Sarebbe interessante sapere cosa pensa il sindaco uscente Andrea Romizi della piega da anni Cinquanta che la sua coalizione sta tentando di imporre alla campagna elettorale per le amministrative di Perugia. Sarebbe interessante, ma ci sono già abbastanza elementi per ipotizzare le cause che hanno portato a questo scenario infetto in attesa di risposte che non arriveranno.
Il punto è che qualora vincesse a Perugia, il centrodestra avrebbe assunto una forma assai diversa rispetto a quella che ha mantenuto nei dieci anni di governo Romizi, che in questo senso rappresenta un fattore inerziale, poiché dal momento in cui diventò sindaco a oggi il panorama si è del tutto modificato, e a velocità sostenute, peraltro. L’attuale sindaco conquistò la carica nel 2014 sotto le insegne dell’allora Popolo delle libertà, partito unico del centrodestra comandato da Silvio Berlusconi. Cinque anni dopo, nel 2019, si era ritornati ai vecchi partiti e la Lega alle Europee quadruplicò i consensi rispetto a Forza Italia. In vista delle contestuali elezioni comunali Romizi, che di Forza Italia era – e rimane – illustre esponente, fiutata l’aria, mise in piedi una lista civica, “Progetto Perugia”, che aveva proprio lo scopo di arginare l’annunciato strapotere minaccioso (per lo stesso sindaco) del partito di Salvini. L’idea andò a buon fine: “Progetto Perugia” diventò la seconda lista della coalizione con la quale Romizi sta tuttora governando.
Margherita Scoccia, benché abbia fatto del tutto per presentarsi in continuità con Romizi, è un’altra cosa. È un’esponente di Fratelli d’Italia e non avrebbe, in caso di governo, una sua lista a proteggerne una qualche virtù civica. Romizi lo sa, ma ha scelto di farsi garante di Scoccia anche per mantenere rapporti di buon vicinato con i vertici di un partito, Fratelli d’Italia, che essendo il primo della coalizione potrebbe sempre tornare utile in vista delle Regionali, cui il sindaco uscente guarda con più di qualche ambizione.
I fatti, insomma, dicono che ci sarebbero tutte le premesse, in caso di vittoria della destra, per una torsione del governo cittadino nella quale gli elementi civici farebbero da ancella, visti i rapporti di forza usciti dalle elezioni: Fratelli d’Italia avrebbe 9 consiglieri, “Progetto Perugia” uno, in mezzo ci sarebbero la lista di Arcudi – che più che una lista civica è ormai un partito personale – e Forza Italia.
Tutto legittimo. Solo che dipingere come rappresentante del passato, ideologica ed estremista una candidata civica – nel senso che proviene dalla società civile – come Vittoria Ferdinandi da parte di una coalizione che ha cambiato completamente pelle e si va allontanando dal civismo per assumere una schietta connotazione partitica, e orgogliosamente di destra, mostra tutta la sua strumentalità: non è una semplice negazione della evidenza, ma un capovolgimento. Per questo porta la campagna elettorale in un terreno infetto.