È certamente singolare che questo governo, nell’anno in cui si celebra il centenario della nascita di Don Lorenzo Milani (27 maggio 1923), emani il decreto Caivano. Una sberla in faccia a tutto l’insegnamento di Don Milani e a tutti i suoi seguaci che da decenni si sono battuti e si battono per l’inclusione sociale e per una scuola pubblica che aiuti i ragazzi più in difficoltà: «Se si perdono i ragazzi più difficili la scuola non è più scuola. È un ospedale che cura i sani e respinge i malati», diceva Don Milani.
Questo decreto invece di investire sulla scuola, sulla prevenzione, sul disagio sociale di quelle zone, su una lotta spietata alla camorra e ai suoi mandanti, sceglie la repressione sui minori. Da quando si è insediato, il governo ha emanato decreti sempre sull’onda emotiva di fatti di cronaca: ricordate tutti i provvedimenti relativi ai rave party, all’ergastolo ostativo, e ora a Caivano. Pensate sia possibile governare andando dietro (per il solo consenso) ai fatti di cronaca senza una visione se non quella dalla quale emerge quella originale “fascistoide”: repressione e carcere? Mai una visione dove ci sia al primo posto la frase I care, come aveva scelto don Milani. I care: mi importa, ho a cuore, adottato in dichiarata contrapposizione al Me ne frego fascista. Don Milani scelse questa espressione come motto della scuola di Barbiana. In seguito quel motto sarà fatto proprio da numerose organizzazioni religiose e politiche.
So che sto dicendo cose che sono state dette e scritte da molti intellettuali e persone esperte e di esperienza per quanto riguarda la “delinquenza minorile”, come per esempio Eugenia Carfora, preside a Caivano: «Cara Meloni – è questo che le direi – dopo quanto accaduto alle ragazze si parla un’altra volta del Parco Verde come l’inferno in terra. Il luogo peggiore dove crescere figli, ma io credo ancora che la scuola possa essere una diga a quanto è accaduto, dove non si debbano offrire scorciatoie o facili attestati professionali ma laboratori di vita dove maestri, magari i migliori maestri, possano aiutare quei ragazzi a diventare uomini. Magari uomini migliori». Penso sia utile ribadirle – e ricordare anche a Don Patricello, nell’anno del centenario della nascita di Don Milani – che la scelta delle parole è importante. Bonifica è un termine che si usa per i terreni e per le cose; in senso metaforico, per i ragazzi, non si dovrebbe usare mai. I care questa è la parola giusta, lontana anni luce dai principi di questo governo.
Chiuderò con un’altra citazione di Don Milani, anche questa rivolta al governo Meloni, che sembra scritta oggi: «Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora io dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri».
Parole sante.