Ho letto con interesse la presa di posizione dal capogruppo del Movimento 5 Stelle del Consiglio comunale di Terni con il quale si chiede la riduzione delle tariffe sulle bollette dei cittadini di Terni, in quanto vittime dei danni prodotti dall’Enel prendendo ad esempio la Basilicata. Mi permetto di obiettare che aver paragonato Terni con la Basilicata è stata una scelta alquanto discutibile. La Basilicata sfrutta il gas, una fonte fossile inquinante e quindi un diritto di compensazione è legittimo ma a Terni si utilizza l’acqua, fonte di energia pulita che dovremmo tenere molto cara in questi tempi in cui tutti chiedono energie alternative al gas, al petrolio e al carbone e il governo Meloni parla ancora di nucleare e di nuove trivellazioni in Adriatico.
Il territorio ternano deve gran parte della sua identità alle acque: una realtà complessa e unica, attraverso la quale si può leggere l’evoluzione sociale ed economica di questo territorio. Ma la storia delle acque nel territorio di Terni comprende tutte le numerose opere idrauliche, edifici di presa, bacini di decantazione, dighe mobili, imponenti condotte forzate, che, assieme alle centrali idroelettriche e alle reti di distribuzione, segnano in modo così netto e singolare il territorio all’imbocco della Valnerina. Comprende altresì il lago di Piediluco, suggestivo specchio d’acqua diventato lago-serbatoio con una funzione di compensazione del complesso sistema idrico, attraverso il lungo canale di derivazione dal Medio Nera.
Nell’area del corso del Nera si estende un sistema di impianti idroelettrici che utilizza le risorse del fiume e dei suoi affluenti. Lungo l’alto e medio corso del Nera, ovvero dalle sorgenti alla cascata delle Marmore (da quota 635 a 166 metri) sono in funzione gli impianti di produzione di Visso, Preci, Triponzo, Ponte Sargano (sul Vigi). A seguire, nei pressi di Borgo Cerreto, è in esercizio una stazione di pompaggio che riporta l’acqua dal Nera nel canale-galleria di 42 km che, proveniente da Triponzo, transita cinquanta metri più a monte convogliando le acque del medio Nera, del Vigi e del Corno nel lago di Piediluco.
A valle del lago, un canale artificiale immette le acque del medio Nera e del Velino nelle opere di presa dell’impianto di Galleto-Monte Sant’Angelo nei pressi di Papigno. La Centrale di Galleto con la sua potenza installata di 337 mw è un impianto di regolazione (cioè risponde alle maggiori richieste di energia nelle ore di punta, cosa che non potrebbero fare le centrali termoelettriche) tra i più importanti d’Italia.
Tutto questo rappresenta una ricchezza inestimabile che possiamo vantare solo noi nel centro Italia; solo in alcune regioni del Nord, vicino alle Alpi, si possono infatti trovare analoghi patrimoni di energie pulite.
La domanda allora dovrebbe essere questa: è possibile una piena valorizzazione del lago di Piediluco e della Cascata delle Marmore nell’ambito di una pianificazione urbanistica intelligente e alla presenza dell’Enel che usa queste risorse ai fini produttivi? La mia risposta è si. Intanto l’Enel, in questi anni, sollecitata dalle varie amministrazioni comunali e provinciali ha risposto positivamente. Fu chiesto ed ottenuto da Enel uno studio sulla qualità delle acque del lago, costato all’epoca due miliardi di vecchie lire, che consentì di considerare il lago un ambiente eutrofico, ma non per le escursioni dovute all’uso idroelettrico ma ai nutrienti provenienti dagli impianti ittiogenici insediatisi lungo l’alto Nera, e anche le acque del Velino presentano valori molto elevati di fosforo ed azoto derivanti dagli sversamenti dei reflui dei centri urbani e degli insediamenti zootecnici del bacino nonché dagli apporti diffusi dovuti alle concimazioni connesse con l’agricoltura intensiva locale. All’epoca fu redatta anche una convenzione che limitava le escursioni per evitare danni alle abitazioni vicino alle sponde del lago, e nonostante in base a questo accordo fosse possibile un’oscillazione massima di un metro e venti centimetri, in questi ultimi decenni non si è mai andati sopra gli 80 centimetri proprio per non procurare danni. Nella convenzione sono previste più ore delle aperture anche notturne e con la Cascata illuminata. In quegli anni sono state anche realizzate opere di consolidamento delle abitazioni vicino alle sponde del lago con dei camminamenti che hanno abbellito il paesaggio.
C’è da ricordare che tutto nasce nel 1929 con la società Terni Servizi elettrici, la cui funzione era, all’inizio, quella di soddisfare le esigenze di energia elettrica delle acciaierie di Terni e delle altre industrie presenti nel territorio. Quando negli anni sessanta ci fu la nazionalizzazione, la società Terni mantenne per decenni, a compensazione, tariffe agevolate per la produzione di acciaio, poi intervenne l’Europa che ebbe a ritenere che queste agevolazioni si sarebbero configurate come aiuti di Stato e quindi sono venute meno. Comunque la Regione dell’Umbria in questi anni ha legiferato per favorire lo sviluppo e la valorizzazione dei territori su cui afferiscono le attività di impianti di grandi derivazioni di acque pubbliche a uso idroelettrico. Grazie a questa legge, per esempio, è stato finanziato il nuovo Centro Remiero di Piediluco.
La grande questione su cui interrogarsi è una e una soltanto: dopo la nazionalizzazione i canoni per le concessioni per l’uso di acque pubbliche ternane sono stati sempre incassati dalla Regione. Di questi soldi quanti sono stati investiti nel Ternano? Ora tali concessioni debbono essere rinnovate. Vi è la possibilità di fare giustizia di tale distribuzione sperequata di risorse il cui uso dovrebbe essere finalizzato a sostenere investimenti in energie rinnovabili per la transizione energetica, come per esempio l’idrogeno verde, su cui l’Enel è già fortemente impegnata, sapendo che l’Umbria è l’ultima fra le regioni italiane sul percorso della decarbonizzazione e della neutralità climatica.