Nel degradare continuo della politica mondiale verso un baratro sconosciuto e profondo fatto di: privatismo monetario d’assalto; demonizzazione della mediazione; amichettismo a geometria variabile; culto della personalità; sovranismo terracqueo; lotta senza esclusione di colpi tra poteri contrapposti, ma non antagonisti; egemonia dell’esecutivo e impotenza del legislativo; pace come momento transitorio di uno stato di guerra permanente; teocrazia dei social, mai come oggi fedeli sudditi al servizio di un potere che in fin dei conti incarnano e condizionano, in un circolo vizioso che vede inizio senza conoscere fine; predominio della comunicazione in grado di definire e stravolgere la realtà; astensionismo esponenziale che svuota il senso più intimo della democrazia e quanto altro si potrebbe aggiungere nel disperato tentativo di definire esaustivamente un baratro che non vuole confini; ecco, in un panorama del genere i numeri rivestono un ruolo centrale. Il motivo dell’importanza dei numeri sta nella natura quantomeno bifida del concetto stesso di numero, che al tempo stesso simboleggia l’oggettività, il dato certo e non confutabile, e l’infinita interpretazione (soggettiva) che si può dare all’ontologica oggettività.
Nell’orgia della propaganda infinita l’uso strumentale del numero, usato a propria immagine e somiglianza, diviene terreno di battaglia insostituibile, canto sirenico per eccellenza nell’arte senza tempo dell’ammaliare e dell’imbonire chi è ancora disposto a dare orecchio. I campi in cui questa singolar tenzone contemporanea si riproduce sono i più svariati, o meglio nessuna materia viene risparmiata dal furore conflittuale dei contendenti che brandiscono i numeri come armi e le certezze come logici approdi. Dal numero di occupati, disoccupati, inattivi, all’inflazione reale e percepita, dalle vittime sulla strada a quelle sul lavoro, dalla presenza turistica ai centri cittadini che si svuotano, dai morti fatti dalla guerra e dai morti sottaciuti prodotti dalla guerra; insomma, inutile girarci intorno, la politica onnivora si nutre di numeri che alimenta e distribuisce con sapienza, abbondanza e miseria a seconda delle necessità. Una sorta di bulimia generalizzata che tutto ingurgita e tutto elimina in un carosello macabro senza regole e senza umanità.
Prendiamo a pretesto due questioni per ben comprendere quanto radicata e perversa sia questa tendenza: il nuovo codice della strada che il ministro Salvini si è caparbiamente intestato, e le guerre che devastano la terra ucraina e tutti i territori che circondano Israele e che Israele, e con esso il mondo occidentale, considerano nemici, la Palestina in particolare. Due questioni in cui i numeri altro non sono che vittime, vittime reali non potenziali e ipotetiche. Non sono passati nemmeno quindici giorni dall’entrata in vigore del nuovo codice della strada che il ministro Salvini ha sentito l’esigenza di sbandierare ai quattro venti il mirabolante rendiconto avocandosi il merito di aver ridotto drasticamente il numero di morti sulle strade snocciolando i dati di polizia e carabinieri, cercando così di ridurre al silenzio chi vede in quel codice solo un dogma demagogico/repressivo che nessuna attinenza ha con la sicurezza stradale. Alla propaganda senza ritegno del ministro ha però risposto l’Asps (associazione sostenitori e amici della polizia stradale), in un derby interno alle forze di sicurezza, facendo notare come il periodo di osservazione dei dati per essere credibile non possa che essere un lungo periodo, e che rimanendo al lasso temporale dei 15 giorni preso a pretesto dal ministro i numeri completi (quelli riferiti anche alla Polizia municipale 66 per cento del totale) indichino una sostanziale continuità con l’anno precedente. Una danza macabra, ballata sui corpi delle vittime delle strade senza risparmiare le menti addolorate dei parenti tirati in ballo a mo’ di testimoni senza eguali, che disvela la pericolosità insita nei numeri quando la politica si adopera nella loro manipolazione strumentale.
Passando dalle corsie stradali italiche ai veri campi di battaglia che infestano l’Europa e che circondano l’Europa stessa possiamo notare come Zelensky utilizzi il numero presunto di morti russi per tenere alto l’umore dei propri soldati e far vedere al mondo intero l’efficienza eroica degli stessi. Una guerra nella guerra, quella dei numeri, a cui ovviamente risponde la propaganda dello zar della grande Russia. Un’ostentazione caricaturale che fa della morte del nemico punto di orgoglio e che ben dimostra la natura brutale di ogni guerra, sia essa di conquista, sia essa di difesa.
Nell’altra guerra, quella che Israele sta combattendo con i suoi nemici, invece i numeri perdono importanza e vengono sacrificati sull’altare del diritto di difesa della democrazia. Poco importa del numero dei morti civili (bambini, anziani, donne, uomini) che gli organi internazionali e le fonti dei Paesi coinvolti denunciano. Quei morti sono morti per la giusta causa della lotta al terrorismo: ogni ospedale, ogni scuola, ogni campo profughi attaccato e distrutto nascondeva in sé, dava rifugio ai terroristi ora di Hamas ora filo/iraniani. La Striscia di Gaza ridotta in polvere, in cui la vita è precaria e la morte onnipresente, è una logica conseguenza indotta dal male assoluto, e in quanto tale il numero di morti ammazzati non conta, visto che gli innocenti si tramutano in colpevoli per il solo fatto di condividere la terra con Hamas.
Se da una parte il numero di morti viene esaltato, dall’altra viene considerato ininfluente perché danno collaterale prodotto dal diritto superiore di Israele. Le parole di Trump sottolineano questa ipocrisia di fondo e descrivono bene come la realtà oggettiva dei numeri svanisca per incanto grazie alla loro interpretazione politica. Tanto che chi sbandiera orgoglioso il numero di morti altrui dovrà arrendersi all’imposizione di una pace poco attenta ai confini, e chi invece rivendica disperato la desolazione della propria popolazione dovrà fare i conti con la promessa concreta dell’inferno, visto che quello che ha vissuto fino a oggi è mero purgatorio. Il nuovo corso che vuole grande l’America si è annunciato al mondo dalla residenza privata del presidente eletto. Il baratro così è un po’ meno sconosciuto e sempre più profondo, al di là della plausibilità oggettiva e dell’alterazione soggettiva dei numeri.
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