Dopo dodici anni dalla sua “sparizione” (il 27 ottobre del 2009) si attende ancora di sapere quale sia stato il destino di Barbara Corvi, 35 anni. Quello che pubblichiamo di seguito è l’intervento che Walter Cardinali, presidente dell’Osservatorio regionale sulle infiltrazioni mafiose e l’illegalità in Umbria, ha pronunciato nel corso della seduta straordinaria dell’Osservatorio tenuta venerdì 16 luglio 2021 nella Sala consiliare del municipio di Amelia, dove risiede la famiglia di Barbara
Care e cari,
permettetemi di condividere con voi l’emozione e l’ansia che mi hanno accompagnato in questi ultimi giorni per arrivare a questo appuntamento, così importante per tutti noi e per il compito che ci siamo assegnati. Fin dal primo momento in cui ci siamo insediati, come Osservatorio Regionale abbiamo deciso di mettere al primo punto della nostra attività l’accompagnamento verso la verità sulla scomparsa di Barbara Corvi.
È per questo che oggi siamo qui, come prima uscita in presenza dopo la pandemia, per ribadire con forza che non c’è più tempo, che 12 anni sono troppi per una famiglia che aspetta di sapere e di conoscere. Siamo qui e non siamo soli: c’è una intera società civile umbra che si sta muovendo, che sta chiedendo “verità Ora per Barbara”.
Da questa mattina sulla facciate di decine e decine di palazzi dei comuni vi è il volto- sorridente- di Barbara.
I comuni umbri, che grazie all’Anci Umbria componente dell’Osservatorio, hanno risposto in massa e con attenzione alla nostra proposta. Quel volto, che qualcuno ha voluto far sparire, ora è presente ed è là, monito per una società civile e democratica.
Un gesto simbolico certo, ma che speriamo riesca a smuovere, a interrogare le coscienze, a incentivare la parola, a sollecitare una tensione verso la verità.
Un gesto che è fortemente politico: perché significa che la storia di Barbara non è solo chiusa nella casa della famiglia Corvi, ma è storia collettiva di questa regione. Una terra, la nostra, che rifiuta logiche rintracciabili in parole violente, denigratorie: Barbara non è andata via spontaneamente. Barbara e la sua storia, diventano emblema di come le storie delle donne scomparse possano essere lette e raccontate con le parole della dignità e della giustizia.
Qui ci sono delle vittime, ma sia chiaro che le uniche vittime sono in primo luogo Barbara e poi i suoi familiari, condannati a 12 anni di dolore spesso vissuto nella solitudine e nella sensazione di impotenza di fronte a fatti più grandi di loro.
Ecco noi siamo qui anche per affermare ad alta voce che non devono più provare questa solitudine, perché noi ci siamo e ci saremo fin quando non arriveremo alla verità.
Siamo qui, come Osservatorio antimafia perché nella storia di Barbara troppi echi ricordano pratiche e dinamiche di potere che sappiamo, sono riconducibili ad un certo tipo di mentalità- di certo maschilista e patriarcale- e che riscontriamo in alcuni contesti a forte controllo ‘ndranghetista.
Come già abbiamo più volte ribadito, ci uniamo ancora una volta all’appello della Procura di Terni, chiedendo a chi sa qualcosa di rivolgersi agli organi di competenza, parlare non è un tradimento, parlare non è legato alla paura: parlare è un atto dovuto a Barbara, un atto di civiltà e di democrazia. Lo stesso appello lo rivolgiamo a chi, in Calabria, è a conoscenza di quanto accaduto. Non è facile parlare dei collaboratori di giustizia, terreno scivoloso e complesso, ma da qui, da Amelia giunga anche a voi questo appello. In questo caso non state solo collaborando con la giustizia, ma state lavorando affinché nel nostro paese si possano costruire percorsi di verità. Siate collaboratori per la libertà e per la verità. Più forte della fratellanza ‘ndranghetista esiste la cittadinanza. Siate cittadini, prima di tutto.
Siamo qui, perché la richiesta di verità non è mai un percorso singolo, ma una tensione costante che diventa pratica e progetto. Per questo, abbiamo da mesi avviato un lavoro di proposta da inserire nella legge regionale antimafia, di sostegno alle donne sopravvissute alla violenza mafiosa. Perché di questo stiamo parlando: di donne che come Barbara perseguendo la propria libertà, autodeterminazione, hanno scelto di essere libere. Libere di scegliere e libere di essere.