Penna e taccuino
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A te, che hai votato il centrodestra

 

Cara elettrice, caro elettore di centrodestra che hai votato a Perugia,

la prima cosa che ho fatto quando mi è arrivato in chat il comunicato diffuso dalla coalizione per cui hai votato è stata quella di chiamare la persona che me l’aveva inviato per chiedere se fosse sicura che non si trattasse di un falso. Ci ho letto una tale distorsione ottusa, una tale cieca violenza verbale (cieca perché senza basi e senza costrutto, ma solo votata a colpire l’obiettivo per distruggerlo con ogni mezzo possibile) che ho ritenuto potesse trattarsi di una bufala per mettere in difficoltà Margherita Scoccia. Mentre il mio interlocutore mi confermava l’autenticità del comunicato, quel documento mi arrivava in chat inviato da altre persone e accompagnato da commenti in cui si mescolavano incredulità e sarcasmo. Nel corso delle ore, è apparso chiaro che la parte politica per cui hai votato aveva deciso di rottamare di fatto lo slogan “Perugia è di tutti”, su cui aveva frettolosamente tentato di costruire un’immagine rassicurante per la sua candidata, per abbracciare quello evidentemente considerato più adatto alla bisogna, visto lo scampato pericolo del primo turno: “Riprendiamoci quello che è nostro”. Nello stesso pomeriggio infatti mi sono capitati dei video diffusi via social media da parte di candidati della coalizione che hai votato al primo turno che parevano usciti da non so quale scantinato del Novecento. Nel guardarli ho provato sincero imbarazzo: per la costruzione rabberciata di ambientazioni da sit-com degli anni novanta, per il maldestro tentativo di trasformarsi in attori che restituisce i protagonisti in un goffaggine di cui non hanno contezza. Ma soprattutto perché i contenuti di queste pillole di brutte copie di fiction confezionate per chiedere consenso sono vuote, anacronistiche, fanno leva su paure e su una tale distorsione della realtà che a volte le rende materiale più da psichiatria che da campagna elettorale.

È stato a quel punto che mi sono chiesto quale lontananza ci potesse dividere, me e te, e perché. Me che giudico quei contenuti un’accozzaglia di paccottiglia mal realizzata, fintamente sincera, frutto di confusione e livore; me che ci rido sopra con quelli che la pensano più o meno come me. E te, voi, le persone a cui quei contenuti sono diretti nella convinzione da parte di chi li realizza che possano essere efficaci. Te, voi, che forse li considerate davvero tali, cioè efficaci, fondati. Ho pensato che tutto sommato apparteniamo allo stesso genere, quello umano, e questa lontananza siderale, questi alfabeti incompatibili mi sono parsi stranianti.

Non mi scandalizza il conflitto. Anzi. Sono convinto che le persone siano portatrici di interessi differenti per condizioni materiali, provenienza, esperienze provate, cultura di fondo, sensibilità, approcci alla vita. Sono però altresì convinto che il conflitto non porta a nulla se agito con la clava della propaganda, e che anzi quel tipo di conflitto serva proprio a offuscare le ragioni reali in campo per fare in modo che nulla cambi, cioè che gli interessi su cui si organizza la vita dell’intera comunità di cui facciamo parte continuino a essere quelli di chi ha maggiore potere economico e sociale per piegare a suo vantaggio la realtà.

Queste parole al vento non sono concepite per convincerti, figurati. Scaturiscono invece dalla volontà di fare chiarezza, di abbandonare la clava e recuperare la ragione perché so che se impugniamo la clava il primo a soccombere probabilmente sono io, che ho la necessità di comunicare quanto cambiare sia per me importante, e forse lo sarebbe anche per te. E poi, consentimi una digressione: viviamo una dimensione di guerra pressoché permanente in due parti del pianeta a noi vicinissime. Quotidianamente assistiamo a bombardamenti e massacri che vilipendono la dignità umana; giocare a fare la guerra – anche solo verbale – in un’elezione comunale mi pare una bestemmia in sé, una antipedagogia perversa, un’assuefazione al male.

E qui veniamo al punto. La ragione. Le ragioni. Tu hai le tue, io ho le mie. Questo è il tema vero. Non c’è in ballo una questione di vita o di morte, ma di differenti approcci alla risoluzione dei problemi che la vita in comune ci mette davanti. Non c’è un’apocalisse alle porte, come la parte che tu prediligi sta tentando bellicosamente di far apparire, ci sono solo diversi modi di approcciarsi alle cose. Quello che forse destabilizza la tua parte politica è che è la prima volta che le mie ragioni vengono scandite con limpidezza non tanto e non solo da Vittoria Ferdinandi ma dall’intelligenza collettiva che la sostiene e che lei rappresenta.

Ho già tentato di illustrare le differenze tra le due candidate senza nascondermi dietro il dito dell’imparzialità, ma rivendicando semmai trasparenza. Ma è evidente che il vascello dal quale scrivo può poco nel mare della propaganda e della superficialità che è costretto a solcare. Ci riprovo da un altro punto di vista, al solo scopo di fare un’operazione di sanificazione del dibattito.

Quello che divide radicalmente le opzioni che rispettivamente prediligiamo è, mi pare, una differente valutazione della dimensione temporale che deriva a sua volta dal diverso giudizio che diamo del presente, laddove il presente non è da considerarsi solo come il frutto di dieci anni di governo cittadino, ma è il presente globale e locale allo stesso tempo di una città collocata in un continente, in un pianeta. Margherita Scoccia per quanto mi riguarda non è l’anticristo. È semmai una candidata che rappresenta un’istanza di permanenza nel presente perché qui si trova bene, tanto lei quanto chi lei aspira a rappresentare. L’articolazione del suo programma e delle sue esternazioni, l’essenza primigenia che la ispira, mi pare essere quella di voler portare dei miglioramenti che possano agevolare nella prosecuzione della loro vita persone che non hanno particolari difficoltà se non quelle quotidiane del disbrigo degli affari correnti. L’idea è quella di rappresentare un pezzo di popolazione che già se la cava in un mondo che tutto sommato può andare avanti proseguendo nella strada che sta percorrendo, convinti magari che quel pezzo di popolazione sia il tutto. Più inconsciamente che consciamente infatti, questa idea mi pare sorretta dalla convinzione che la nostra comunità sia composta da niente altro che i propri simili: gente con la casa di proprietà, con due-tre macchine in famiglia a disposizione, che può permettersi di sostenere il percorso di studi migliore per i propri figli e figlie, che è attratto/a solo da persone dello stesso sesso perché la natura è così e che per questo chiede un potere pubblico che renda fluido questo tran tran rassicurante. Più che nel programma e nelle esternazioni, è nell’umore di fondo di cui la candidata e la coalizione che hai votato sono impastate che non si rinviene la contemplazione della possibilità di inciampo, della disoccupazione, dello sfratto, della disabilità, della sfiga di nascere nella famiglia sbagliata. È un mondo levigato, senza asperità quello che mi pare Scoccia descriva e che ambisce a preservare e rappresentare. È un mondo in cui non si fa menzione dell’emergenza climatica né di ciò che in una città si può fare per mitigarne le conseguenze. Un mondo in cui l’unico aiuto che si pensa che le persone possano chiedere è quello di fare presto e meglio quello che stanno già facendo. La richiesta d’aiuto che giunge dall’abisso delle solitudini economiche e sociali è troppo profonda per udirla, non arriva, perché, di fondo, questo è il mondo miglior cui possiamo ambire, va solo migliorato nei suoi piccoli difetti. E se c’è qualcuno che si trova in difficoltà, quella è un’escrescenza del sistema non una sua caratteristica costitutiva. È in questo contesto che il futuro diventa – deve diventare – una replica del presente: eccola la dimensione temporale che porta alla conservazione di ciò che è ora.

Le difficoltà e le cose da cambiare affinché il futuro sia diverso dal presente sono invece il nucleo del discorso pubblico di Vittoria Ferdinandi. Qui le fragilità sono accolte come costitutive della vita delle persone, e a volte come prodotto della nostra stessa vita in comune, ed è per questo che si ritiene opportuno farsene carico attraverso partecipazione diffusa e cura, poiché non si dà per scontato che tutti e tutte ce la possano fare da sé. Qui si ritiene che il crescente ricorso a psicofarmaci – un semplice giro su Google può aiutare a farti un’idea – non sia solo una questione che attiene ai singoli individui ma costituisca il sintomo di un sistema patogeno, che la socialità amputata per molti e molte sia un problema cui mettere mano. Qui la centralità della concretezza della realizzazione futuribile del Nodo (per cui non ci sono soldi e su cui è stata imbastita una campagna surreale) acquisita da Scoccia, è sostituita dalla necessità di realizzare infrastrutture verdi che concretamente aiutino la città a contenere i momenti di picco di precipitazioni e ad assorbire risorse idriche da utilizzare nei momenti di secca: estremità meteorologiche a cui il mondo scientifico ci dice che andremo sempre più incontro nei prossimi anni. Ancora: se si capisse, ad esempio, che ci sono diverse persone che non riescono a pagarsi le cure, si comprenderebbe anche l’importanza del servizio di odontoiatria pubblica che si è tentato di realizzare a Barcellona. Se si acquisisse quanto sia cruciale l’esigenza di ragazze e donne di camminare liberamente nelle strade delle loro città piuttosto che essere costrette a rimanere recluse in casa la sera, si comprenderebbe l’importanza del progetto che nella città catalana è stato realizzato proprio insieme alle donne per rendere vivibili angoli di città che per loro non lo erano. Invece a me pare che la parte politica che hai votato, semplicemente le difficoltà di trovare i soldi per rimettersi i denti non le vede, e tutto sommato ritiene naturale che una donna di sera debba uscire accompagnata dall’uomo, e per questo caricaturizza in maniera francamente penosa un’esperienza come quella di Ada Colau, che quelle cose le ha fatte da sindaca di Barcellona e che, in occasione della sua partecipazione ad Encuentro, ha offerto il proprio sostegno a Vittoria Ferdinandi. E si ritorna alla dimensione temporale: qui il governo lo si concepisce come possibile leva di cambiamento per un mondo che non è levigato, ma che invece presenta troppe asperità per essere vissuto agevolmente. E il futuro lo si immagina diverso dalla continuazione del presente.

Potrei continuare, ma mi pare di avere già abusato del tuo tempo e della tua pazienza, ammesso che tu sia riuscito/a ad arrivare fin qui. Il punto è la città oggi e come la si concepisce: se vincolata all’attuale presente o se migliorata per la vivibilità anche di chi non è come te, che vivi in una casa riscaldata, hai i familiari che tutto sommato se la cavano e magari ti danno una mano o hai avuto la possibilità di farti da te perché ritieni di essere meglio degli altri, e non di avere avuto maggiori opportunità; e dell’emergenza climatica ritieni che non ci si debba preoccupare perché sei convinto/a che il presente nel quale vivi diventerà i futuro dei tuoi figli e non cogli che ci andiamo desertificando e dobbiamo correre ai ripari urgentemente, dicono gli scienziati, entro i prossimi dieci anni.

Ecco, non dovevo né volevo convincerti a cambiare voto, volevo solo aiutarti e aiutarmi a capire che Scoccia e Ferdinandi non incarnano la vita o la morte, come i tuoi vanno berciando, ma due idee molto differenti di vita in comune. È una questione di igiene del dibattito pubblico, il motivo per cui ho scritto questa cosa. Di rifiuto ontologico della propaganda, che assume che le persone a cui sono diretti i messaggi siano ottuse come chi li confeziona. E di respigimento della logica di guerra, anche se solo scimmiottata.

Foto da pxhere.com

5 commenti su “A te, che hai votato il centrodestra

  1. Non è solo mancanza di una visione globale profonda della collettività a cui si riferisce con il suo progetto/programma ma una mancanza di una responsabilità verso una collettività tutta con i suoi problemi esistenziali che dovrebbe avere chi si accinge a governare la vita quotidiana e l’esistenza dei suoi cittadini tutti, compresi quelli che non raggiungono il diritto alla felicità per incombenze materiali che l’ostacolano.

  2. Lucidissimo e pacato come dovrebbe essere ogni confronto sulla politica. Un esempio perfetto di quello che dovremmo avere sempre da chi parla di politica.

  3. Molto interessante perché ci dice che in politica si può essere rivali, senza il bisogno di dichiararsi guerra.

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