Questa è la terza parte di un diario il cui autore è un neo laureato che ha scelto di lavorare in una città di mare nel periodo estivo. È un racconto in prima persona, che si svolgerà in diverse puntate, delle vacanze viste con gli occhi di chi lavora. Qui c’è la prima parte, qui la seconda
La sabbia ha completamente rivestito la mia automobile e di conseguenza sono dovuto andare a pulirla per togliere lo strato che si è creato al di sopra della carrozzeria. L’autolavaggio più vicino si trova sulla Strada Statale in direzione di Rimini. Ammetto che staccare in questa maniera, alla fine del turno lavorativo serale, ha il suo perché: il gusto della guida e dell’ascoltare un po’ di sano rock e ritrovare l’asfalto con le sue dinamiche, fatte di regole, incroci, pedoni ed altri automobilisti. Il tragitto che percorro è del tutto rilassante e stimolante. Le sensazioni della guida sono uniche nel loro genere, soprattutto con la colonna sonora sopracitata. Un momento di svago che mi permette di ricaricare le batterie per il giorno seguente, dove colui che marcia è il sottoscritto, anche se in maniera differente, dato che mi ritrovo a fare lo slalom tra i tavoli e i clienti. Ho accennato alla musica e alla spiaggia, anche se quest’ultima non la sto frequentando molto. Le poche volte che sono andato, sono tornato più stanco o dovrei scrivere troppo rilassato, forse complice il sole o la sabbia. Nonostante questi episodi, ho iniziato a scoprire la parte creativa di me, che quasi non conoscevo, perché frequento altri luoghi per darmi del “materiale” su cui poter dedicarmi.
Le settimane passano e alcuni villeggianti non rimangono solamente per pochi giorni, ma si iniziano a vedersi per periodi più lunghi. Inizi con il conoscere le loro abitudini, i movimenti, come si relazionano; e loro si informano sul chi sei, chiedendoti nome, provenienza (l’essere identificato come un toscano, ormai non mi sorprende più) ed il perché stai svolgendo la stagione. Informazioni da ambo i lati, che permettono uno scambio ed un arricchimento per entrambe le parti. Si notano clienti particolari, in grado di farti apprezzare il tipo di lavoro che stai svolgendo, sia per lo scambio di battute che hai con loro, sia per gli episodi curiosi a cui assisti: persone che si muovono nella sala alla ricerca di non si sa quali misteri presenti nella sala o bambini che ti cercano con lo sguardo per tentare di capire chi sei e se assomigli a loro. La curiosità di un bambino di conoscere il mondo, la riconosci dalle sue espressioni facciali che denotano stupore e punti interrogativi continui, soprattutto in quelli che ancora non hanno imparato a camminare, mentre negli altri trovi una curiosità diversa. La clientela è tranquilla e non pretenziosa, in prevalenza composta da famiglie ed anziani.
Il mestiere del cameriere sembra semplice, eppure le variabili da tenere d’occhio sono diverse. Non basta saper portare i piatti, ma bisogna conoscere altre sfaccettature per rendere il servizio in maniera del tutto soddisfacente. Ci vuole una dote relazionale, ma anche attenta a ciò che si esegue, e la coordinazione con gli altri reparti è indispensabile per far funzionare l’ingranaggio. La cucina e la sala solo strettamente collegate e se dovesse incepparsi qualcosa, si potrebbe ritardare il servizio. Per l’organizzazione, ogni cameriere ha il suo rango nel quale occuparsi di bevande e portate. Il rango è composto da circa 20 o 25 persone a testa da servire. La suddivisione dei ranghi serve per far concentrare il cameriere su determinai tavoli. Questa strategia, ci permette di volgere lo sguardo in una determinata direzione e di convogliare la nostra attenzione in una zona della sala ben definita. Una scacchiera composta di lettere e numeri. Non si è strettamente legati al rango, infatti è un vincolo fittizio, perché si collabora, per quanto possibile, nel caso un altro collega abbia bisogno di una mano a consegnare delle portate oppure a sbarazzare. Si scrive di nozioni teoriche, ma non del tutto attuabili per molti fattori, anche se la chiave del tempo risulta essere importante. I compiti svolti prevalentemente insieme sono la preparazione della sala ed il suo riordino.
Il mare e la spiaggia non li ho frequentati, come si potrebbe pensare di fare in un luogo del genere. Non sono un appassionato e l’ho già scritto, però un luogo che mi aggrada l’ho trovato. A Milano Marittima c’è una pineta all’interno della quale ci sono degli attrezzi per eseguire esercizi fisici e una macchia di alberi e di sentieri, che permettono di riposarmi e di rilassarmi attraverso il suono del vento che si incrocia tra gli arbusti e le foglie, inoltre risulta gradevole per la scrittura o per ispirarmi. La sabbia permea il terreno come se fosse una macchia di colore in contrasto con le foglie, e l’impatto visivo è in linea con i colori della spiaggia. Le zone citate, quali la spiaggia e la pineta, hanno una differenza notevole in termini di affluenza, almeno per quello che ho potuto vedere. Se consideriamo l’obiettivo dei villeggianti è più che comprensibile.
Mentre eseguivo il mio solito giro in notturna sulla spiaggia, ho osservato ciò che mi circondava. La spiaggia è in genere occupata da persone che si divertono o che cercano di abbronzarsi sdraiate sopra i lettini o sull’asciugamano a contatto con la sabbia. La notte porta via il “rumore” e rimane solo il suono delle onde e di te stesso. Ti accorgi di essere in un luogo unico, rispetto a quello che viene percepito per la maggior parte del tempo, dalle persone. La quantità di alberghi presenti nella zona e le loro luci al neon degli stessi si infrangono con l’orizzonte scuro. Il pensiero torna al passato e alla immaginazione di come fossero questi luoghi e di come si sia evoluta nel tempo la zona balneare, con i primi alberghi. Da quanto ho appreso, lo sviluppo degli esercizi commerciali risale agli anni ’60, con il conseguente incremento di attività turistiche.