Il render del progetto del nuovo stadio a Terni
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Terni, un centro commerciale col nuovo stadio. Con procedura privilegiata

 

La nuova superficie commerciale sarebbe di 5.800 metri quadrati. Per queste strutture è previsto un iter autorizzativo che finora è stato del tutto bypassato

La presentazione formale del progetto per un nuovo stadio a Terni per iniziativa della società Ternana Calcio alla fine di febbraio scorso ha suscitato un dibattito acceso e molto aspro, in cui coloro che hanno invitato ad un approfondimento di merito della proposta hanno avuto la peggio rispetto ai fans che hanno gridato le loro ragioni unendole agli insulti per le opinioni diverse. Si percepisce che vi sono interessi, politici ed economici, che si sono coalizzati a sostegno della proposta e che fanno leva su un attaccamento popolare alla squadra di calcio.

Ciò che suscita maggiori perplessità è anzitutto la condizione posta dal presidente della Ternana per procedere alla realizzazione del nuovo stadio: la certezza di poter aprire una clinica sanitaria con un forte numero di posti letto convenzionati e quindi pagati dal sistema sanitario pubblico. Le perplessità riguardano la forma e la sostanza. La forma: “prendere o lasciare” è un approccio che non ammette confronto e possibilità di giungere a soluzioni concertate. La sostanza: il servizio sanitario pubblico a Terni, sia quello ospedaliero che quello territoriale, che assicura il diritto alla cura per tutti, è in affanno, provato com’è da anni di tagli di risorse economiche ed umane e ulteriormente provato dalla pandemia Covid. I finanziamenti disponibili dovrebbero essere concentrati interamente sui servizi pubblici, che hanno dimostrato la loro importanza e la loro insostituibilità proprio in occasione della pandemia.

Vi è poi un aspetto meno considerato nel discorso pubblico, almeno fino a questo momento.

Da quel che si può comprendere del progetto dalla sua presentazione pubblica, esso contiene la previsione di una superficie commerciale di 5.800 mq, cioè di un esercizio commerciale definito come grande superficie di vendita, materia la cui programmazione è in capo alla Regione, anche se il rilascio materiale del permesso compete al Comune. Sulla grande superficie di vendita, c’è un doppio profilo, urbanistico ed amministrativo, che presiede all’iter amministrativo. L’aspetto urbanistico è legato al fatto che, ovviamente, in quell’area non è consentita la costruzione di una superficie commerciale, stanti le attuali previsioni. Per realizzarla, si deve necessariamente procedere con una variante urbanistica. Si può fare? Come? È possibile che si utilizzi il riferimento alla pubblica utilità del progetto. Per quanto riguarda l’aspetto della autorizzazione all’esercizio commerciale, solo se la Regione lo prevede, il rilascio della autorizzazione amministrativa è legittimo. In passato, previsioni di questo genere sono state precedute da ponderate valutazioni sull’interesse pubblico sotteso a scelte di programmazione della rete commerciale. Per esempio, ad oggi non è dato sapere se quella progettata sarà una superficie alimentare o non alimentare. In ogni caso, l’insegna che vi si insedierà, potrà considerarsi beneficiaria di un trattamento privilegiato rispetto ad una normale procedura. In una normale procedura, l’investitore e/o l’operatore commerciale, se presenta un progetto, sa che deve avere già ottenuto sia la conformità urbanistica che la previsione nella programmazione regionale, altrimenti il progetto viene rigettato. In questo caso invece, tutto sembra venire dopo. Non è un procedimento illegale, ma non è una procedura equa rispetto alla generalità degli investimenti in questo settore.

E ancora: Terni ha bisogno di una ulteriore grande superficie commerciale? Quanto è cresciuta in questa città la rete commerciale nel corso dell’ultimo ventennio? E quali effetti benefici occupazionali – visto che questa è la principale motivazione a sostegno del progetto – ha prodotto questa crescita? Nessuno. Ad una crescita delle grandi superfici di vendita ha corrisposto la desertificazione dei piccoli esercizi e, a questo punto, è normale che la presenza delle stesse insegne della grande distribuzione da qualche parte scricchioli. Segnali evidenti già se ne sono avuto nel settore non alimentare, dove insegne importanti hanno chiuso i loro esercizi ternani.

Questo ci porta a ragionare della città. Più esattamente si pongono due elementi di riflessione. Il primo: è corretto posizionare un altro centro commerciale in quell’area, tenendo conto delle funzioni che essa esercita già oggi, di quelle che eserciterà con l’entrata in funzione del Palazzetto dello Sport con annesso ulteriore centro commerciale, e della funzione che quella viabilità oggi svolge nel sistema della mobilità urbana? Il secondo: quando porremo fine alle colate di cemento di nuova edificazione, come quella prevista dal progetto in questione, in una città che ha una percentuale di costruito già elevatissima (come ci dà conto annualmente la statistica dell’Ispra), di cui una parte rilevantissima abbandonata, in degrado, in disuso (come si coglie intuitivamente a vedere le aree industriali ed artigianali, dove il fatto è macroscopico)?

In questi giorni, infine, i riflettori si sono illuminati sullo stato del calcio italiano. È un settore malato, si è detto, dove i conti sono fuori controllo. Ecco, sarebbe bene tenerlo presente, anche quando si affronta l’argomento del nuovo stadio di Terni.

Nella foto, il render del progetto

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