Donna bendata
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Reddito, propaganda, egemonia

 

Come è possibile una legge di bilancio che ha tra i suoi capisaldi la sottrazione di risorse ai poveri? Come è possibile che venga socialmente accettata? Come è possibile che le forze politiche che propugnano (e applicano) la sottrazione di risorse ai poveri ne abbiano addirittura tratto giovamento per vincere le elezioni? Nella vicenda del reddito di cittadinanza sono racchiuse una serie di distorsioni che in parte spiegano questa serie di paradossi.

1) Fin dalla sua istituzione il reddito di cittadinanza è stato oggetto di una campagna di stampa volta ad additare all’opinione pubblica coloro che percepivano il beneficio senza averne diritto. Il fenomeno è da un lato di modeste dimensioni e dall’altro di natura patologica, cioè contro la norma istitutiva del sussidio, ma esso è divenuto invece nell’immaginario collettivo il prodotto della norma. Cosicché si è creato l’automatismo per cui il-reddito-di-cittadinanza-lo-prendono-i-furbi. Tanto che oggi si arriva a tagliare il reddito di cittadinanza per tutti, anche per coloro che avrebbero i requisiti per poterne usufruire. Si tratta evidentemente di una pesantissima distorsione di senso, come se si stabilisse di togliere la macchina a tutti perché qualcuno supera i limiti di velocità. Una distorsione che diventa grottesca poiché ci sono già norme che permettono di sanzionare eventuali irregolarità, che sono infatti state colpite; invece, piuttosto che sanare l’irregolarità, essa viene utilizzata per eliminare il reddito di cittadinanza tout court.

2) Si è imposta la narrazione per cui il reddito di cittadinanza è una misura che premia i fannulloni. Tanto che oggi si individuano le persone povere ma occupabili, che potrebbero cioè in teoria lavorare ma beneficiano della misura, come un esercito di furbi (anche loro) sabotatori. Ora, l’occupabilità è una potenzialità. Che però in un paese che viaggia con un tasso di disoccupazione all’8 per cento rischia di diventare una chimera. La disoccupazione, e la conseguente povertà, sono cioè strettamente connesse a un sistema economico che non garantisce affatto un lavoro a tutte e tutti e che per di più andrà verso un sempre minore bisogno di lavoro vivo, grazie all’automazione (si pensi ai posti già persi nel sistema bancario o a ciò che i robot già fanno e faranno sempre di più nell’industria). Però si ragiona come se non fosse così, cioè a prescindere dai dati di fatto. Di conseguenza, se non lavori sei un fannullone: è colpa tua. E la povertà diventa di fatto uno dei modi per espiare la colpa. Lo dimostra il fatto che ti tolgo il reddito di cittadinanza, che lungi dal farti ricco ti stava solo mettendo al riparo dalla povertà più nera.

3) Collegata alla questione del lavoro (che non c’è) c’è la narrazione per cui la misura del reddito di cittadinanza non avrebbe funzionato poiché i percettori non hanno trovato un impiego. Se questo fosse stato davvero il problema, la soluzione più logica sarebbe stata quella di andare a riformare il mercato del lavoro e i centri per l’impiego. Invece, di distorsione in distorsione, si tolgono poche centinaia di euro a persone per cui quelle risorse possono fare la differenza.

4) La società lavorista, oltre a nascondersi la realtà del tasso di disoccupazione fisiologico è composta di persone che spesso lavorano male, sono mal pagate, precarie, insoddisfatte, maltrattate dai capi. Per molte di queste persone, costrette a una qualità della vita ridottissima, è più semplice scaricare le proprie frustrazioni su chi sta sotto e beneficia di poche centinaia di euro al mese erogate dallo Stato piuttosto che tentare di pretendere qualcosa di più e di meglio per loro stesse; e questa è l’arma più formidabile di un governo fuori dal tempo: se io faccio una vita di merda, è il ragionamento, perché a te danno soldi? Ti meriti una vita di merda come me; anzi, peggio di me.

5) I poveri stanno male, vivono male, e non sono in grado di organizzarsi e neanche di essere rappresentati. Lo stigma della povertà non consente neanche di immaginare un partito dei poveri, che se ci fosse potrebbe contare su oltre 13 milioni di consensi, tanti sono i poveri in Italia certificati dall’Istat; Fratelli d’Italia, che è il primo partito italiano, ha preso 7 milioni di voti.

6) Di questa serie di distorsioni è intrisa la politica dei partiti al governo (e in parte anche quella delle opposizioni). La parola povertà compare solo una volta nel programma di Fratelli d’Italia, e per di più in maniera propagandistica, cioè all’interno di un ragionamento in cui si dice che l’Italia è caduta in basso e che la povertà cresce; non quindi nella cornice di un discorso di lotta alla povertà. La parola disuguaglianze, in quello stesso programma, compare una volta, e non è rivolta alle disuguaglianze tra persone, ma a quelle tra le regioni. Nel programma della Lega si legge invece che «il lavoro è la vera arma contro la povertà», che è una frase che può sortire anche un bell’effetto, ma che non poggia su dati concreti, come abbiamo visto sopra. Forza Italia è il partito di un miliardario, chiedergli che si occupi dei poveri è una contraddizione in termini.

Il problema però è che la povertà esiste, nonostante sia rimossa dal discorso pubblico. Ed è di dimensioni tali da non poterla imputare a colpe individuali ma da farla ritenere un problema sociale, di cui cioè la polis dovrebbe occuparsi. Secondo l’Istat è «ai massimi storici», cosa che rende ancora più insensata la cassazione del reddito di cittadinanza perseguita dall governo Meloni. Il reddito di cittadinanza era un pannicello caldo che semmai andava potenziato. A settembre 2022, secondo i dati dell’Osservatorio dell’Inps sul reddito di cittadinanza, hanno beneficiato della misura 1.159.439 di nuclei familiari e sono state complessivamente 2.451.899 le persone coinvolte, cui sono andati di media 260 euro a testa. Però i poveri in Italia certificati dall’Istat sono molti di più: 1,9 milioni sono le sole famiglie in stato di povertà assoluta al cui interno vivono 5,6 milioni di persone di cui 1,4 milioni sono minori. A questi si aggiungono altre 2,9 milioni di famiglie in stato di povertà relativa. Così stanno le cose. Ma la propaganda colonizza l’immaginario, e in mancanza di una voce contro che metta in discussione i presupposti sballati di ciò che viene urlato ai quattro venti crea egemonia, e consente di togliere ai poveri per dare ad altri. Così, senza un sussulto sociale di riprovazione.

Foto da pexels.com

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