Dopo tanta attesa, fatta di alternanza spasmodica fra le ragioni del sì e le opportunità del no, la sindaca di Assisi, Stefania Proietti, ha deciso di accettare la candidatura a presidente della Regione Umbria che la coalizione del Patto Avanti le aveva offerto in tempi non sospetti. Lo ha fatto in nome di un “noi” allargato, per dirla con le sue parole, di una comunità umbra che dopo cinque anni di governo delle destre risulta essere più sfilacciata e divisa che mai. Lo ha fatto a malincuore: abbandonare il progetto Assisi, a cui si è dedicata anima e corpo negli ultimi anni, non deve essere stato facile, ma il richiamo convinto, fatto di un pressing continuo senza concreta alternativa, del campo alternativo alle destre alla fine ha vinto su tentennamenti e titubanze. Il cuore, si potrebbe dire con enfasi accattivante, alla fine ha vinto sulla ragione. In realtà rispettando i suoi studi e la propria professione Proietti ha sempre tenute unite le due parti fondanti dell’essere umano, non le ha mai disgiunte. La sua candidatura infatti l’ha posta di fronte alla scelta di abbandonare il certo (il governo della città di Assisi) per intraprendere la strada insicura del possibile (il governo della Regione), perché in un solo colpo potrebbe perdere in entrambi i campi, potrebbe risultare il capo dell’opposizione in Regione e vedere il campo opposto riprendere il controllo di Assisi. Così si è mossa in entrambe le direzioni, pretendendo di dettare le su condizioni nella corsa per la presidenza della Regione senza tralasciare di veicolare il futuro di Assisi. Un modello di città inclusivo, rifacendosi sempre alle sue parole, in cui il centro non disegna le periferie perché insieme – centro e periferie – costituiscono una comunità unica, e in cui gli ultimi, quelli che hanno più difficoltà, ricevono più attenzioni proprio perché il curarsi dell’altro è elemento fondante di un’amministrazione civica e di una sindaca che ha in san Francesco, non un mero simbolo di attrazione turistica, ma un esempio di vita terrena.
Il santo dei poveri, inutile nascondersi dietro un dito, garantisce da sempre alla città fatturato certo e copioso, in una contraddizione ad angolo giro irrisolvibile che pretende creazione di ricchezza mediante l’attrazione senza confini di chi in vita ha abbracciato per scelta la povertà. Un modello di città da allargare ai confini regionali con i dovuti adeguamenti, perché nessun modello specifico tipico di un territorio può essere applicato in altro ambiente così come è. E qui, stando alle prime dichiarazioni di Proietti, il modello incontra il metodo per farsi politica, o tornando all’enfasi precedente al limite dell’eretico, San Francesco e il cantico delle creature si contaminano in un abbraccio senza tempo e oltre lo spazio con Vittoria Ferdinandi e la politica partecipata che ha risvegliato Perugia dal torpore indotto dai politicanti di mestiere e che ha permesso ai cittadini di riappropriarsi della città attraverso l’impegno in prima persona.
Ovviamente, tra San Francesco, sorella luna, fratello sole e madre terra e la sindaca dal pugno chiuso in aria e il rolex fermo al polso c’è di mezzo l’oceano di una coalizione eterogenea e diversificata che potrà ritenersi compiuta solo e soltanto se al distinguo continuo riuscirà a preporre la messa in discussione del proprio io sui tavoli della partecipazione che pretendono la costruzione del noi. E rimanendo all’interno delle contraddizioni che fanno la vita, come accaduto a Vittoria Ferdinandi, anche Stefania Proietti dovrà avere la capacità umana e politica di imporsi per carisma e doti – il falso mito del merito asettico lo lasciamo alla propaganda paternalista della destra -, dovrà essere ingegnere capo di un cantiere che non vuole capi, ma abbisogna di guida certa. Se Vittoria Ferdinandi ha dimostrato a se stessa prima e a tutti noi poi che si può andare al mare a piedi partendo dalle terre dei monti, Stefania Proietti dovrà darà concretezza ai suoi sogni di comunità inclusiva in cui i margini coincidono con il centro.
L’attenzione verso gli ultimi dovrà costruirsi attraverso una sanità pubblica in grado di non contrapporre disgiungendole l’efficienza e l’universalità e un welfare che non veda l’assistenzialismo come tabù, ma come forma evoluta di società mutuale; il rispetto dell’ambiente dovrà materializzarsi grazie all’applicazione concreta del processo di transizione che pretende scelte di campo non negoziabili (tanto per essere chiari non si potrà veltroniamente sostenere no all’inceneritore ma anche si); il rapporto con l’Europa dovrà essere centrale e fatto di capacità tecnica nel reperire i fondi guidata da una politica in grado di avere una visione di insieme.
Sembra passato un secolo da quando all’inizio del 2024 si è dato vita al Patto Avanti, un patto tra disperati e contrapposti incapaci di rassegnarsi alla certezza matematica della sconfitta, e questa dilatazione temporale è stata ceralaccata dall’esperienza perugina che ha trasformato la matematica della sconfitta in politica della vittoria. Un’esperienza di politica attiva che ha fatto dell’impegno e dell’incontro il nord di una bussola che in troppi avevano dato per desueta, una prassi collettiva che ha ridato entusiasmo e fiducia a chi sembrava ormai rassegnato a subirla, la politica, piuttosto che praticarla.
La realtà oggi ci descrive, dalla parte destra, un governo muscolare della Regione che lascia detriti e macerie in nome di una capacità amministrativa pressapochista e di una brama di potere tenuta a freno per sessant’anni ed esplosa nell’ultimo quinquennio in tutta la sua dirompenza; dalla parte sinistra ci sono un territorio da risanare e una comunità da ricucire che vede realtà contrapposte: si va dalla fertilità unitaria di Perugia alla sterilità divisiva di Terni, dalla ritrovata collettività di Foligno all’harakiri storico di Gubbio. Insomma per Stefania Proietti e la sua alleanza la strada sarà lunga e tortuosa anche se il modello Assisi e il metodo Perugia saranno per lei/loro imprescindibili punti di riferimento. Non resta che partecipare senza limitarsi allo stare a vedere per far sì che si possa laicamente scrivere nell’inverno che verrà: Fratello Sole, Sorella Luna, Madre Umbria.