Nei circa dieci minuti di questo video tratto dalla trasmissione “Nero su bianco” c’è la rappresentazione di un modo di intendere il potere che va molto oltre la maleducazione e l’arroganza che da più parti sono state addebitate all’assessore regionale alle Infrastrutture Enrico Melasecche. C’è l’idea di un potere “che sta sopra” al quale i cittadini devono inchinarsi, stando sotto. C’è un potere che chiede patenti per attribuire il diritto di parlare: “Lei che professione fa?”, “lei che studi ha fatto?”. Non è solo un modo per zittire l’interlocutore, è una idea escludente di intendere la vita pubblica; c’è chi può parlare e chi no, e il discrimine lo traccia il potere, dall’alto.
C’è anche la rappresentazione plastica del processo che rende autoritaria la democrazia, la quale finisce per consistere nell’eleggere rappresentanti che poi per tutto il loro mandato possano fare ciò che vogliono, dal momento che loro sanno, mentre il popolo no. Chi osa interloquire, vagliare, dire la sua, lo fa perché non sa, e quindi intralcia i processi, diventa nemico pubblico. Il rapporto che si viene a creare in questa idea di governo ricorda da vicino quello tra pastore e gregge.
Nelle parole dell’assessore c’è tutto lo spappolamento dell’idea di bene comune e di cittadinanza. Il modello di cosa pubblica che le sottende è quello di un qualcosa che viene dato in appalto ogni cinque anni a “chi sa”, o meglio, presume di sapere. E c’è pure la venerazione di un sapere tecnico (o presunto tale) monodimensionale che preclude la capacità di farsi carico dell’aspetto sistemico delle questioni.
Tutto questo al netto del merito della questione, per cui rimandiamo all’articolo che abbiamo pubblicato un paio di settimane fa a firma di Michele Guaitini, che smonta pezzo a pezzo, documenti ufficiali alla mano, le ipotesi dell’assessore.