A prescindere dal risultato delle prossime elezioni regionali, e anche a prescindere dalla volontà e dalla sensibilità di chi le vincerà, non essendo l’Umbria un’isola a se stante, ci sarà comunque da affrontare anche qui nell’immediato futuro un tema planetario e cruciale come quello della difesa del suolo e della transizione climatica. Si tratta di questioni che sulla carta interessano tutti, ma che non trovano adeguato spazio né misure conseguenti. Ad esempio la Giunta regionale uscente ha investito diverse risorse per una forte campagna di promozione turistica dell’Umbria “cuore verde d’Italia”, ma mentre tutto ciò avveniva i dati ufficiali dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) registravano un aumento esponenziale del consumo di suolo. Per di più, in maniera del tutto contraddittoria rispetto alla promozione di una regione “incontaminata”, a fine legislatura è stato approvato un provvedimento proposto dalla maggioranza di centrodestra per consentire il transito di veicoli a motore nei sentieri di montagna non contrassegnati da espliciti divieti.
I processi di impermeabilizzazione irreversibile del territorio umbro sono legati a previsioni urbanistiche espansive contenute nei piani regolatori comunali che prevedono un forte sviluppo di centri commerciali di media e grande distribuzione, di piattaforme logistiche e insediamenti produttivi. Si tratta di un crescita edilizia che compromette il potere tampone del suolo enfatizzando fenomeni estremi legati al cambiamento climatico. Su questo versante non c’è più tempo per pensare. Bisogna agire in modo radicale con una complessiva revisione del sistema delle regole e degli strumenti di pianificazione territoriale partendo proprio dal livello regionale. È necessario cioè cambiare rotta verso la costruzione di una regione a zero consumo di suolo che ponga al centro della sua visione, una pianificazione coordinata delle sue città principali e un progetto di valorizzazione delle aree interne dove è fondamentale gestire senza nostalgia la decrescita demografica e la perdita di servizi.
Quello che occorre fare in prima battuta è una rivoluzione dell’immaginazione, di come cioè l’Umbria stessa viene pensata da chi la amministra. La regione, per le sue modeste dimensioni complessive e per quelle – analoghe – dei centri che la caratterizzano, andrebbe infatti ripensata come una sorta di costellazione di poli da vedere come sistema urbano unico e da innervare con percorsi ciclabili e pedonali interconnessi con il trasporto pubblico; nelle aree urbane più popolate andrebbe poi realizzato un sistema di cinture verdi e parchi connessi tra loro. La finalità di tutto ciò è il contenimento del consumo di suolo, il miglioramento della biodiversità e una maggiore resilienza del territorio nell’affrontare eventi meteorologici estremi, cioè l’alternanza di periodi di forte siccità capaci di mettere in ginocchio l’agricoltura e la concentrazione eccessiva di piogge intense che possono provocare inondazioni. Trasformare le nostre città in ecosistemi capaci di trattenere e immagazzinare l’acqua piovana come spugne emulando le funzioni di un suolo permeabile è una possibile strada da percorrere.
Esistono molti esempi virtuosi , ad esempio quelli di città come Amburgo e Copenaghen, che hanno avviato un vasto programma di adattamento al cambiamento climatico con sistemi di stoccaggio in aree verdi e piazze capaci di raccogliere l’acqua in eccesso. Anche in Italia esistono esperienze progettuali interessanti come il Parco dell’acqua di Arcore e programmi di forestazione urbana nelle città di Milano, Reggio Emilia e Prato. Un ulteriore passaggio riguarda le cosiddette aree interne, la cui emorragia di residenti e servizi andrebbe governata ripensando nuove funzioni pubbliche decentrate incentivando la creazione di cooperative di comunità e servizi per i cittadini sviluppati con l’aiuto dell’intelligenza artificiale.
Riforma della legge regionale e del piano paesaggistico
La legge regionale in materia di governo del territorio contiene molti buoni propositi a cui non è stata data effettiva attuazione. Un punto fondamentale è legato alla sua revisione con criteri restrittivi per quanto concerne l’utilizzo di suolo vergine per nuove edificazioni incentivando forme di recupero e rigenerazione urbana. Le nuove regole dovrebbero poi essere accompagnate dalla conseguente modifica del Piano paesaggistico regionale, strumento che potrebbe costituire una modalità di difesa attiva del suolo e di lotta al cambiamento climatico da concentrare nelle aree maggiormente popolate. Un ulteriore obiettivo sarebbe quello di spingere i comuni a dotarsi di un Piano di adattamento e mitigazione dei cambiamenti climatici che sviluppi una vera e propria strategia complessiva in grado di affrontare i fenomeni estremi che saranno sempre più ricorrenti.
Potenziare le competenze del personale
Porre al centro la difesa del suolo e la rigenerazione urbana significa anche potenziare il sistema delle competenze di chi deve gestire questi processi, come il personale dei comuni. Si tratta di un cambiamento di paradigma che implica un diverso approccio culturale. È opportuno pertanto avviare un’indagine sui centri di competenze regionali per ricostruire l’offerta in termini di expertise nel campo della rigenerazione urbana. A questo è necessario affiancare la realizzazione di percorsi di formazione aperta a tecnici comunali, professionisti e imprese in un’ottica ispirata al learning by doing (imparare facendo) con esperienze sul campo. Su questo fronte, un ottimo esempio è costituito dai percorsi di formazione e dalle pubblicazioni proposte dall’Emilia-Romagna ormai da una decina d’anni.
Ricerca e Terzo settore
Per rispondere a sfide epocali come il cambiamento climatico è fondamentale avere accesso a dati aggiornati e la disponibilità di quadri conoscitivi affidabili. Gli enti pubblici non possono farcela da soli. Occorre ripensare nuove forme di collaborazione con attori del territorio da aggregare intorno a obiettivi di interesse generale. Le politiche locali sono spesso costruite senza essere adeguatamente supportate da dati e ricerca di soluzioni innovative. Si tratta di un punto fondamentale per affrontare tematiche complesse in cui è opportuno potenziare collaborazioni virtuose con il mondo della ricerca in un’ottica di reciprocità. In questo senso la Regione dovrebbe dotarsi di una apposita unità di ricerca e sviluppo, o almeno potenziare le strutture organizzative esistenti per favorire la collaborazione tra gli enti locali e il mondo della ricerca anche come strumento di assistenza tecnica ai comuni. L’altro attore centrale è il Terzo settore, portatore di competenze e capacità da valorizzare nei processi di costruzione e gestione degli spazi rigenerati, ad esempio incentivando forme di co-progettazione e gestione collaborativa dei luoghi.
Nuovi strumenti e forme di assistenza tecnica
L’Umbria è costituita in massima parte da piccoli comuni che, al pari delle realtà più grandi, evidenziano una forte carenza di personale. A questo si aggiunge l’assenza di competenze specifiche, ad esempio per la candidatura a bandi di finanziamento. Pertanto è opportuno sviluppare degli strumenti di finanziamento regionale dedicati ai piccoli comuni con procedure semplificate e un’assistenza tecnica da parte della Regione con l’introduzione di figure che possano supportare gli uffici nell’implementazione di progetti innovativi, nell’attrazione di risorse, nel favorire percorsi di formazione e di cooperazione con altre realtà del territorio. Anche in questo senso in Toscana ed Emilia Romagna ci sono buone pratiche da importare, tenendo presente anche che per le principali urbanizzazioni è necessario incentivare forme di pianificazione intercomunale con specifiche risorse in modo da coordinare il disegno della mobilità e delle funzioni e del verde, evitando che ciascun comune preveda le sue aree di trasformazione a compartimenti stagni.
Consolidare le esperienze virtuose e promuovere la partecipazione
Nel territorio regionale esistono molte iniziative virtuose coordinate dal basso con la collaborazione di enti locali, cittadini e Terzo settore che vanno necessariamente potenziate a scala regionale. Si tendono a creare nuovi progetti, ma spesso è opportuno consolidare i processi di rigenerazione urbana avviati supportando il radicamento degli interventi nel territorio e la loro sostenibilità economica e gestionale. A tal proposito, la partecipazione in Umbria non è supportata da una legge efficace e adeguati strumenti di finanziamento. Pertanto sarebbe fondamentale riformare la legge al fine di promuovere modelli di coinvolgimento attivo della cittadinanza nei progetti con un’ottica differente non solo connessa all’ascolto delle istanze, bensì favorendo il supporto e i relativi finanziamenti alle persone per la realizzazione delle idee attraverso appositi bandi di finanziamento da gestire insieme ai comuni.