Uno scorcio della mostra sui quadri che hano avuto a che fare con Sandro Penna, presso la Galleria Nazionale delll'Umbria
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I quadri di Sandro Penna

 

Secondo Pierpaolo Pasolini Sandro Penna era un grande storico dell’arte orale, evidentemente amava parlare d’arte e non solo vendere quadri che amici pittori gli regalavano o lasciavano per farne commercio. Alcuni dei quali, in mezzo a confusione e sporcizia, furono visti da chi come Natalia Ginzburg, Elio Pecora, Cesare Garboli, Mario Schifano frequentò nel suo ultimo periodo la casa di Penna in Via della Mola dei fiorentini a Roma.

Un’ampia selezione di questi quadri saranno visibili fino al 14 gennaio prossimo alla Galleria Nazionale dell’Umbria per la mostra a cura di Roberto Deidier, Tommaso Mozzati e Carla Scagliosi, “Un mare tutto fresco di colore. Sandro Penna e le arti figurative“. D’acchito non si può non pensare a una delle tante mostre compilation centrate su un nome famoso e sul fascino che ancora esercita il “personaggio Penna” compresi gli inganni cui a volte induce. Ma a darle senso ci sono la sua città natale, Perugia, dalla quale Sandro Penna sentì di doversene andare verso Roma per tornarci di sfuggita una sola volta e, in un colloquio tra immagini e parola, una scelta di autografi, appunti, pagine di diario, lettere, prime edizioni che spostando l’attenzione verso la sua poesia dimostrano che Penna aveva un sua seppur confusa officina scrittoria nonostante amasse tanto apparire un poeta cui l’ispirazione arrivava di getto.

Pittura e poesia, due modi d’esprimere se stessi. Con la prima che può far diventare ricchissimi mentre la seconda può lasciar morire indigenti anche se si è un grande poeta come Penna per di più circondato da quadri di valore. Un motivo questo che trascina al solito dilemma: la poesia è ancora importante? tra qualche decennio si sentirà ancora il bisogno di fare poesia o si sarà totalmente estinta? Che si estinguerà è certo, come altrettanto certo è che lo farà insieme all’essere umano perché è un canto dei sensi e come tale vivrà «sempre e per sempre» (per dirlo come Francesco De Gregori) con gli uomini e le donne: con la loro voce, il loro senso del ritmo, il loro pensiero, il loro bisogno di dire tramite la parola.

La poesia è un luogo della verità attraverso il quale il poeta vede e comunica significati e collegamenti che normalmente non si percepiscono. Esistenza in sé, porta in sé un segreto che non si riesce mai ad afferrare compiutamente. È per questo che la poesia pur essendo o apparendo sempre sul punto di morire non lo fa mai, e che nell’osservare i numerosi quadri (alcuni degli amici pittori Filippo De Pisis, Mario Mafai, Tano Festa, Mario Schifano, Franco Angeli) che sono passati per le mani di Penna bisogna dedicare la stessa attenzione ai documenti che corredano la mostra e aiutano a capire la sua poesia.

Inoltre visitando la mostra in un museo non si può non pensare a quanto detto da Cesare Garboli, secondo cui Penna trattava le sue poesie come dei quadri ed effettivamente in mostra ce ne sono alcune “appese” alle pareti come quadri accanto a quelli reali.

Sono le poesie di Penna i suoi veri quadri, in una specie di poetico realismo magico senza luogo e senza tempo apparente raccontano l’Italia popolare e la campagna italiana al tempo di Penna con i vagoni ferroviari di terza classe, le chiese senza nome, i cinema loschi e fumosi, gli alberghetti con un «ragazzaccio», le piazze assolate, le lattaie, gli operai con la tuta, un marinaio bianco e azzurro circondato da «un mare tutto fresco di colore».

Nella foto, uno scorcio della mostra ospitata presso la Galleria Nazionale dell’Umbria

2 commenti su “I quadri di Sandro Penna

  1. Come tutti i veri Artisti Szndro Penna è uno Sciamano.
    Poeti, Scrittori, Pittori, Scultori, Musicisti, Bach, Mozart, Beethoven, Rachmaninov, vedono le Realtá invisibili.
    Le stesse che riconosce E Montale alla moglie Drusilla Tanzi in ” Ho sceso dandoti il braccio milioni di scale ” …
    di cui il poeta evoca la capacità di cogliere il significato dell’esistenza e al di là delle apparenze.

  2. Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
    e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
    Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
    Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
    le coincidenze, le prenotazioni,
    le trappole, gli scorni di chi crede
    che la realtà sia quella che si vede.

    Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
    non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
    Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
    le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
    erano le tue.
    *****
    … gli scorni di chi crede
    che la realtà sia quella che si vede.
    Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
    non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
    Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
    le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
    erano le tue.

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