L’idea di Europa vaticinata dal Manifesto di Ventotene, quell’Europa federata che doveva nascere dalla cessione di sovranità di ogni stato nazione costituente, è forse più lontana oggi dal compiersi che in quel remoto tempo di confino in cui è stata messa nero su bianco. Sembrerà paradossale, visto che oggi a differenza di ieri esistono un Parlamento europeo, una Commissione europea e un sistema elettorale compiutamente proporzionale che quel Parlamento elegge, ma paradossale non lo è visto che i sovranisti d’assalto, quelli che vogliono l’Europa degli stati sovrani (la non Europa in pratica), sembrano dominare in lungo e in largo i parlamenti nazionali, detenendo il potere o condizionandone pesantemente il dibattito.
Dall’altra parte dell’oceano, nell’altra metà del fantomatico occidente, culla di diritti che si sta progressivamente trasformando in bara degli stessi, in quegli Usa federati che si vogliono grandi rispetto al resto del mondo e (perché no?) del sistema spazio, la situazione non è certo migliore visto che i rappresentanti del grande capitale, quello che non vuole limiti per sé e che pretende limiti imposti o con le buone o con le cattive per tutti gli altri, si sono impossessati (attraverso la democrazia maggioritaria secca) della Casa bianca e con essa dell’esercito in grado di praticare egemonia in ogni dove.
Insomma se dall’isola di isolamento voluta dal fascismo per far “dimorare” le opposizioni si è immaginato un modello politico-istituzionale in grado di impedire la riedizione del totalitarismo più bieco tramite il progressivo venir meno dei sentimenti di patria che tutte le guerre hanno prodotto nel vecchio continente e non solo, trasferendo di fatto i poteri nazionali escludenti a un’entità allargata includente, oggi dagli scranni di Strasburgo e dalle poltrone di Bruxelles, si sta tracciando ostinatamente, senza volerlo ammettere, il percorso inverso.
Se ieri dall’isola di confino e punizione si è definito un realistico futuro di pace da contrapporre all’idea di dominio che ai tempi attraversava il mondo con le forme di un unico grande Reich, oggi quell’Europa altro non è che un’eterna incompiuta che di reale ha di fatto solo la propria impotenza ammantata di ipocrisia e che non trova di meglio da fare che riarmare ogni singolo stato per garantire pace e militarizzare i confini ridisegnando il diritto per impedire dimora a chi richiede asilo.
Il problema non sono i postfascisti italiani che oggi vestono i panni dei sovranisti trumpiani, il peccato originale non sta nello strumentale e sviante attacco che la Meloni fa al Manifesto di Ventotene sottolineandone l’anacronismo e prendendo le distanze dal linguaggio rivoluzionario che demonizza il diritto di proprietà illimitata del singolo per sostituirla con un non ben definito, ma sacrosanto, bene comune allargato. Il problema sta nella sdegnata reazione dell’opposizione che incapace di riportare l’attualità di Ventotene nelle contraddizioni di oggi sale sulle barricate per difendere lo spirito etereo di ieri.
Che la Meloni e Salvini, un po’ meno Tajani e Lupi, vedano l’Europa confederata di ispirazione spinelliana come fumo negli occhi è una banalità così banale da andare oltre il generale Lapalisse. Che invece l’opposizione ai sovranisti nostrani – che alterna la lacrima commossa all’urlo offeso – non riesca a trovare una linea comune alternativa al riarmo nazionale voluto dalla Von der Leyen, pur essendo parte del suo governo, è questione spinosa che costituisce l’essenza del problema perché contribuisce fattivamente a ricostruire le condizioni materiali che hanno generato il fascismo prima e il nazismo poi in salsa postmoderna.
Riarmarsi singolarmente per potersi difendere un giorno dall’orco russo – che si presume, da parte di costoro, non attaccherà prima che l’Europa possa essere compiutamente armata e in grado di difendersi e contrattaccare per una questione di stile – è un delirio ontologico, è una logica che non ha né capo né coda se non quella del grande capitale che stringe un patto ferreo con il patriottismo senza se e senza ma e che fa della guerra non mezzo ma fine. Dire che nel 2030 l’Europa dovrà essere in grado di difendersi da tutti e da ciascuno (nel frattempo i temibili nemici si asterranno dall’attaccare per nobiltà di sentimento e rispetto dei codici etici) attraverso il riarmo generalizzato di ogni singola nazione, difendendosi dietro il passaggio formale-sostanziale della sovranità dei parlamenti nazionali in materia, significa di fatto ripudiare l’Europa di Ventotene al pari della Meloni e di Orban, di Trump e di Musk, per farla tornare a essere non luogo di pace e di diritto, ma posto di egemonia e di conflitto.
Il riarmo tedesco, tanto per parlare della punta dell’iceberg, storicamente e non solo dovrebbe essere visto non come atto di difesa legittimo dell’Europa, ma come presupposto di minaccia ingerente per l’Europa. Il fatto che i socialdemocratici e i verdi tedeschi contribuiscano e alimentino questo passaggio epocale accompagnandolo con le restrizioni delle politiche d’accoglienza, dovrebbe inoltre far gelare il sangue ai polsi di ogni essere umano dotato di ragione. Ma si sa, quando l’unica ragione sta nell’utilizzo della forza con la scusa di tutelare la debolezza l’essere umano coincide con il basico animale e Ventotene, luogo di speranza, prende la forma evanescente dell’isola che non c’è.
In questo circo non poteva non inserirsi con la solita smodata ironia che utilizza il fuoriluogo come principio il sindaco di Terni, che forzando le serrature del basico animale ci ha catapultato nell’iperspazio del maschio alfa dominato dai pruriti atavici del solito immancabile e personalissimo cazzoprotagonismo.