«Sono le aziende produttrici che debbono farsi carico dei costi per il trattamento e la chiusura del ciclo dei rifiuti secondo il principio della responsabilità di filiera». Fa effetto ascoltare simili parole pronunciate da Andrea Sisti, non solo sindaco di Spoleto, ma anche a capo del Coordinamento dei soci della Valle Umbra Servizi, organismo con funzioni di «controllo analogo» per l’unico gestore del ciclo dei rifiuti in mano totalmente pubblica nel Sub-ambito 3, ovvero nei comprensori di Foligno, Spoleto e Valnerina: 22 comuni in tutto, 157mila abitanti, 87mila tonnellate l’anno di materiali trattati, raccolta differenziata al 55,4 per cento, cioè sotto tutte le soglie di legge. Senza parlare della Valnerina dove non si riesce nemmeno a pensarla la raccolta differenziata, come vedremo.
Fabbrica Materiali Umbria
Una presa di posizione, quella di Sisti, espressa al terzo tavolo di confronto su “Fabbrica materiali Umbria” convocato a Spoleto da Thomas De Luca, consigliere regionale 5Stelle, per promuovere «un nuovo paradigma di transizione ecologica con l’obiettivo del totale recupero di materia evitando discariche ed inceneritori». Dopo Narni e Gualdo Tadino, è stata la terza tappa di un tour regionale che toccherà anche Corciano, Marsciano, Orvieto, Assisi, Umbertide, Norcia, Foligno, Terni e Perugia. All’incontro, tenuto presso lo “Spazio Oberdan”, erano presenti anche l’assessore all’ambiente del comune di Spoleto, Agnese Protasi, e Emma Pavanelli, senatrice del M5S.
“Fabbrica materiali Umbria” è una campagna che entra in risonanza con il lavoro che negli ultimi dieci anni è stato sviluppato dal Coordinamento regionale “Rifiuti zero” perché in Umbria vengano finalmente adottate politiche coerenti con le indicazioni europee per quello che riguarda l’economia circolare, ovvero l’adozione di metodi produttivi tendenti all’azzeramento dei residui destinati alle discariche favorendone invece riuso, recupero e riciclo delle cosidette materie seconde. Le proposte della “fabbrica” ricalcano lo scavo di realtà sostenibile del variegato movimento “rifiuti zero” per quello che riguarda gli impianti in grado di ottenere materie seconde da plastica, metalli, legno, tessuti, persino pannolini e pannoloni, in grado di tornare nel ciclo produttivo.
Organico: compostaggio di comunità
Di particolare interesse la proposta di incentivare e sostenere al massimo la pratica del compostaggio domestico e del compostaggio di comunità al fine di reintrodurre direttamente in loco materia organica nei suoli di orti, giardini e aree verdi e agricole per contrastare
l’impoverimento degli stessi. Tale pratica non solo risulta essere già pienamente presente all’interno della cultura popolare ma ha avuto un importante sviluppo tecnologico già consolidato: l’esperienza di Acea Smart Comp che, per il 2024, ipotizza l’installazione di 150 compostiere a servizio di un’area di 150 mila abitanti, una ogni 1000 persone.
La differenziata e i soldi che non tornano ai comuni
De Luca formatosi politicamente nelle lotte contro gli inceneritori e l’inquinamento atmosferico sviluppatesi a Terni vede nel tema della trasparenza dei dati uno dei perni essenziali del rapporto tra amministrazione pubblica e cittadinanza. E quando si parla di ciclo dei rifiuti il fattore trasparenza costituisce una condizione imprescindibile di confronto, sia dialogante che conflittuale. Da qui l’interrogazione n° 959 rivolta all’assessore regionale all’Ambiente, Roberto Morroni, «per conoscere il corrispettivo economico incassato dai comuni umbri o dagli enti gestori in Umbria relativamente alla valorizzazione delle materie prime seconde derivanti dal recupero di rifiuti urbani o da processi di riciclo da parte dei vari consorzi o altri soggetti e a fronte di quali quantitativi e tipologie di rifiuti, il tutto riferito alle annualità 2018, 2019 e 2020». Esattamente i dati che Cronache Umbre aveva provato a ricostruire (insieme a micropolis) nel giugno del 2021 che, certificati dalla contabilità regionale nella risposta all’interrogazione, si rivelano perfettamente centrati. In quell’occasione, Anna Rita Guarducci del Crurz (Comitato regionale umbro rifiuti zero) e l’autore di questo articolo, ricostruirono i dati richiesti da De Luca incrociando le informazioni presenti in rete: da una parte le quantità dei materiali messi a disposizione dai comuni in Umbria, dall’altra le quotazioni delle materie seconde. In quel caso vennero presi in considerazione i 18 comuni, la cui popolazione complessiva corrisponde al 54 per cento del totale regionale, che hanno adottato una delibera “Verso rifiuti zero”. La cifra emersa dall’incrocio di dati presenti in rete (Arpa Umbria e consorzi obbligatori) indica 4,2 milioni di euro che sarebbero dovuti tornare nelle casse di quei 18 comuni come corrispettivo delle materie recuperate. Si tratta del 57 per cento della cifra media dei tre anni indicata dalla Regione Umbria nella risposta all’interrogazione: 7,3 milioni per 90 comuni (su 92). Lo scostamento di soli 3 punti percentuali, tra calcoli ragionieristici e stime derivanti da quotazioni oscillanti giorno per giorno, diventa una conferma sulla grandezza economica del tema.
Due casi-scuola: Ferentillo e Scheggino
All’iniziativa di Spoleto, tra i partecipanti, c’era anche Marco Capoccia del Crurz, il quale sottolinea alcuni passaggi che aiutano a capire quanto ci sia da fare ancora in Umbria per rientrare nei parametri europei: «Una cosa che mi ha colpito – dice Capoccia – e che dovrebbe far saltare tutti i dirigenti e soci della Vus è il confronto tra due comuni confinanti: Ferentillo (Ambito 4) produce 361 kg abitante ogni anno e ha una raccolta differenziata del 73,7 per cento; Scheggino (Ambito 3) ha una media annua di 680 kg di rifiuti pro capite con una differenziata al 18,7 per cento». Capoccia ricorda che, a cavallo tra il 2019 e il 2020 le associazioni e i comitati “rifiuti zero” avevano elaborato un Piano alternativo con i criteri della progettazione partecipata, tanto partecipata da aver raccolto 4.198 firme in sostegno. «Un particolare che suggerirei di non trascurare, magari nella prossima interrogazione sull’argomento – chiosa al riguardo il rappresentante spoletino del Crurz – visto che il tema non va assolutamente lasciato cadere per le implicazioni che ha in fatto di rispetto dei diritti di cittadinanza e trasparenza delle scelte su cui non si riflette mai a sufficienza».
La finta trasparenza
Trasparenza: una categoria culturale, un presidio di sana amministrazione, un metodo di lavoro che non trova spazio nell’ordinaria gestione della cosa pubblica ma viene recuperata solo dopo forti sollecitazioni. Conferma viene dalla risposta – priva di data – che l’assessore Morroni ha dato all’interrogazione n° 959, citata poc’anzi, in cui si legge: «Il competente Servizio regionale ha provveduto a richiedere tali informazioni ad Auri, la quale Autorità ha provveduto ad acquisire le informazioni disponibili presso i comuni ovvero presso i gestori, trasmettendo le stesse senza alcuna elaborazione. Tali informazioni sono state quindi catalogate ed informatizzate, con riferimento al profilo economico. Dalle informazioni acquisite, si evince che i dati, ove disponibili, sono per lo più aggregati in 6 macro-categorie, alle quali è stata associata una ulteriore macrocategoria (Altro), al fine di omogeneizzare l’informazione, categorie di seguito elencate: ▪ Carta da raccolta congiunta ▪ Cartone ▪ Plastica ▪ Vetro ▪ Metalli ferrosi, acciaio ▪ Metalli non ferrosi, alluminio ▪ Altro (legno, apparecchiature elettriche e elettroniche – raee, olii, batterie). Mentre i gestori del servizio dei sub-ambiti 1 e 2 (38 comuni) hanno fornito per la stragrande maggioranza informazioni disaggregate, i gestori del servizio dei sub-ambiti 3 e 4 hanno fornito tutti dati aggregati sotto il punto di vista economico. Sono stati acquisiti i dati relativi alla quasi totalità dei comuni (90), ed è stato così possibile ricostruire l’introito economico totale per i 3 anni. “Alla luce delle informazioni raccolte e catalogate non è possibile ricostruire il quadro economico disaggregato per le singole tipologie per tutti i comuni umbri”. Questo significa che due organismi regionali (Auri e assessorato all’Ambiente) non sono riusciti a effettuare la ricostruzione che Cronache Umbre e micropolis hanno pubblicato poco più di un anno fa.
L’interrogazione “sparita”
Ma c’è qualcosa di più che potrebbe suscitare più di un’alzata di sopracciglio: l’interrogazione 959 che De Luca ha presentato il 18 giugno 2021 (il nostro articolo era del 13) non è ancora rintracciabile nel sito della Regione Umbria a un anno dalla sua presentazione. Non è servita a nulla la sollecitazione (via pec) spedita al presidente dell’Assemblea legislativa, Squarta, da parte del consigliere del M5S interrogante che, alla fine, si è rivolto alla Procura della Repubblica. C’è un combinato disposto di dettagli che, guardato controluce, potrebbe far emergere scenari interessanti per i soldi che “girano” intorno ai rifiuti.