“Ritornerò in ginocchio da te ora lo so ho sbagliato con te ritornerò in ginocchio da te e bacerò le tue mani amor”.
Ogni amore ha una sua colonna sonora, ogni coppia ha una canzone in grado di ricordare il momento della scintilla che generò passione, stesso discorso vale per chi l’amore totale lo riversa sul potere, inteso come spazio/tempo in cui lunghezza, larghezza, profondità e tempo appunto non rispondono alla relatività ma all’assoluto, in cui la fisica di Einstein lascia il posto alla politica del Re Sole.
Il baciamano con inchino che Bandecchi ha riservato alla Tesei, andato in scena in quel di Bastia in occasione dell’avvio ufficiale della campagna elettorale della presidente per le regionali, riporta direttamente allo struggente pentirsi di Gianni Morandi, con la piccola differenza che qui non vi è alcuna altra donna in ballo, ma la stessa questione stadio/clinica, contornata da tante altre questioni, che ha portato Bandecchi a candidarsi a sindaco di Terni contro il “suo” destra/centro, accusato di non dare risposte adeguate a quanto richiesto dall’allora presidente della Ternana, mecenate riconosciuto all’unanimità e finanziatore con asimmetrica trasversalità della politica. Come è andata a finire la storia è sotto gli occhi di tutti: l’elettorato ternano ha conferito a Bandecchi la fascia tricolore di sindaco e Bandecchi ha interpretato il ruolo a modo suo, mettendo da parte il senso istituzionale e vestendo i panni del mattatore libero che tutto può fare e tutto può permettersi. Tanto che il consiglio comunale si è spesso trasformato in saloon da far west dove la bocca è diventata pistola e lo sputo proiettile, dove l’armonia sedicente dei 114 chili si è fatta aggressività irrefrenabile per qualsivoglia sceriffo, dove il contegno ha abdicato per l’irruente senza freni inibitori, dove la dialettica politica ha lasciato il posto alle discussioni accese dei bar più malfamati, come da inebriante spot pubblicitario.
L’uomo della provvidenza che pratica la teocrazia del fare senza minimamente preoccuparsi della forma sostanziale del dire, l’uomo a cui il successo finanziario dà il diritto di poter giudicare dall’alto chiunque grazie alla indiscussa abilità nel moltiplicare i (suoi) profitti, dopo essersi “venduto” come il nuovo che avanza, distruggendo ogni ostacolo residuo del passato che intralcia; dopo aver fatto finta di ribaltare il tavolino dello staus quo è tornato prontamente sui suoi passi e ha stretto alleanza elettorale con la governatrice Tesei. Aveva comunque sparso indizi nel frattempo, soprattutto con l’attacco frontale alla proprietà Ast, accusata di non salvaguardare ambiente e salute dei cittadini, a cui aveva fatto seguire una inversione a U al punto di destituire la pasionaria del verde e irragionevole assessora all’ambiente (Aniello) e nominare il “sindacalista rosso” esperto in materia ed eccelso mediatore di interessi contrapposti per esclusivo e disinteressato amore verso la città natale (Cardinali). Per la serie uno stadio/clinica, e chissà che altro, val bene un inchino con baciamano.
Così, dopo la messa e Parigi di Enrico di Navarra protestante per fede e cattolico per convenienza, l’inchino con baciamano di Bastia di Bandecchi autonomo per elezione e fedele alleato per calcolo politico. Quello che colpisce del fermo immagine di Bastia oltre ai due protagonisti è lo sfondo composto dai fedeli assessori di Terni. Corridore in primo piano versione bodyguard, Bordoni con le mani a coprirsi il volto a testimonianza di stupore più che di vergogna e la risata compiaciuta di Cardinali che dopo aver passato una vita nella Cgil a difesa degli ultimi sembra trovarsi a proprio agio nella tutela degli interessi dei soliti noti.
La fine della politica degli ideali, intesi come bussola valoriale e non come eterei appigli dall’impossibile presa, è cristallizzata in quello scatto, in cui l’amore non verso la politica, non verso la città, non verso gli altri – come declamano con regolarità metronomica i soggetti fotografati – ma verso il potere nella sua forma più bieca di gestione oligarchica dello spazio pubblico, prende il sopravvento. L’inchino di Bandecchi, la regalità di Tesei, il “protezionismo” di Corridore, il coprifaccia di Bordoni e il sorriso di Cardinali danno l’idea plastica di una politica definitivamente piegata alle mere logiche di potere. La Regione è fulcro di comando contemporaneo soprattutto in materia di sanità e sono proprio gli interessi privati che famelici compiono giri concentrici sull’universalità del servizio pubblico sanitario a essere i convitati di pietra dello scatto simbolo della kermesse di Bastia. Come ogni mandante che si rispetti ovviamente non compaiono, non vengono raffigurati, non si sono fatti immortalare, ma tutti sanno che sono loro a determinare alleanze e a imporre coalizioni.
La politica che indirizza in nome e per conto del bene comune è altra, è fatta di programmazione e non di estemporaneità, vive di sentimenti e ragioni e non di profitti e interessi, richiede sacrifici a chi se li può permettere e garantisce tutela a chi rimane scoperto, ha lo sguardo lungo della strategia e non il fiato corto della tattica. Insomma la foto di Bastia ha il dono dell’esplicitare in maniera palese ciò che si tende non a nascondere ma a ribaltare, lo scatto del cortigiano che si inchina e bacia la mano della regina ha la virtù di comunicare un tabù che la politica è sempre ben attenta a conservare come tale: diciamo di fare tutto per voi, ma facciamo tutto esclusivamente per noi. Intanto a livello nazionale mentre Conte insegue il fantasma di Renzi con la scopa di saggina e il retino del cacciatore di farfalle, il nuovo ministro della Cultura fa sfoggio della teoretica della supercazzola e dell’approssimazione prendendo a schiaffi il senso al posto degli ignari passeggeri del treno e irridendo la nobiltà dissacrante del conte Mascetti. Amici miei siamo fottuti, e Monicelli e Nanni Loy non ci sono più.