A giudicare dai francobolli di nuova emissione e dalla toponomastica di provincia una nostalgia mai doma e non più dormiente sembra attraversare indisturbata la stretta e lunga italica nazione. Trovare il volto di Ramelli sul lasciapassare postale per eccellenza e il nome di Almirante sulla targa di una via cittadina descrivono, se mai ce ne fosse il bisogno, quale cultura sottende e sovrasta il diritto alla “memoria” rivendicato a piena voce dai dirigenti di ogni ordine e grado di FdI.
Prendiamo in prestito gratuito e temporaneo l’ambivalenza semantica opposta del termine affrancare per analizzare l’indiscussa capacità della destra di rivendicare senza pudore e nessuna vergogna il retroterra culturale che la caratterizza. Il ministro delle imprese e del made in Italy e il sindaco di Grosseto tutto vogliono fare tranne che affrancarsi (nel senso di rendersi liberi da) dalla matrice ideologica di cui, nelle loro differenze, tanto Ramelli quanto Almirante sono stati figli. Anzi, attraverso il sotterfugio della commemorazione, della necessità di ricordare ora le vittime innocenti, ora i personaggi che hanno fatto la storia, pretendono di affrancare (nel senso di mettere il francobollo, cioè di certificare legittimando) quella destra così poco repubblicana e ancor meno costituzionale da cui provengono e di cui oggi sono orgogliosi rappresentanti in doppio petto e sorriso patinato nelle istituzioni.
Insomma, per comprendere il clima, l’aria che si respira, in Italia e nell’intera Europa, che oggi come non mai è minacciata da un sovranismo spinto che condiziona anche i moderati, basterebbero la passione filatelica del ministro Adolfo Urso e l’ardore che sintetizza storia e geografia di Antonfrancesco Vivarelli Colonna, sindaco di Grosseto, il comune che ha proposto di intitolare una via al defunto segretario del Msi nonché funzionario della repubblica di Salò. Questo ritorno sfacciato ai tempi che furono non si limita ovviamente all’operazione nostalgia, ma ha come suo obiettivo la presa del presente, e a giudicare dai risultati (Italia, Austria, l’Europa che apre a destra di Von Dr Leyen, e in particolare il vacillare di Francia e Germania) sono già a buon punto dell’opera.
L’asservimento della sinistra alla virulenza del neoliberismo, l’incapacità della sinistra di proporre e rivendicare una propria visione del mondo alternativa all’esistente, il suo schiacciarsi verso posizione moderate, per non spaventare i mercati e render tranquilli quelli che ieri si sarebbero chiamati padroni, sempre più ricchi e sempre più potenti, ha di fatto lasciato campo aperto alla destra che invece si è fatta sempre più identitaria e di conseguenza discriminatoria. Il ritorno del concetto di grandezza legata alla patria e al venir prima di ogni altra nazione ha generato, per paradosso dovuto alla debolezza delle forze del progresso, non una lotta senza quartiere come logica conseguenza della magnificenza preferenziale patriottica, ma un’alleanza universale dei sovranisti. Sovranisti guidati in prima persona da un capitalismo arrembante che depreda la terra e ipoteca l’intero universo. Un capitalismo che fa della tecnologia dominio e del dominio sprezzo. Un capitalismo che tende all’infinito dello spazio e che detesta ogni limite a esso imposto, un capitalismo onnivoro che riduce la libertà allo smisurato del proprio agire.
L’Europa come entità precaria volta, con tutti i suoi limiti e tutte le sue debolezze, a diminuire il numero dei confini attraverso la costituzione democratica e partecipata di una federazione allargata in grado di garantire pace, giustizia e benessere rischia di essere, se già non lo è, la prima vittima di quest’ondata regressiva che unisce l’ordine del governo al pretenzioso del capitale. Le elezioni in Germania di febbraio da questo punto di vista potrebbero risultare devastanti, lo strizzare l’occhio sempre più evidente dei moderati alla destra sovranista, non ha sortito l’effetto di ricondurre a ragione gli oltranzisti di AFD in nome di una governabilità possibile, ma anzi li ha portati ad alzare il tiro, li ha spinti alla messa al bando dei migranti attraverso il neologismo legalitario della remigrazione, del rimpatrio forzato nelle terre di origine e della demonizzazione dell’immigrazione clandestina, trovando in Elon Musk il più entusiasta tra i simpatizzanti.
L’Italia, mantenendo la tradizione storica – siamo stati noi a spiegare il fascismo ai tedeschi, in fondo – ha fatto da anticipatric:, ha visto ribaltare per prima i rapporti di forza centro/destra in destra/centro, ma noi brava gente abitanti del Bel Paese, abbiamo preferito glorificare i meriti della Meloni, passata dallo stato autoreferenziale di underdog al ruolo riconosciuto di statista illuminata senza eguali, piuttosto che interrogarci criticamente sulla pericolosità dello scivolamento che oggi si è fatto smottamento dell’intero mondo. Questa incapacità critica di lettura del presente è dovuta in gran parte all’impotenza esponenziale della sinistra che rimasta vedova dei centristi tanto rincorsi e tanto desiderati non ha la forza, la capacità e gli strumenti per decriptare l’oggi, figuriamoci come si possa pretendere che sia in grado di avere la cassetta degli attrezzi necessaria per trasformare radicalmente indirizzandolo il domani. Vedova di un alleato centrista che l’ha tradita preferendole una destra impresentabile, ma soprattutto orfana di se stessa e abbandonata da quella classe (subordinata) di riferimento che lasciata priva di ogni protezione sociale ha finito sempre più spesso con il gonfiare le file del rancore riversato sul più debole, la sinistra rimane spettatrice di una guerra tra poveri che altro non è se il punto più alto di un dominio elitario che non riconosce altro da sé.