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Il declino dell’Umbria

 

Abbiamo letto con molto interesse l’articolo di Fabrizio Marcucci: «Cosa ha fatto la giunta Tesei», quindi abbiamo pensato di chiedere un parere a Giuseppe Croce, docente di economia presso l’Università la Sapienza di Roma, intervenuto più volte nel dibattito ternano.

Nell’ottobre 2019 l’Istat certificava che l’11,5 per cento dei residenti si trovavano in condizioni di povertà. Come è cambiata la situazione oggi?

«In Umbria, nel 2022 le famiglie in condizione di povertà relativa erano il 10 per cento del totale, a cui corrisponde oltre il 13 per cento delle persone. Il tasso di povertà della nostra regione è quasi uguale a quello medio nazionale, tuttavia anche per la povertà l’Umbria è in condizioni peggiori rispetto alle regioni del centro-nord».

La situazione del pil pro-capite?

«Tra il 2007 e il 2022 il Pil pro capite dell’Umbria è diminuito in termini reali di 12 punti percentuali. Si tratta di una contrazione molto grave, tanto più se consideriamo che invece, nello stesso arco di tempo, il Pil pro capite del resto del paese rimaneva sostanzialmente stabile. É evidente che è in atto ormai da molti anni un declino economico dell’Umbria. Il contesto economico è critico per tutta l’economia italiana, tuttavia il sistema umbro soffre di più e per fattori specifici. Il declino è spiegato in larga parte dalla drammatica caduta della produttività, anch’essa più grave di quella registrata per l’Italia. Il modello umbro, se mai ha avuto una sua qualche forza, oggi appare come un motore definitivamente inceppato, inservibile».

La dinamica demografica, come la interpreti?

«Il declino demografico colpisce in Umbria non più solamente i centri minori e le aree interne ma anche le città e i due capoluoghi. All’interno della tendenza alla riduzione della popolazione si deve segnalare un dato particolarmente grave. Tra 2011 e 2021 9.800 giovani laureati umbri tra i 25 e i 39 anni hanno trasferito la residenza all’estero. Tale cifra è in rapida crescita e superiore al numero dei laureati che dall’estero si trasferisce in Umbria. Ad essa vanno aggiunti i tantissimi giovani qualificati che si sono trasferiti in altre regioni italiane e tutti quelli che lavorano stabilmente fuori regione ma non hanno ancora formalmente trasferito la residenza».

Qual è la situazione delle imprese, dei salari, degli investimenti in ricerca in Umbria. È vero che il sistema delle imprese è fragile fatte salve alcune eccellenze?

«La caduta della produttività schiaccia verso il basso i salari ed è questo che spinge i giovani a lasciare la regione. Per paradosso, allo stesso tempo le imprese lamentano una mancanza di personale qualificato. Ma questa contraddizione si spiega proprio con i bassi livelli delle retribuzioni e le minori prospettive di crescita professionale offerte dalle imprese umbre. Bassa produttività e basse retribuzioni sono un sintomo evidente di fragilità delle imprese, ma le cause di questa fragilità non sono solo dentro le imprese, si estendono all’intero modello umbro, ai suoi territori, alle sue città principali, agli interessi organizzati e ad un sistema politico regionale che da decenni continua a girare a vuoto».

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