”Fratello Sole, Sorella Luna” è aperta alla Galleria Nazionale dell’Umbria da un tempo sufficiente da consentire non tanto una lettura di essa, ognuno è in grado di farsi la propria, ma di invitare a cercare un modo personale di guardarla.
Quello che mi sento di dire è quello d’iniziare la visita entrando in una bolla di silenzio e leggersi con il tempo, la calma, la solitudine necessari il “Cantico delle Creature” di san Francesco che purtroppo non è possibile trovare scritto, isolato dal resto all’ingresso della mostra. Dopo di che, facendosi guidare dalle suggestioni ricevute durante la visita, continuare la mostra in Pinacoteca cercando opere che possano evocare le ragioni che le hanno dato vita allestendo una piccola esposizione personale.
L’ho fatto con tre quadri che non manco mai di guardare quando ci vado. Il primo è la “Madonna” di Gentile da Fabriano. Sembra un gioiello dipinto con quegli angeli che graniscono dall’oro. È tutta una trama di vibrazioni, insieme diventano un’invocazione alla Vergine e alla sua funzione salvifica mentre sta seduta su un trono di verzure che sembra la siepe potata in un giardino richiamando alla Madonna dell’umiltà e all’hortus conclusus che, a sua volta, rimanda alla sua vita illibata e claustrale.
Poi la vicina “Crocefissione” di Lorenzo Salimbeni colpisce per la drammaticità trasmessa dai personaggi che formano un doloroso semicerchio intorno al corpo di Cristo. Ai suoi lati in uno sperone roccioso san Giovanni è straziato dal pianto. A sinistra, la Maddalena disperata lancia le braccia al cielo quasi a chiedere d’essere anche lei crocifissa. Sotto, emergono da un denso panneggio la Vergine svenuta sorretta a fatica da due donne, metafora pietrificata d’una natura ancora oggi non accogliente né pacificata.
Terminando con il “San Giovanni evangelista a Patmos” di Berto di Giovanni, dove il meraviglioso paesaggio dietro di lui tutto è tranne che quello di un’isola dell’Egeo: dolce e nitido non ha niente a spartire con quello arso e marino di Patmos. È un “Paesaggio Ideale” rappresentazione del Buon Governo nel contado perugino: poetico, collinare, rasserenante. Con il Tevere che scorre placido e un ponte che l’oltrepassa, il pescatore che torna soddisfatto a casa mentre un altro è ancora intento alla pesca, una barca che attraversa il fiume e in alto sui colli dell’Umbria i castelli perugini intenti a controllare che niente turbi l’ordine comunale.
A questo punto, avendo ancora in testa la lettura del Cantico, la mia visita alla mostra è veramente terminata ma solo dopo aver ricordato quanto è scritto nel comma dell’articolo 9 della nostra bella Costituzione che dice che “La Repubblica tutela il paesaggio e il Patrimonio storico artistico della Nazione”.