Berlino, Amburgo, Dresda, Lipsia – siano raggiungibili da qualsiasi punto del Paese in un massimo di due ore. Il piano è seguito da un programma dettagliato per riattivare le linee ferroviarie in disuso e stabilire lo stesso standard operativo per i diversi mezzi di trasporto pubblico. L’obiettivo del piano è che in quella regione «nel prossimo futuro il 65 per cento degli spostamenti avvenga con i mezzi pubblici, in bicicletta o a piedi». L’Umbria può prendere ispirazione da questa visione e avviare un grande piano di trasformazione del “cuore verde” d’Italia nella regione con la migliore infrastruttura di mobilità sostenibile. I soldi ci sono, e se spesi bene possiamo farcela.

PS: per sostenere il Comitato Salviamo Collestrada si può fare una donazione con accredito al seguente Iban: IT53B0623038280000030160669 (CREDIT AGRICOLE)

Nella foto, un momento della presentazione del reportage a “Fa la cosa giusta” dove è intervenuta anche la presidente Stefania Proietti

2 commenti su “La pubblica inutilità del Nodo di Perugia

  1. Bisognerebbe anche intervenire sulla strozzature della superstrada all’altezza di Ponte San Giovanni, da cui, credo, dipendano le lunghe file di autoveicoli in certi orari.

  2. Tutto chiaro per non parlare della cicatrice alla collina di Collestrada con la galleria artificiale e la soppressione della strada, percorsa dal Santo Francesco, che conduce al borgo medievale.

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